Biomateriali antibatterici e biopolimeri con proprietà battericide

Biomateriali antibatterici

Il problema delle contaminazioni microbiche interessa diversi settori applicativi tra cui quello medico, industriale, alimentare e domestico. La necessità di assicurare dei dispositivi sterili e soprattutto degli ambienti igienici e sicuri, soprattutto in ambito ospedaliero e alimentare, ha portato allo studio e allo sviluppo di diversi materiali o superfici con proprietà antibatteriche.

In campo medico l’adesione e la proliferazione batterica sotto forma di biofilm (Fig. 1) è una complicazione comune durante l’impianto di dispositivi medici.

Processo di formazione di un biofilm batterico
Figura 1 – Processo di formazione di un biofilm batterico.

Nell’industria alimentare, invece, i batteri tendono ad aderire alle superfici interne delle tubature (Fig. 2) o all‘interno di materiali per la conservazione degli alimenti, provocando così infezioni e intossicazioni alimentari. Inoltre, anche nel settore delle costruzioni vi è una sempre maggiore richiesta di materiali autopulenti o quanto meno in grado di prevenire la crescita di muffe e batteri e garantire un certo grado di igiene.

Fotografia di un biofilm batterico all'interno di una tubatura industriale.
Figura 2 – Fotografia di un biofilm batterico all’interno di una tubatura industriale.

Tutto ciò ha portato alla scoperta di materiali o superfici con proprietà antibatteriche. Tra i più importanti vi sono alcuni sistemi polimerici, di origine naturale e sintetica, due metalli quali l’argento e il rame, caratterizzati da una naturale proprietà batteriostatica ed infine l’ossido di titanio, un composto in grado di dare luogo al fenomeno della fotocatalisi, che rappresenta un processo chimico-fisico coinvolto in innumerevoli applicazioni tra cui la produzione di superfici antibatteriche.

Per quanto riguarda i sistemi polimerici, essi vengono classificati in: 1) polimeri naturali e sintetici con intrinseche proprietà antimicrobiche; 2) polimeri modificati chimicamente, nella parte bulk del materiale o in superficie; 3) polimeri contenenti composti organici antimicrobici, come gli antibiotici; 4) polimeri contenenti composti inorganici antimicrobici, come ad esempio nanoparticelle di argento e rame.

Tra i polimeri con intrinseca attività antimicrobica è possibile distinguere tra peptidi naturali antimicrobici (AMPs) e peptidomimetici. I primi presentano una lunghezza variabile compresa tra i 12 ed i 50 amminoacidi, sono di natura cationica e anfipatica. Quest’ultima caratteristica è dovuta ad una struttura tridimensionale ad alfa-elica che espone da un lato una regione polare idrofila e dalla parte opposta una regione apolare idrofoba (Fig. 3).

Struttura tridimensionale dei peptidi naturali antimicrobici (AMPs) di natura cationica e anfipatica.
Figura 3 – Struttura tridimensionale dei peptidi naturali antimicrobici (AMPs) di natura cationica e anfipatica.

Questa caratteristica consente a queste molecole di essere solubili in ambiente acquoso ma allo stesso tempo di attraversare lo strato lipidico delle membrane cellulari, avendo accesso al citosol cellulare ed indurre la morte cellulare. Inoltre, la carica positiva di questi polimeri naturali favorisce il legame di natura elettrostatica con le superfici delle membrane batteriche caratterizzate nel complesso da una carica negativa. Ed è proprio questa caratteristica che consente a questa classe di polimeri antibatterici di essere selettivi verso le cellule procariotiche, non rappresentando invece un rischio per quelle eucariotiche in quanto quest’ultime sono caratterizzate da una carica complessiva positiva sulla propria superficie.

Inoltre, essendo la membrana cellulare il target di queste molecole, inducendo la lisi batterica, questi polimeri risultano essere molto più efficaci dei normali antibiotici in quanto presentano un minor rischio di sviluppare resistenza da parte dei microrganismi. Ciò è dovuto al fatto che, per il batterio è molto più difficile sviluppare una serie di modificazioni genetiche volte a modificare completamente la natura della membrana plasmatica rispetto a quelle necessarie per sviluppare vie metaboliche alternative a quelle inibite dai classici antibiotici. Per cui antibiotici che agiscono direttamente a livello delle membrane delle cellule batteriche sono meno esposti al rischio di indurre farmaco-resistenza.

Tuttavia, l’applicazione di questi peptidi come farmaci è ostacolata dal loro alto costo di produzione, dalla scarsa biodisponibilità e dalla bassa stabilità in condizioni fisiologiche poiché soggetti alla degradazione proteolitica dell’organismo.

A causa di queste limitazioni sono stati messi a punto i polimeri sintetici peptidomimetici, caratterizzati da una maggiore resistenza in condizioni fisiologiche, assicurando, al contempo, la loro attività battericida. Queste molecole presentano caratteristiche chimico-fisiche analoghe ai peptidi antimicrobici naturali.

