L’archeologia riscrive la storia del vaiolo: sequenziato il virus estratto da una mummia

Il vaiolo è una malattia contagiosa di origine virale che nel 30% dei casi risulta fatale. L’ultimo caso conosciuto di vaiolo nel mondo è stato diagnosticato nel 1977 in Somalia. L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato ufficialmente eradicata questa malattia nel 1980.

Ci sono due forme cliniche di vaiolo. La più comune è quella causata dal virus Variola major che si manifesta con febbri elevate e con la comparsa di pustole ulceranti su tutto il corpo. Esistono quattro tipi di vaiolo di questo genere: quello ordinario (più del 90% dei casi), una forma lieve che a volte si sviluppa su persone preventivamente vaccinate, quello piatto (detto anche maligno) e quello emorragico, raro ma molto grave. Meno pericoloso, con una mortalità sotto l’1%, è la forma di vaiolo causata dal virus Variola minor.

Il virus del vaiolo è stato a contatto con le popolazioni umane da migliaia di anni, ma in natura non esiste più. Le epidemie di vaiolo hanno sempre generato terrore tra le popolazioni, non solo per l’elevata mortalità ma anche perché i sopravvissuti rimanevano sfigurati a vita, ricoperti di cicatrici. Il contagio avveniva per contatto diretto tra le persone oppure tramite i liquidi corporali infetti o gli oggetti personali contaminati come abiti o lenzuola. Un comune veicolo di contagio erano la saliva o le escrezioni nasofaringee delle persone malate che mettevano a rischio chiunque fosse vicino.

Immagine di una delle più terribili malattia della storia

Ultimamente la “questione vaiolo” è stata riportata in auge da recenti scoperte a cavallo tra l’archeologia e la microbiologia. Il sequenziamento del DNA del virus del vaiolo estratto dai resti mummificati di un bambino del XVII secolo ha imposto la riscrittura della storia naturale della malattia, che forse ha iniziato ad aggredire la nostra specie in un’epoca ben successiva a quanto si pensasse. Lo studio condotto da ricercatori della McMaster University ad Hamilton, in Canada, e dell’Università di Vilnius, in Lituania – con la collaborazione di diversi centri di ricerca internazionali – data infatti l’origine al periodo compreso fra 1588 e il 1645 invece che a 3000-4000 anni fa. Lo studio è pubblicato su “Current Biology”. Dopo aver ottenuto il permesso dell’Organizzazione mondiale della sanità, Hendtik N. Poinar e colleghi hanno prelevato campioni della pelle della mummia di un bambino morto di vaiolo scoperti nella chiesa del Santo Spirito di Vilnius, per cercare di isolare il DNA del virus. Grazie al ricorso a particolari sonde a RNA sono riusciti nell’impresa, tanto da ricostruire l’intero genoma dell’antico ceppo del virus. A questo punto lo hanno confrontato con i ceppi del virus del vaiolo risalenti alla metà del XX secolo e al periodo immediatamente precedente alla sua eradicazione, avvenuta alla fine degli anni settanta. Questo ha permesso quindi di risalire al loro antenato comune e all’epoca della comparsa del virus, compresa fra il 1588 e il 1645, ossia al periodo delle grandi esplorazioni e colonizzazioni, che ne avrebbero favorito la diffusione in tutto il mondo. I ricercatori hanno, inoltre, individuato alcuni  momenti specifici di evoluzione del virus. Per esempio, quando nel XVIII secolo Jenner sviluppò il suo vaccino contro il virus, modificò la pressione selettiva sull’agente patogeno, che si divise in due ceppi: Variola major, che causava il vaiolo propriamente detto, e Variola minor, che provocava la forma molto meno aggressiva e letale della malattia nota come alastrim. Ma la ricerca sulla storia naturale del vaiolo non è conclusa sebbene si sia scoperta l’evoluzione dei ceppi dal 1650 non si è ancora stabilito l’anno esatto della comparsa del vaiolo negli esseri umani né l’animale da cui il virus sembra provenire. Occorreranno ulteriori studi e un forte sodalizio tra microbiologia e archeologia.

 

Fabrizio Visino

Fonti:ansa.it, epicentro Istituto Superiore di Sanità

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