Colera

Caratteristiche della patologia

Il colera è un’infezione diarroica acuta causata dall’ingestione di cibo o acqua contaminati da un particolare batterio Gram (-) con una caratteristica forma a virgola: Vibrio cholerae.

Il principale segno della malattia è la presenza di diarrea acquosa, anche definita “acqua di riso”, caratterizzata dall’ingente perdita di liquidi (fino a un litro l’ora) e la quasi totale o totale assenza di feci. La maggior parte dei pazienti non presenta dolore o tenesmo ma, in alcuni casi, possono comparire vomito e crampi.

La perdita di fluidi a livello intestinale porta ad una serie di importanti complicazioni che, se non arginate in tempi brevi, possono portare a morte il paziente. Uno dei maggiori problemi è sicuramente lo squilibrio elettrolitico dovuto alla disidratazione: la perdita di acqua è associata all’eliminazione di elettroliti fondamentali per il mantenimento dell’omeostasi quali sodio, potassio e calcio.

Segni e Sintomi

I primi sintomi iniziano a comparire dopo un periodo di incubazione di circa 3 giorni. L’inizio è generalmente brusco, ma caratterizzato dall’assenza di febbre. I segni clinici più evidenti sono:

  • Diarrea brusca: improvvisa, brusca, con scariche molto frequenti;
  • Feci: presenti solo in piccole quantità (dai 50 ai 100 ml), con possibile presenza di muco;
  • Vomito: presente solo in alcuni casi;
  • Segni di disidratazione acuta : secchezza delle mucose, sete, lingua e labbra secche;
  • Alterazioni elettrolitiche: diminuzione di calcio, potassio e bicarbonati;
  • Algidismo: cute fredda;
  • Diminuzione della pressione arteriosa.

Il potassio è un minerale indispensabile per l’ottimale funzionamento dell’organismo ed è il principale catione intracellulare. La sua presenza all’interno dell’organismo è fondamentale in quanto permette la contrazione muscolare, la trasmissione dell’impulso nervoso, regola molti processi cellulari ed è implicato nel mantenimento dell’omeostasi. Di contro, il sodio è il più importante catione extracellulare ed è implicato in varie importanti funzioni quali regolazione della pressione, favorisce la funzione neuromuscolare e la trasmissione dell’impulso nervoso ed è importante nella regolazione del passaggio di fluidi e nutrienti all’interno/esterno della cellula.

Gli effetti secondari a diarrea acquosa comprendono:

  • Letargia
  • Alterazioni della coscienza
  • Crampi muscolari
  • Ipotensione
  • Insufficienza renale
  • Shock ipovolemico

Un altro effetto secondario è l’acidosi: l’iponatremia (carenza di sodio) e la perdita di bicarbonati, determinano una condizione di acidosi, associata ad un’aumentata emoconcentrazione.

Segni e sintomi non sono però presenti in tutti coloro che contraggono la malattia: nel 75 % dei casi le persone infettate non manifestano alcun sintomo. Tra coloro che li manifestano, invece, solamente una piccola parte sviluppa la forma grave della malattia. Il colera può infatti presentarsi o come un evento acuto ( e potenzialmente letale) oppure in forma lieve.

Eziologia e Patogenesi

L’agente eziologico del colera è V. cholerae, un batterio appartenente alla famiglia delle Vibrionaceae.  All’interno del genere Vibrio troviamo 3 batteri particolarmente pericolosi per l’uomo in quanto patogeni umani: Vibrio cholerae, Vibrio vulnificus e Vibrio parahemoliticus. Vibrio cholerae è sicuramente il più pericoloso in quanto, oltre ad essere più virulento, è l’unico in grado di crescere sia in ambienti marini sia in ambienti di acqua dolce.

Figura 1-Vibrio cholerae bacterium
Figura 1- Vibrio cholerae, l’agente eziologico del colera
(Fonte: https://www.sciencephoto.com/media/10846/view).

Esistono molti sierogruppi di V. cholerae, all’incirca 200 , ma solamente alcuni sono in grado di causare la malattia. I sierogruppi possono dividersi essenzialmente in due tipologie, a seconda della capacità di produrre la tossina colerica:

  • Gruppi che producono la tossina colerica: questo gruppo contiene i sierotipi maggiormente implicati nello sviluppo della patologia, ovvero il sierotipo O1 e il sierotipo O139. Il sierotipo O1, in particolare, si divide nei biotipi “Classico” ed “El Tor”, definiti anche come ceppi epidemici;
  • Gruppi che non producono la tossina colerica : questo gruppo contiene dei sierotipi che, generalmente, sono associati solamente ad alcuni casi sporadici.

La patogenicità di V.cholerae  è associata alla sua capacità di produrre la tossina colerica. Una volta introdotti all’interno dell’organismo, i vibrioni del colera raggiungono il lume intestinale aderendovi tramite proteine flagellari. Una volta giunto nell’intestino dell’ospite, il batterio rilascia una tossina termolabile, responsabile dell’aumento dell’ AMPciclico nella cellula, con conseguente riduzione dell’assorbimento di sodio e aumento della secrezione di cloro. Tale sbilancio elettrolitico porta all’accumulo di liquidi nel lumen intestinale, responsabile della conseguente diarrea acquosa.

