Almeno un caffè al giorno toglie la steatosi epatica di torno

Un salto nel passato

Ci troviamo nell’anno 1000 all’incirca, epoca di lunghi viaggi, di scoperte, di mondi e paesi inesplorati. Alcuni commercianti arabi tornano da un viaggio in Africa con navi ricche di sacchi di chicchi di una nuova bevanda eccitante che in quel paese chiamavano qahwa, “eccitante” appunto.

Questa bevanda ebbe un successo esilarante, piacque a tutti e ben presto si diffuse in altre parti del mondo fino ad arrivare in Europa, all’incirca nel XVII sec, grazie a commercianti veneziani che la rinominarono “vino d’Arabia” ed in Italia, in particolare, venne bollata dalla Chiesa come “bevanda del diavolo” proprio per le sue proprietà.

Per anni questa bevanda venne utilizzata solo nelle taverne, fino al ‘700, epoca di cambiamenti, di filosofia e pensiero, dove diventò protagonista principale, tanto da dare la denominazione ai luoghi dove tutte le menti si incontravano per confrontarsi. Oggi, il paese dove viene maggiormente consumato è la Finlandia, mentre l’Italia, incredibilmente, si trova pressoché al 12esimo posto. Avete capito di chi stiamo parlando? Il caffè.

Figura 1: il ‘700, l’illuminismo ed i caffè.

Gli effetti negativi del caffè

Per gli italiani si sa, il caffè è parte integrante della vita. Il suo odore al mattino, il rumore della caffettiera che ribolle nella cucina è ormai tradizione. Per non parlare poi di che fedele compagno possa essere per uno studente sotto esame, o per un lavoratore stressato. Sappiamo però di non dover esagerare, in quanto da tempo ormai è stato scientificamente provato che un dosaggio eccessivo di caffè ed in particolare della caffeina, alcaloide contenuto in esso, può determinare nell’organismo diversi effetti collaterali:

  • Insonnia: la caffeina, infatti, è una metilxantina che provoca effetti a livello del sistema nervoso centrale stimolando la concentrazione, diminuendo il senso di affaticamento ed aumentando l’attenzione;
  • Problemi cardiovascolari: ipertensione, tachicardie, aritmie ecc.;
  • Problemi a livello renale.

Gli effetti benefici del caffè

Il caffè non ha solo difetti, anzi, a poco a poco negli anni si stanno scoprendo sempre più lati nascosti e sorprendenti di questa famigerata “bevanda del diavolo”. Evidenze epidemiologiche mostrano che il suo consumo sia protettivo verso diverse malattie tra cui la fibrosi epatica, cirrosi, malattia epatica cronica e cancro del fegato.

Tra i componenti del caffè, particolare attenzione è stata dedicata ai polifenoli e alle melanoidine. Essi sono considerati i componenti di caffè con la più alta probabilità di suscitare benefici per la salute, e anche contro il cancro del colon-retto, perché possono arrivare, in parte, al colon, interagendo quindi con il microbiota locale. In questo articolo in particolare andremo ad approfondire il sottile legame tra caffè ed asse gastro-epato-intestinale.

Caffè ed asse gastro-epato-intestinale

Da qualche anno è stato scientificamente provato che il consumo di caffè sia inversamente associato al rischio di steatosi epatica non alcolica (NAFLD), patologia molto diffusa ormai nei paesi occidentali in quanto correlata a diabete, obesità, ipercolesterolemia. Il 10-15% dei casi di NAFLD può progredire in una steatoepatite non alcolica (NASH) che a sua volta, se non trattata adeguatamente, può portare il paziente a quadri clinici gravi quali cirrosi epatica, che a sua volta aumenta notevolmente il rischio di sviluppo di carcinoma epatocellulare.

L’eziopatologia della NAFLD coinvolge molti percorsi che possono essere ascritti all’asse gastro-epatica e che regolano l’accumulo e l’infiammazione dei lipidi epatici attraverso il metabolismo sistemico, il rilascio dell’ormone intestinale e la risposta immunitaria. Digestione e assorbimento dei nutrienti alimentari (principalmente lipidi e glucosio), il loro utilizzo e accumulo nel fegato e in altri tessuti (come tessuto adiposo), assorbimento del glucosio e sensibilità all’insulina, composizione del microbiota intestinale, metaboliti microbici (come SCFA o acidi biliari secondari), così come lo stato di permeabilità infiammatoria e dell’intestino; tutti fattori strettamente associati alla modulazione della salute del fegato e dell’intestino.

Proprio con l’intento di andare ad investigare e chiarire l’effetto del consumo di caffè sulle diverse vie implicate nello sviluppo di NAFLD, è stato recentemente pubblicato uno studio tutto italiano sul Journal of nutritional science.

Uno studio tutto italiano

In questo studio, sono stati utilizzati 24 topi maschi, divisi in 3 gruppi. Ogni gruppo è stato sottoposto ad una specifica dieta per 12 settimane: il primo sottoposto ad una dieta standard (SD) a basso indice glicemico, il secondo sottoposta ad una dieta HFD, più ricca in grassi ed il terzo con dieta HFD e caffè. Dopo le 12 settimane di trattamento, sono stati analizzati fegato, duodeno, colon e cieco dei differenti gruppi di topi. I dati ottenuti sono stati sbalorditivi.

