E se il pesce non puzzasse solo dopo 3 giorni?  

Si è soliti pensare che il pesce inizi a puzzare dopo qualche giorno, e questo è assolutamente intuibile; tuttavia, oggi vorremmo illustrarvi come questa non sia l’unica causa possibile. Anche una scorretta conservazione, a temperature troppo elevate o per tempi troppo lunghi, può determinare un deterioramento del pesce, con lo sviluppo di quel disgustoso odore, noto a tutti. Ciò detto, lo sgradevole odore non è l’unica nota dolente della mal conservazione del pesce pescato, ben più pericolosa (soprattutto quando la puzza non è ancora ben presente) ed ancora poco conosciuta, è la sindrome sgombroide

Sindrome sgombroide

Cos’è questa sindrome sgombroide? È considerata una vera e propria intossicazione alimentare, dovuta all’ingestione di pesci mal conservati (soprattutto pesce azzurro: alici, tonno, sardine e sgombri ma che può essere scatenata anche da specie diverse della famiglia Scombridae), mantenuti a lungo tempo fuori dalla catena del freddo. In processo è implicabile alla proliferazione di batteri Gram-negativi (Morganella morganii, Escherichia coli, Klebsiella spp. e Pseudomonas aeruginosa) che si  trovano nell’intestino o nella pelle del pesce, favorita dell’aumento della temperatura che, a sua volta, porta ad un incremento del contenuto di istidina, presente nel muscolo del pesce, che viene convertito in istamina dall’azione dell’enzima istidina decarbossilasi.  

Il metabolismo dell’istidina

Il metabolismo dell’istidina segue fondamentalmente due vie: una principale via di catabolismo, dove l’istidina viene trasformata in acido glutammico e che inizia con la degradazione dell’istidina in acido urocanico per azione dell’enzima istidasi. Il prodotto, il glutammato, viene convertito in alfa chetoglutarato, un intermedio nel ciclo di Krebs. La seconda strada, invece, è la decarbossilazione per azione dell’enzima istidina decarbossilasi con formazione di istamina, e questa è proprio quella che ci interessa maggiormente, poiché l’istidina libera viene metabolizzata durante il riscaldamento e il deterioramento della carne in istamina, istamina fosfato, istamina cloridrato e saurina dall’enzima istidina decarbossilasi prodotto dai batteri presenti nel pesce. Inoltre, l’intervallo di pH ottimale per l’attività dell’istidina decarbossilasi è compreso tra 2,5 e 6,5, mentre il pH degli scombridi freschi varia da 5,5 a 6,5, e questo livello di lieve acidità favorisce la produzione di istamina dalla decarbossilasi batterica.  

È noto che se l’istamina viene ingerita in grandi quantità possa provocare una reazione anafilattoide con una varietà di sintomi da moderati a gravi a pericolosi per la vita, soprattutto nei soggetti più suscettibili di cui si parlerà nel seguito. Tuttavia, studi condotti con la somministrazione orale di istamina pura dimostrano che questa non determina effetti sistemici, poiché viene inattivata nell’intestino prima di entrare nella circolazione portale, e questo è possibile per una conversione dalla flora enterica.

L’istamina è anche “fissata” dalle mucine intestinali, pertanto, per poter spiegare la sindrome bisogna ipotizzare un assorbimento veramente massiccio di istamina che potrebbe essere  facilitato dalla concomitante azione dei potenziatori, i quali facilitano il passaggio nella circolazione attraverso la parete intestinale.

Patogenesi non del tutto compresa

Ad oggi la patogenesi non è ancora del tutto compresa e vi sono varie ipotesi: 

  1. il rafforzamento della tossicità dell’istamina da parte di altri composti tossici presenti nei pesci, come la cadaverina, che favorirebbe l’assorbimento dell’istamina attraverso l’intestino;
  2. l’inibizione dell’azione di potenziamento della tossicità dell’istamina da parte degli inibitori degli enzimi che metabolizzano l’istamina: diammina ossidasi (DAO) e istamina N-metil  transferasi (HNMT); 
  3. la degranulazione dei mastociti; 
  4. altri agonisti dei recettori dell’istamina con attività simile all’istamina, ma sarebbero delle sostanze non ancora identificate; 
  5. un’intolleranza all’istamina, ovvero una condizione che descrive un’elevata sensibilità all’istamina, che provoca un disordine metabolico (risultato dallo squilibrio tra l’istamina  ingerita e la capacità del metabolismo del proprio organismo).

