Nell’Italia della II Guerra Mondiale e del dopoguerra, le epidemie di tifo, paratifo e salmonellosi (patologie causate da batteri della famiglia delle Enterobacteriaceae, come Salmonella typhi, S. paratyphi, S. thyphimurium, Shigella, Escherichia coli, ecc.) erano molto frequenti. Queste si verificavano soprattutto nelle città molto popolose in cui gli impianti fognari erano inesistenti o altamente sottodimensionati.
Un giovane igienista sardo, Giuseppe Brotzu (Fig.1), e il suo collaboratore Antonio Spanedda notarono che la città di Cagliari, che contava allora più di 100.000 abitanti, faceva eccezione a questa regola. In particolare, nonostante un impianto fognario altamente inefficiente con scarico nelle acque del porto, dove era usanza comune fare il bagno nei mesi estivi e non, nessuna epidemia si era ancora scatenata. Nel 1945, nel corso delle loro analisi di laboratorio sulle acque del porto sardo, notarono la presenza di un microorganismo in grado di inibire la crescita di buona parte dei batteri che si tentava di coltivare, inclusi quelli patogeni. Si trattava di un micete che formava delle colonie “color ocra con tonalità di rosa” riconosciuto allora come Cephalosporium (attualmente denominato Acremonium, Fig.2). Iniziarono così le ricerche per identificare il prodotto responsabile di tale attività e si riuscì ad isolare una sostanza che venne battezzata Micetina Brotzu, che Spanedda e Brotzu testarono con successo su loro stessi prima, e sui loro pazienti poi, per validarne l’affidabilità e l’attività antibatterica.
Nonostante l’importante scoperta, nessun fondo venne stanziato dallo Stato italiano, costringendo i ricercatori sardi a rivolgersi a laboratori e studiosi d’oltralpe. In particolare, ci si avvalse della collaborazione di due britannici di grande esperienza, Howard Florey ed Edward Panley Abraham, che già anni prima avevano collaborato alla produzione della penicillina. La buona fede dei ricercatori nostrani venne però mal riposta. Dalla Micetina Brotzu vennero isolate ben tre sostanze ad attività antibatterica, poi denominate Cefalosporina C, N e P. Abraham isolò e purificò la Cefalosporina C, notando la sua resistenza alle β-lattamasi batteriche rispetto agli altri composti, ne modificò la struttura aumentandone ulteriormente lo spettro d’azione e la brevettò a suo esclusivo nome, rassicurando Brotzu sull’aver incluso anche lui nel brevetto. Il passo successivo fu la fruttuosa produzione e vendita del primo antibiotico ad uso commerciale della classe delle cefalosporine, il “Cefatolin”, da parta della Eli Lilly and Company nel 1964.
Fu solo nel 1971 che a Giuseppe Brotzu vennero riconosciuti i meriti per l’importante scoperta, merito sugellato dal conferimento della Laurea ad Honorem in Scienza da parte dell’Università di Oxford. I suoi lavori, infatti, hanno aperto la strada alla scoperta di un’intera classe di antibiotici β-lattamici, attivi su un ampio spettro di batteri. Attualmente, esistono ben 5 generazioni di cefalosporine che presentano differenti spettri di azione, livelli crescenti di resistenza alla degradazione da parte delle β-lattamasi e sono tutt’ora impiegate con successo nelle terapie antibiotiche; basti pensare che rappresentano un’arma importante nell’ardua lotta contro l’MRSA (Methicillin-resistant Staphylococcus aureus).
Concludiamo l’articolo con un tributo al dott. Giuseppe Brotzu:
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Autore: Sergio Pinto
Fonti:
- Roberto Paracchini, Il signore delle cefalosporine, Cagliari, Demos, 1992
- Annunziato – Di Renzo, Trattato di farmacologia (II Edizione), Idelson – Gnocchi, 2016
- Wikipedia alle voci: Giuseppe Brotzu, Howard Florey e Edward Panley Abraham, 12.07.2017