Figura 2- azione di V.cholerae
Figura 2- Modalità di azione di V.cholerae (Fonte: https://www.cell.com/trends/microbiology/fulltext/S0966-842X(19)30069-1).

Trasmissione

La principale fonte di contaminazione sono i batteri presenti nelle feci di una persona infetta. Un individuo può essere infettato indirettamente bevendo acqua o mangiando cibo contaminato dal batterio. Fonti comuni di infezione di origine alimentare includono frutti di mare crudi o scarsamente cotti, frutta e verdura crude e altri alimenti contaminati durante la preparazione o la conservazione. Gli alimenti maggiormente a rischio sono i molluschi che, essendo animali scavatori e filtratori, hanno una maggiore probabilità di accumulare batteri e virus presenti nell’ambiente.

Si parla invece di trasmissione diretta in caso l’infezione venga contratta attraverso il contatto interpersonale.

La dose infettante è di circa 10^8 u.f.c. ma, in presenza di alcuni fattori predisponenti, si abbassa fino a circa 10^3-10^5 u.f.c. Uno dei fattori che predispongono all’infezione è la ridotta acidità gastrica, in quanto il contenuto acido dello stomaco è in grado di determinare una parziale degradazione dei batteri.

Epidemiologia

Il colera ha origini molto antiche: sono state infatti trovate alcune scritture in sanscrito del V secolo le quali descrivevano una malattia assimilabile proprio al colera. Da tempi remoti il colera affligge numerose popolazioni, ed è attualmente endemico in oltre 50 paesi. I primi importanti studi furono effettuati tra il 1849 e il 1884. Nel 1854, Filippo Pacini osservò all’interno delle feci dei pazienti infetti alcuni batteri a forma di virgola, isolati poi nel 1883 da Robert Koch.

Gli storici e gli epidemiologi concordano sul fatto che dal 1817 ad oggi si siano verificate sette pandemie di colera, causate prevalentemente dal biotipo Classico. La settima pandemia è iniziata in Indonesia nel 1961 e si è diffusa attraverso l’Asia in Africa, Europa e America Latina. Quest’ultima, in particolare, si discosta dalle precedenti in quanto causata dal biotipo El tor.

Figura 3- allegoria del colera
Figura 3 – Allegoria del colera risalente al 1854
(Fonte: https://fineartamerica.com/featured/cholera-infected-pump-1854-science-source.html).

Il colera è apparso per la prima volta in Europa e quindi in Italia nella prima metà dell’Ottocento : la quarta pandemia, durata dal 1863 al 1875, ha interessato soprattutto le regioni meridionali quali Puglia e Campania. Anche la settima epidemia ha perturbato l’equilibrio del popolo italiano: nel 1973 il colera sbarcò in Campania. Una delle prime zone colpite fu il paesino vesuviano di Torre del greco, noto per il fiorente commercio di pesce che, probabilmente, fu la causa scatenante. Quest’improvvisa epidemia, che raggiunse in breve tempo la città di Napoli e causò in questa regione solamente 15 morti, viene ricordata per le tempestive misure preventive che vennero messe in atto. In 7 giorni vennero vaccinate circa 1 milione di persone, anche grazie all’utilizzo di siringhepistola utilizzate in Vietnam dagli Americani.

Figura 4- colera a Napoli
Figura 4- Il colera a Napoli e la campagna di vaccinazione
(Fonte: https://www.vesuviolive.it).

La situazione attuale

Il colera rimane una minaccia globale per la salute pubblica e un indicatore di disuguaglianza sociale, in quanto colpisce prevalentemente aree a basso sviluppo socioeconomico. Un fattore  predisponente lo sviluppo della patologia può essere riscontrato nelle scarse condizioni igieniche che contraddistinguono molti paesi in via di sviluppo. L’assenza di fognature, di strutture igienico-sanitarie e sistemi per la sanificazione delle acque porta ad una maggiore e più probabile contaminazione.

Si stima che , nei paesi endemici, vi siano circa 2,86 milioni di casi di colera ogni anno. I paesi più a rischio sono India, Etiopia, Nigeria, Haiti, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Kenya e Bangladesh. Sebbene classificati come non endemici, Pakistan, Bolivia e Sri Lanka hanno una media di circa 2.737 casi segnalati ogni anno. Negli ultimi anni si sono verificate devastanti epidemie di colera in Angola, Etiopia, Zimbabwe, Pakistan, Somalia, Sudan, Vietnam e Haiti.

Diagnosi

La diagnosi di colera si basa prevalentemente sull’analisi di campioni di feci. Una volta raccolto il campione, il batterio viene isolato attraverso terreni di coltura specifici come il TCBS (Thiosulfate citrate bile salts sucrose agar), il quale rappresenta il terreno selettivo e differenziale ideale per l’isolamento e la coltura di V.cholerae da campioni clinici. Un altro terreno di ampio utilizzo è il TTGA (Taurocholate tellurite gelatin agar), formulato appositamente per l’isolamento selettivo e differenziale di V.cholerae.