Con l’ultima ipotesi, possiamo spiegare la differenza nella suscettibilità individuale all’istamina presente nel pesce decomposto. Cosa possiamo fare per evitare la sindrome? Per prevenire l’avvelenamento, il pesce deve essere continuamente ghiacciato o refrigerato a una temperatura inferiore o uguale a 0° C, dal momento in cui il pesce viene catturato e fino a quando non viene preparato per il consumo.

Avendo capito, a  questo punto, che l’istamina nei pesci non è presente nel momento stesso della pesca, ma che questa si forma subito dopo la sua morte e che la sua produzione può avvenire in ogni fase della filiera. Possiamo dedurre che la sua formazione si può prevenire mediante adeguate tecniche di abbattimento del pescato immediatamente dopo la pesca, portando il pesce a temperature comprese tra -20° C e -40° C.

Come riconoscere la sindrome sgombroide?

La sintomatologia più comunemente riscontrata consiste in: rash cutanei, orticaria, gonfiore localizzato, eritema su viso, collo, tronco, edemi facciali.

Sindromi dell’apparato gastrointestinale: nausea, vomito, diarrea, dolore epigastrico, crampi e tremori. Nei casi più gravi si può passare anche a sindromi del sistema circolatorio e respiratorio, tra cui ipotensione o ipertensione, tachicardia e palpitazioni, fino alla broncocostrizione e allo shock anafilattico. Sono noti anche manifestazioni a livello del sistema nervoso, per esempio mal di testa, formicolio, crampi, sensazione di calore intorno alla bocca e perdita della vista.

Dopo questo breve excursus sulla sindrome sgombroide, le sue cause e le sue conseguenze, speriamo sia più chiaro che la sicurezza alimentare non è mai troppa; la prossima volta che acquistate del pesce, prestate attenzione! 

Si ringrazia la Dott.ssa Michela Soda per l’articolo “E se il pesce non puzzasse solo dopo 3 giorni?”

Bibliografia:

  • Tortorella V, Masciari, Pezzi M, Mola A, Tiburzi SP, Zinzi MC, Scozzafava A, Verre M. Histamine  Poisoning from Ingestion of Fish or Scombroid Syndrome, Case Reports in Emergency Medicine;  2014; 482531. 
  • Arnold SH, Brown WD. Histamine toxicity from fish products, Advances in Food Research,  1978;34;113–154.  
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  • Cattaneo P. Scombroid syndrome-histamine poisoning, Food In, 2011;2:5–80.  
  • Colombo FM, Cattaneo P, Confalonieri E, Bernardi C. Histamine food poisonings: A  systematic review and meta-analysis, Critical Reviews in Food Science and Nutrition, 2018,  58; 7;1131–115.  
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Sitografia

  • https://www.uwell.it/articoli-benessere-psicofisico/sindrome-sgombroide-cause-sintomi-rimedi-e trattamenti 
  • https://www.ospedaleniguarda.it/news/leggi/sindrome-sgombroide-i-sintomi-di-questa intossicazione-alimentare-dovuta-allistidina 
  • https://www.pazienti.it/contenuti/malattie/sindrome-sgombroide
  • https://www.nutrizionismi.it/la-sindrome-sgombroide/
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino, creatore ed amministratore di Microbiologia Italia, primo sito di divulgazione microbiologica in Italia. Sono laureato in biologia e molto appassionato di tecnologia, cinema, scienza e fantascienza. Sono Siciliano ma vivo e lavoro in Basilicata come analista di laboratorio microbiologico presso una nota azienda farmaceutica. Ho creato il portale di Microbiologia Italia per condividere conoscenza ed informazioni a chiunque fosse interessato a questa bellissima scienza. Potete trovare tutti i miei contatti al seguente link: https://linktr.ee/fcentorrino.

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