L’immunità innata: un esercito di peptidi a difesa dell’uomo

L’organismo umano può essere definito come una vera e propria macchina da guerra pronta ad attivarsi ed a difenderci dalle mille battaglie a cui ogni giorno viene sottoposto.

Forse questa può sembrare una visione catastrofica di noi stessi, ma corrisponde al vero. L’uomo è in costante contatto con l’ambiente esterno, ambiente in cui vivono milioni e milioni di altri organismi che vedono l’uomo come una succosa preda da conquistare. Fortunatamente, però, a difesa della nostra macchina è proprio il sistema immunitario che, creando diverse barriere difensive, riesce ad ostacolare l’attacco dei nemici.

Quando parliamo di sistema immunitario pensiamo immediatamente a macrofagi, linfociti B e T. In realtà però essi rappresentano la nostra “cavalleria”, una seconda linea difensiva più potente, definita immunità adattiva. Chi per primo si scaglia verso l’avversario invece viene definita immunità innata.

Una delle principali “armi” utilizzate da quest’ultima è costituita da una famiglia di piccoli peptidi definiti peptidi antimicrobici o AMP, di cui si sente parlare in realtà abbastanza raramente.

Il motivo per il quale gli AMP non sono così tanto acclamati e studiati risiede nel fatto che essi sono difficili da studiare in laboratorio, soprattutto a livello di organismo (in vivo) in quanto sono presenti in un numero estremamente elevato. Oggi finalmente, con l’evoluzione delle tecniche, è stato possibile iniziare a far luce su questi microscopici “guerrieri”.

Uno studio pubblicato lo scorso febbraio da Mark Austin Hanson et al., ha fatto luce sull’azione degli AMP. Come? Utilizzando una tecnica estremamente innovativa di ingegneria genetica quale la CRISPr-Cas9 ed effettuando un knock- out di 14 geni codificanti per gli AMP in Drosophila e scoprendo così la loro azione in vivo contro batteri e funghi.

I risultati sono stati sorprendenti: si è dimostrato come gli AMP siano in grado di agire e risultare essenziali soprattutto contro batteri Gram-negativi e che siano in grado di agire individualmente o, come in un vero e proprio esercito, in sinergia.

Ma non è finita qui: dallo studio emerge anche come questi piccoli peptidi addirittura abbiano una vera e propria specificità, fino ad oggi sconosciuta nell’immunità innata, nella difesa contro alcune infezioni. Per esempio la drosomicina sembra essere in prima linea contro Candida albicans, la diptericina contribuisce alla difesa contro Providencia rettgeri.

Figura 1: biofilm di C. albicans.

Quale è, allora, l’applicazione pratica di queste nuove informazioni?

Il punto cruciale dello studio di Austin Hanson è che potrà aiutarci a meglio comprendere come prevenire e combattere le infezioni. Ad esempio, qualora in alcuni soggetti venisse riscontrata una copia difettosa di un certo AMP specifico, essi sarebbero quindi suscettibili maggiormente ad una determinata infezione.

In questa guerra, infatti, combattere sarà sempre una valida strategia, ma essere sempre una mossa avanti al nemico con l’arma della prevenzione è quello che realmente può fare del nostro sistema immunitario un esercito imbattibile.

Ilaria Bellini

Bibliografia

  • “Synergy and remarkable specificity of antimicrobial peptides in vivo using a systematic knockout approach.” Mark Austin Hanson et all. 2019.
  • Medimagazine
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Ilaria Bellini

Laureata in biologia e biotecnologie mediche presso l'università di Perugia, attualmente sto svolgendo il dottorato in Microbiologia, Sanità Pubblica e Malattie Infettive presso l' Università La Sapienza di Roma. Come facilmente intuibile dalla mia carriera universitaria sono affascinata dal sistema "uomo" e da tutto ciò che possa eludere i suoi meccanismi di difesa così finemente perfetti (o forse no?). Tengo attiva la mente e la fantasia, studiando l'eterna lotta tra sistema immunitario e patogeni e, al contrario di quanto si possa credere della scienza, mi diverto molto. Il team di Microbiologia Italia mi ha permesso di divulgare la mia passione, distruggere lo stereotipo del ricercatore "topo di laboratorio" ed aprire le porte della scienza ad un pubblico sempre più vasto. Tenere tutta questa ricchezza solo per gli addetti al settore sarebbe un gran peccato.

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