Alcuni esempi di biomateriali antibatterici

Due esempi di polimeri peptidomimetici sono le aril-ammidi anfifiliche e l’mPE (Fig. 4).

Struttura chimica del polimero peptidomimetico mPE
Figura 4 – Struttura chimica del polimero peptidomimetico mPE, un esempio di biomateriali antibatterici

La seconda classe di polimeri antibatterici è rappresenta dai sistemi polimerici modificati chimicamente a livello del bulk mediante reazioni chimiche irreversibili volte a funzionalizzare un polimero con gruppi dotati di proprietà battericide.

Uno dei settori di maggiore applicazione di questi processi è quello tessile dove uno dei materiali più utilizzati per la realizzazione di tessuti antibatterici in ambito medico è il poli-etilen-tereftalato (PET) o Dacron.

La terza classe di sistemi polimerici è rappresentata dai polimeri incorporanti composti antimicrobici di natura organica. Un esempio è fornito dai composti di inclusione formati dall’antibiotico neomicina incorporato nelle molecole del polisaccaride ẞ-ciclodestrina, il tutto immerso in una matrice polimerica di acido poli-lattico o di poli-caprolattone.

Questo tipo di materiale trova numerose applicazioni in ambito alimentare, tessile, medico (come le suture antibiotiche e le bende per medicazioni) e nel campo farmaceutico (drug delivery system).

L’ultima classe di sistemi polimerici antimicrobici è rappresentata dai polimeri incorporanti composti inorganici con proprietà antibatteriche. Il principale agente inorganico dotato di tale funzione è l’argento.

Esso viene usato fin dall’antichità e al giorno d’oggi è molto utilizzato nei dispositivi medici sia in forma di sale, come nitrato di argento, sia come argento metallico.

L’argento è un antibatterico molto potente in quanto basta una quantità pari a una parte per miliardo per assicurare un’attività battericida. Inoltre, il suo successo si deve a diversi meccanismi di uccisione batterica per cui è molto difficile da parte dei batteri sviluppare una resistenza a questo metallo. Infatti, gli ioni argento sono in grado di agire a livello delle membrane cellulari, degradandole, a livello di particolari enzimi metabolici e anche a livello degli acidi nucleici, legando le basi azotate e interferendo così con i processi di divisione cellulare.

Inoltre, l’argento ha un ampio spettro d’azione, poiché è in grado di inibire la crescita sia di batteri Gram positivi e negativi, sia di lieviti e presenta pochi casi di resistenza. Per questi motivi esso trova grande applicazione in ambito biomedico.

Un altro materiale inorganico dotato di proprietà battericida è il rame. Tra le sue principali applicazioni vi sono la realizzazione di superfici di contatto antibatteriche, soprattutto in ambito ospedaliero, la realizzazione di rivestimenti e l’utilizzo di nanoparticelle di rame nei processi plasmochimici di deposizione di coating antimicrobici.

L’efficacia battericida del rame è stata testata su un numero enorme di batteri, tra cui l’Escherichia coli e lo Stafilococco aureus, tuttavia il meccanismo d’azione a livello molecolare non è ancora completamente noto.

Infine, l’ultimo materiale con proprietà antibatteriche è l’ossido di titanio (TiO2). Si tratta di un composto in polvere insolubile in acqua le cui proprietà antibatteriche sono dovute alla sua importante capacità di dare luogo al fenomeno della fotocatalisi. Si tratta di un processo fisico-chimico che, in presenza di ossido di titanio, acqua e radiazioni UV (sia naturale sia artificiale), è in grado di produrre due potenti agenti ossidanti quali gli ioni ossidrile e l’anione superossido. Queste specie chimiche sono in grado di ossidare rapidamente ed efficacemente non solo molti agenti inquinanti presenti nell’atmosfera (dando luogo a materiali autopulenti) ma anche le componenti organiche delle membrane cellulari batteriche, inducendone la lisi.

Si ringrazia Nicola Di Fidio per la stesura dell’articolo “Biomateriali antibatterici e biopolimeri con proprietà battericide”.

Bibliografia

  • Joshua Jenkins, Angela H. Nobbs, Paul Verkade, Bo Su. Characterisation of bactericidal titanium surfaces using electron microscopy. Microscopy and Analysis. 2018.
  • Gupta, S.M. & Tripathi, M. Chin. Sci. Bull. (2011) 56: 1639. https://doi.org/10.1007/s11434-011-4476-1

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino, creatore ed amministratore di Microbiologia Italia, primo sito di divulgazione microbiologica in Italia. Sono laureato in biologia e molto appassionato di tecnologia, cinema, scienza e fantascienza. Sono Siciliano ma vivo e lavoro in Basilicata come analista di laboratorio microbiologico presso una nota azienda farmaceutica. Ho creato il portale di Microbiologia Italia per condividere conoscenza ed informazioni a chiunque fosse interessato a questa bellissima scienza. Potete trovare tutti i miei contatti al seguente link: https://linktr.ee/fcentorrino.

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