In alcuni casi, soprattutto in mancanza di laboratori e/o apparecchiature adatte, possono essere utilizzati dei test rapidi. Nonostante questi test abbiano basse specificità e sensibilità e non possono in alcun modo sostituire i metodi di isolamento tradizionali, rappresentano un valido aiuto nel monitorare la diffusione della patologia nelle aree ad alto rischio. Uno dei test rapidi più utilizzati è il Crystal VC (RTD), un test con dipstick basato sul rilevamento del lipopolisaccaride O di V.cholerae da parte di anticorpi monoclonali e utilizza l’immunocromatografia a flusso verticale e anticorpi coniugati con particelle di oro colloidale per il rilevamento degli antigeni.

Test strumentali e di laboratorio

I terreni di coltura rappresentano quindi il metodo ideale per l’isolamento e l’identificazione di V.cholerae. In alcuni casi, soprattutto quando il terreno TCBS non è sufficientemente selettivo e permette la crescita di concorrenti come Aeromonas, e Pseudomonas, possono essere utilizzati dei test biochimici. Tra questi abbiamo:

  • Prova dell’ossidasi
  • String test
  • Prova di fermetazione dei carboidrati
  • Test di Voges-Proskauer
Figura 5- test biochimici per l'identificazione di V.cholerae
Figura 5- Test biochimici utilizzati per l’identificazione di V.cholerae. G= Gram -; Y = giallo; K/A= alcalino sulla superficie e acido sulla parte inferiore; V= reazione variabile. (Fonte: https://www.semanticscholar.org/paper/Antibiotic-Resistance-of-Vibrio-cholerae-from-of-Akond-Alam/1f60b68e95199834705451339aa54769083989aa/figure/1).

Terapia

La terapia si basa prevalentemente sulla reidratazione del paziente attraverso delle soluzioni di cloruro di sodio, bicarbonato di sodio, cloruro di potassio e destrosio. I livelli di potassio devono essere tenuti sotto controllo: per rimpiazzare la perdita di quest’ultimo, possono essere aggiunti 10-15 mEq/L (10 a 15 mmol/L) di cloruro di potassio all’interno della soluzione. L’OMS raccomanda l’utilizzo di una soluzione orale contenente 13,5 g di glucosio, 2,6 g di NaCl, 2,9 g di citrato trisodico diidrato e 1,5 g di KCl per litro di acqua da bere.

Inizialmente, quando il paziente si trova in condizioni critiche, deve essere immediatamente reidratato. Nei pazienti in stato di shock, la quantità di liquidi deve raggiungere circa il 10% del peso corporeo mentre, in caso di minore gravità, si raggiunge il 2,5% del peso corporeo. Una volta ristabilita la volemia, il trattamento si basa sulla quantità di liquidi persa con urina, feci e vomito, alla quale si addizionano 500 ml.

E’ possibile anche l’utilizzo di una terapia antibiotica, volta soprattutto ad abbreviare il decorso della malattia e a ridurre l’intensità dei sintomi. Gli antibiotici più utilizzati sono eritromicina, tetracicline e doxiciclina.

Prevenzione

Un approccio preventivo è di rilevante importanza per limitare il numero di casi di colera e ridurre la mortalità. Uno dei primi interventi preventivi richiede sicuramente la sanificazione delle aree a rischio ( depurazione di acqua, eliminazione di escrementi) e il miglioramento delle strutture sanitarie. E’ inoltre importante garantire la sicurezza alimentare: nelle regioni endemiche è preferibile bollire o clorare l’acqua da bere, mentre verdure e pesce devono essere consumati previa adeguata cottura.

Sono attualmente disponibili 4 tipologie di vaccini contro il colera. Il vaccino Vaxchora è il più sicuro ed effettivo, in quanto è in grado di ridurre la possibilità di diarrea grave del 90% a 10 giorni dopo la vaccinazione e dell’80% a 3 mesi dopo la vaccinazione. Tuttavia sono ancora carenti le informazioni riguardo la sicurezza e l’efficacia di tale vaccino nelle donne in gravidanza o in allattamento. In generale, però, è importante far presente che i vaccini contro il colera offrono una protezione incompleta ed è quindi importante seguire le buone norme igieniche e le misure preventive.

Fonti

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino, creatore ed amministratore di Microbiologia Italia, primo sito di divulgazione microbiologica in Italia. Sono laureato in biologia e molto appassionato di tecnologia, cinema, scienza e fantascienza. Sono Siciliano ma vivo e lavoro in Basilicata come analista di laboratorio microbiologico presso una nota azienda farmaceutica. Ho creato il portale di Microbiologia Italia per condividere conoscenza ed informazioni a chiunque fosse interessato a questa bellissima scienza. Potete trovare tutti i miei contatti al seguente link: https://linktr.ee/fcentorrino.

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