Funghi fantastici e dove trovarli: Clathrus spp.

Introduzione

Quante volte, passeggiando per i prati o durante le escursioni nei boschi, vi sarà capitato di trovare dei funghi? Poteva trattarsi di chiodini (Armillaria mellea), porcini (Boletus edulis), prataioli (Agaricus campestris) … Quello che è certo, è che i funghi di cui vi stiamo per parlare non li avete mai visti. O forse qualche fortunato si. Parliamo infatti di carpofori (ovvero i corpi fruttiferi dei funghi) dai colori vivaci e forme strane, a volte quasi demoniache o stravaganti, che in alcuni casi possono emanare odori sgradevoli. Chi mai immaginerebbe che un fungo possa somigliare ad un tentacolo, un corallo, una stella, o un orecchio? Vi abbiamo incuriosito? Noi pensiamo di si. Scopriamone ora due appartenenti al genere Clathrus.

Clathrus archeri: dita del diavolo o tentacoli?

Comunemente chiamato “fungo tentacolo” o “dita del diavolo” per via della somiglianza ad un polpo o a dita minacciose, Clathrus archeri (Berk.) è un fungo Basidiomicete originario dell’Australia e della Tasmania e che attualmente è diffuso in tutto il mondo. Nel suo areale originario, questo fungo è stato rilevato principalmente in zone montuose e lungo le coste su detriti di legno di eucalipto. Secondo la definizione IUCN (International Union for Conservation of Nature) Clathrus archeri può essere definito un organismo potenzialmente invasivo.

La sua diffusione in tutto il mondo sembra essere iniziata nel XX secolo. Si narra che questa sia iniziata accidentalmente attraverso sacchi di lana provenienti dall’Australia e Nuova Zelanda; il primo avvistamento in Europa è avvenuto nel nord-est della Francia tra il 1920 e il 1930. Oggi Clathrus archeri si trova distribuito anche in Nord e Sud America, ma la più alta concentrazione è in Europa. Qui cresce in foreste di latifoglie e miste, giardini, parchi, prati e cimiteri. In Italia è una specie rara, ma cresce in estate e autunno nei boschi di latifoglie.

Il fungo tentacolo si adatta bene a diversi tipi di suolo, anche se evita i suoli calcarei. È un organismo saprofita, ovvero si nutre di materia organica morta. Per questo motivo è possibile trovarlo vicino a legno in decomposizione.

Sviluppo e diffusione

Nelle prime fasi di crescita, Clathrus archeri si trova nel terreno sottoforma di ovolo ricoperto da una membrana biancastra, dove rimane lunghi periodi. Al momento dello sviluppo, l’ovolo cresce per emergere dal terreno e rompe la membrana, sviluppando nel giro di poche ore da 4 a 8 appendici rosate.

Queste sono unite alle estremità e successivamente si apriranno a formare i tentacoli rossi del polpo. La superficie interna dei tentacoli è la zona fertile, dove si formano le spore immerse in una poltiglia mucillaginosa nerastra. Complice il caratteristico odore di carne putrescente, Clathrus archeri attira le mosche che contribuiscono alla dispersione nell’ambiente. Questo aspetto non lo rende certamente invitante, ma il fungo tentacolo non è tossico e in alcuni paesi del nord Europa viene mangiato allo stadio di ovolo.

Figura 1: Fungo e ovolo di Clathrus archeri (photo: www.flickr.com).
Figura 1: Fungo e ovolo di Clathrus archeri (photo: www.flickr.com).

Clathrus ruber: fungo lanterna “rossa”

Dichiarato “fungo dell’anno” nel 2011 dalla German Mycological Society e descritto dalla stessa come “un alieno da un film horror di fantascienza”, Clathrus ruber è un Basidiomicete con forme e colorazioni sgargianti. Molte pubblicazioni britanniche (dal 1974 al 2008) lo considerano non commestibile o addirittura velenoso; alcune fonti e testimonianze, infatti, fanno riferimento a varie tipologie di malesseri e disturbi (come vomito) notati nelle persone che hanno maneggiato o ingerito questo fungo.

Le prime tracce del ritrovamento di Clathrus ruber, denominato “fungo lanterna” o “gabbia rossa”, risalgono al 1560, quando il naturalista svizzero Conrad Gesner lo illustrò nel libro “Nomenclator Aquatilium Animantium” scambiandolo per un organismo marino. Il fungo venne descritto per la prima volta scientificamente nel 1729 da Pier Antonio Micheli, che gli attribuì l’attuale nome scientifico, nel libro “Nova plantarum genera iuxta Tournefortii methodum disposita”. Considerato originario dell’Europa, è stato probabilmente introdotto in altri ambienti per mezzo dell’importazione di materiale pacciamante comunemente utilizzato nel giardinaggio. Cresce su residui legnosi e occasionalmente sul terreno inerbito, nutrendosi di materiale cellulosico. Effettivamente è un decompositore del legno e della materia organica vegetale.

Sviluppo e diffusione

Inizialmente in forma di uovo sferico, gelatinoso e bianco – grigiastro, Clathrus ruber sviluppa al suo interno una struttura costituita da una serie di reticoli. Espandendosi, l’uovo esplode e fuoriesce una bellissima struttura reticolare cava, ramificata a formare una fragile gabbia di consistenza interna spugnosa. La sua eccentrica colorazione è influenzata da temperatura e umidità dell’ambiente, e deriva da pigmenti responsabili dei colori che vanno da arancione a rosso identificati in particolare come licopene e beta-carotene.

Figura 2: La struttura reticolare cava di Clathrus ruber (photo: www.flickr.com).
Figura 2: La struttura reticolare cava di Clathrus ruber (photo: www.flickr.com).

Oltre che per forma e colore, riconoscerete Clathrus ruber per il suo odore simile a quello di un carne in putrefazione. Si pensa che questa sia una strategia adottata dal fungo per attirare mosche e altri insetti che, atterrando sul corpo fruttifero, si impregnano di una sostanza gelatinosa contenente le spore, garantendone la diffusione. L’odore deriverebbe proprio da questa sostanza: si ipotizza che il manganese, elemento che Clathrus ruber è in grado di bioaccumulare, permetta il funzionamento degli enzimi che contribuiscono alla decarbossilazione enzimatica di chetoacidi e amminoacidi presenti nella sostanza, con formazione di composti odorosi: dimetilsolfuro, aldeidi e ammine.

Fonti

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Redazione Microbiologia Italia

Saranno elencati di seguito gli articoli di alcuni contributori e di articolisti che in passato hanno collaborato con Microbiologia Italia

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