Non essendo immediatamente assimilabile per la maggior parte dei viventi, l’azoto deve essere convertito in forme utilizzabili mediante i processi di azotofissazione, ammonificazione, nitrificazione e denitrificazione. L’azotofissazione, in particolare, è un processo riduttivo con cui l’azoto molecolare, presente nell’atmosfera, viene trasformato in ammoniaca.
La fissazione biologica dell’azoto rappresenta un vantaggio ecologico per i microrganismi azotofissatori, in quanto la loro crescita è indipendente dalla presenza di azoto ridotto precostituito. Essi possono così avere a disposizione azoto fissato da utilizzare nelle biosintesi, incorporandolo nei composti organici (Fig.1)
L’azotofissazione rende i composti dell’azoto disponibili per le biosintesi microbiche e per le piante ed è effettuata da microrganismi procarioti che possono essere distinti in tre gruppi:
- Azotofissatori liberi: non formano nessuna associazione con le piante e si ritiene che siano deboli fissatori. Alcuni esempio sono i generi Azotobacter spp. (aerobio eterotrofo), Clostridium spp. (anaerobio), Anabaena spp., Gleocapsa spp. e Rhodospirillum spp. (fototrofi).
- Azotofissatori liberi associati: sono azotofissatori che si associano alle radici delle graminacee, ma senza formare noduli radicali, come ad esempio il genere Azospirillum.
- Azotofissatori simbionti con formazione di noduli radicali: sono potenti azotofissatori che formano associazioni simbiotiche con le leguminose, ad esempio Rhizobium leguminosarum. Ci concentreremo in particolare su quest’ultimo.
Il genere Rhizobium è caratterizzato da numerosi ceppi che entrano in simbiosi con specie vegetali a rapido accrescimento, in particolare con le leguminose erbacee. Morfologicamente si tratta di batteri procarioti, Gram-negativi, mobili, non sporigeni, autotrofi facoltativi per l’azoto e aerobi.
In situazioni particolari questi batteri possono penetrare attraverso i peli radicali ed entrare così nei tessuti della radice, insediandosi nel citoplasma delle cellule. Al loro interno i batteri stessi subiscono mutamenti di forma e dimensione: si accrescono, diventando più grandi di quasi trenta volte, assumono forme ad Y oppure a bastoncino con ispessimento, differenziano la struttura azotofissatrice, e avvalendosi di una membrana plasmatica prodotta dalla pianta ospite si trasformano in batteroidi, iniziando così il rapporto simbiotico. E’ interessante notare che tale rapporto comporta un controllo da parte della pianta della loro riproduzione.
Il processo di inoculazione e sviluppo simbiotico richiede quindi una differenziazione concertata tra il batterio e la cellula vegetale ospitante: tale comunicazione tra batterio e cellula vegetale avviene per via molecolare-metabolica ancora prima che il Rhizobium entri nella cellula stessa.
Si possono individuare quattro fasi principali:
- riconoscimento pianta-batterio
- diffusione dell’infezione batterica nelle radici
- sviluppo del nodulo radicale e della struttura simbiotica
- azotofissazione e inizio del rapporto simbiotico
La pianta emette nel terreno i flavonoidi che richiamano i batteri Rizobi specifici per quel vegetale; i flavonoidi penetrano infatti nelle cellule batteriche del Rhizobium e stimolano la produzione della proteina NodD, la quale attiva diversi geni di nodulazione. Questi ultimi codificano per un lipo-chito-oligosaccaride chiamato fattore Nod o di nodulazione (Fig.2).
Il fattore Nod viene emesso dal batterio e si comporta da ormone, stimolando la risposta dell’apparato radicale della pianta. Infatti, una volta assorbito dalla pianta, inizia a stimolare la divisione cellulare nelle radici e nei peli radicali, che quindi si accrescono. In particolare i peli radicali crescono asimmetricamente e tendono ad arrotolarsi a formare una sorta di canale attraverso cui il Rhizobium può penetrare nel tessuto radicale ed infettarlo.
I noduli radicali sono quindi formati da cellule ingrossate del batteroide azotofissatore e dall’accumulo di amiloplasti tra le cellule meristematiche della radice. I batteroidi iniziano a fissare l’azoto attraverso un complesso multi-enzimatico che scinde il triplo legame e consente alla nitrogenasi di catalizzare la formazione di un composto azotato di facile assimilazione per la pianta.
La formazione di noduli radicali attivi da parte dei rizobi è fondamentale in agricoltura in quanto permette di incrementare in modo del tutto naturale la quantità di azoto combinato nel suolo. Le leguminose nodulate possono crescere anche in suoli spogli, non fertilizzati, spesso carenti di azoto. L’aggiunta di inoculi di rizobi permette di migliorare notevolmente la pigmentazione e la crescita delle leguminose (Fig.3).
Laura Oriunno
Fonti
https://www.micropia.nl/en/discover/microbiology/rhizobium/#gref
http://www.andermattbiocontrol.com/sites/products/biostimulants-bioinnoculants/rhizobia-soybean.html
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0944501313001651
Articolo molto interessante, ma che non chiarisce l’aspetto dei tempi, cioè qual è l’andamento dell’azotofissazione nel tempo? I tubercoli Iniziano a formarsi subito dopo la semina oppure l’insediamento del rizobio richiede un certo tempo? E se sì, quanto? Queste domande nascono dal fatto che sono interessata a capire se una semina primaverile-estiva di trifoglio da sovescio (p. es.) e la sua successiva eliminazione PRIMA della crescita completa e fioritura, cioè tipo dopo 2-3 mesi, pur fornendo una minore quantità di sostanza organica, può avere senso in termini di accumulo di azoto.
Hai idea di dove potrei trovare le risposte ai miei quesiti? Te ne sarei molto grata.