I ricercatori hanno dimostrato che il consumo di caffè determina:

  1. Riduzione della deposizione di grasso epatico, aumentando l’ossidazione dei grassi nel fegato, grazie all’aumento della regolazione dell’espressione genica di PPAR-α e acil-CoA ossidasi 1, fattori implicati e favorenti il metabolismo lipidico;
  2. Controllo del peso corporeo, eventualmente attraverso l’aumento del dispendio energetico e dell’ossidazione dei grassi. I due gruppi di topi alimentati con una dieta ricca, quale HFD, hanno fin da subito dimostrato un aumento del peso rispetto a quelli alimentati con SD, ma dopo l’ottava settimana di trattamento quelli alimentati con caffè hanno mostrato una curva di crescita differente, progressivamente perdendo peso rispetto al gruppo alimentato solo con HFD.
  3. Riduzione del colesterolo circolante attivando l’efflusso intestinale di colesterolo. Questo effetto è stato probabilmente sostenuto dalla maggiore abbondanza di Alcaligenaceae nel microbiota intestinale, infatti è stato dimostrato, dall’analisi di campioni fecali, come il microbiota fosse stato fortemente influenzato dal tipo di dieta, riscontrando un aumento di Alcaligenaceae nei topi trattati con caffè. In precedenti studi, questa tipologia di batteri è stata associata negativamente alla concentrazione totale di colesterolo in una popolazione con aterosclerosi. Pertanto, si può ipotizzare che le Alcaligenaceae potrebbero essere implicate nel riassorbimento intestinale del colesterolo, fornendo così un meccanismo a monte dell’efflusso di colesterolo intestinale sotto l’effetto del caffè;
  4. Riduzione della permeabilità intestinale attraverso il ripristino di proteine ​​a giunzione stretta nel duodeno e nel colon come dimostrato dall’aumento della regolazione dell’espressione genica di zonulina-1 e claudina, due proteine altamente coinvolte nella permeabilità stessa.
  5. In aggiunta a tutti questi dati, quello più rilevante e conclusivo sembra essere il dato istologico. Come si denota dalla figura, i topi alimentati con dieta HDF + caffè presentano un’assenza di steatosi epatica rispetto al gruppo di trattati con sola HDF, un fenotipo quindi uguale a quello del gruppo di trattati con dieta standard (SD).

In definitiva quindi, tramite questo studio, è stato dimostrato come il caffè, se consumato nel giusto modo, può preservare il nostro fegato da malattie metaboliche, modificando la barriera intestinale, il microbiota e i livelli di colesterolo ed avere così anche effetti a livello sistemico.

Figura 2: A) campione istologico di fegato di topo sottoposto a dieta SD con totale assenza di steatosi. B) Fegato di topo sottoposto a dieta HFD con evidente steatosi epatica. C) fegato di topo sottoposto a dieta HDF e caffè, con assenza di steatosi.

La scoperta del caffè fu, a suo modo, importante quanto l’invenzione del telescopio e del microscopio. Il caffè infatti ha inaspettatamente intensificato e modificato le capacità e la vivacità del cervello umano” H.E. Jacob

Una buona notizia per gli amanti di questa bevanda… cosa state aspettando quindi?

L’ora è propizia, mettete sul fornello la vostra caffettiera di fiducia e inebriatevi dell’odore del vostro gahwa che anche oggi vi permetterà di essere attivi intellettualmente e forse più forti e sani fisicamente.

Ilaria Bellini

Bibliografia:

  • “Coffee prevents fatty liver disease induced by a high-fat diet by modulating pathways of the gut–liver axis” Paola Vitaglione et al. 2019.
  • “Consumption of decaffeinated coffee protects against the development of early non-alcoholic steatohepatitis: role of intestinal barrier function.” Brandt A, Nier A, Jin CJ, et al. 2019.

Foto dell'autore

Ilaria Bellini

Laureata in biologia e biotecnologie mediche presso l'università di Perugia, attualmente sto svolgendo il dottorato in Microbiologia, Sanità Pubblica e Malattie Infettive presso l' Università La Sapienza di Roma. Come facilmente intuibile dalla mia carriera universitaria sono affascinata dal sistema "uomo" e da tutto ciò che possa eludere i suoi meccanismi di difesa così finemente perfetti (o forse no?). Tengo attiva la mente e la fantasia, studiando l'eterna lotta tra sistema immunitario e patogeni e, al contrario di quanto si possa credere della scienza, mi diverto molto. Il team di Microbiologia Italia mi ha permesso di divulgare la mia passione, distruggere lo stereotipo del ricercatore "topo di laboratorio" ed aprire le porte della scienza ad un pubblico sempre più vasto. Tenere tutta questa ricchezza solo per gli addetti al settore sarebbe un gran peccato.

Rispondi