E’ ormai risaputo che molti animali rappresentano dei veri e propri amici fedeli per noi umani ma, a quanto pare, oltre carezze, passeggiate, coccole si affaccia una nuova relazione fatta di … starnuti! Gli animali in questione sono i dromedari, chiamati anche cammelli arabi o indiani; i ricercatori dell’ Ospedale Universitario di Bonn (Germania) stavano lavorando sulle modalità di sviluppo e contagio della Mers (sindrome respiratoria mediorientale) dovuta ad uno specifico coronavirus di cui i dromedari sembrano essere il principale serbatoio. La cosiddetta sindrome respiratoria mediorientale è una malattia infettiva provocata da un virus chiamato MERS-CoV, che fino a due anni fa non era mai stato identificato nell’uomo. Il microrganismo appartiene alla famiglia dei coronavirus, un gruppo di virus che possono causare malattie sia negli animali sia negli esseri umani, con sintomi che vanno da un semplice raffreddore a gravi disturbi polmonari, come nel caso della SARS e della MERS. Dai dati acquisiti, il virus della MERS sembra meno trasmissibile rispetto a quello della SARS, ma altrettanto pericoloso: il tasso di mortalità arriva fino al 40 per cento e i primi casi si sono verificati in Arabia Saudita nel 2012. A identificare il virus è stato un virologo egiziano, Ali Mohamed Zaki, studiando il caso di un sessantenne originario dell’Arabia Saudita morto per una misteriosa forma di polmonite.
Proprio durante gli studi sulla Mers, in un campione di circa 1000 dromedari, i ricercatori tedeschi hanno riscontrato positività anche per il HCoV-229E, sigla che identifica il coronavirus responsabile dei nostri fastidiosi raffreddori. Tramite ulteriori indagini, questo gruppo di ricerca ha messo in evidenza la possibilità di trasmissione di HCoV-229E dal dromedario all’uomo escludendo, però, la possibilità di un’epidemia. Diverso il discorso, invece, per la Mers il cui coronavirus sembra essere più aggressivo e con un grande potenziale di diffusione tra gli esseri umani. La Mers, dicono gli esperti, non è una malattia da sottovalutare e si rende necessario, pertanto, incentivare la ricerca in questo campo al fine di mettere in atto strategie cautelative idonee ed evitare la sua diffusione come ormai accade ogni inverno per l’ HCoV-229E e, quindi, il raffreddore. Chi l’avrebbe mai detto che il paziente zero dei nostri raffreddori potesse essere proprio un dromedario?
Fabrizio Visino
Fonte: “Link of a ubiquitous human coronavirus to dromedary camels”,Proc Natl Acad Sci U S A. 2016 Aug 30;113(35):9864-9. doi: 10.1073/pnas.1604472113. Epub 2016 Aug 15.