La fibra proteica ultra stabile di Sulfolobus acidocaldarius che sopravvive all’acido bollente

La super acida Emerald Hot Spring e la fibra proteica super resistente di Sulfolobus

Il Parco Nazionale di Yellowstone ospita numerosi luoghi mozzafiato: le luminose e vibranti sorgenti di cloruro alcalino come Old Faithful e Grand Prismatic, le bellissime piscine rocciose di carbonato di calcio come quelle che si trovano alle Mammoth Hot Springs, che mostrano le loro splendide cascate bianche di calcare. Questi panorami, tuttavia, impallidiscono rispetto alla straordinariamente colorata Emerald Hot Spring. Questa perla della natura è incredibilmente acida al punto da dissolvere le stesse rocce al suo interno! Qualsiasi sfortunato vagabondo che cadesse qui troverebbe una fine raccapricciante e si dissolverebbe completamente. Eppure, questa pozza di acido bollente pullula di vita!

La Emerald Hot Spring ospita numerose specie ipertermofile. Una di queste è Sulfolobus acidocaldarius, specie assolutamente acidofila e termofila. Questo organismo unicellulare cresce in modo ottimale a 80°C e pH 2 e prospera nelle calde sorgenti acide di Yellowstone. Attraverso l’ossidazione dello zolfo all’interno di queste sorgenti, S. acidocaldarius è responsabile anche della creazione dell’acido solforico tossico che esso stesso abita.

fibra Sulfolobus a Yellowstone
Figura 1 – Nella Emerald Hot Spring è stato scoperta una fibra proteica molto stabile, prodotta da Sulfolobus acidocaldarius che riesce a sopravvive all’acido bollente di questa pozza

L’enigma di Sulfolobus acidocaldarius

Un gruppo di ricerca si è interessato a capire come possa esistere la vita in luoghi così estremi, e S. acidocaldarius è diventato pertanto l’organismo modello perfetto per questa ricerca. Un enigma importante è stato capire come le cellule di S. acidocaldarius interagiscono tra loro e formano biofilm. Per fare ciò, questo microrganismo utilizza specifici filamenti proteici. S. acidocaldarius produce quattro diversi filamenti proteici, ciascuno super stabile e unico nella sua funzione. Riuscendo a determinare la struttura di questi filamenti, non solo otterremo informazioni su quali parametri biofisici consentono loro di resistere ad ambienti così caldi e acidi, ma capiremmo anche come progettare nanomateriali a base di proteine ​​altamente robuste, ma allo stesso tempo biodegradabili per una miriade di applicazioni pratiche.

Sulfolobus acidocaldarius riesce a produrre una fibra proteica, chiamata "filo" che è fondamentale per lo sviluppo di nuovi materiali futuri
Figura 2 – Sulfolobus acidocaldarius riesce a produrre una fibra proteica, chiamata “filo” che è fondamentale per lo sviluppo di nuovi materiali futuri

La cryoEM per studiare le strutture proteiche

E’ stata utilizzata una tecnica di bioimaging all’avanguardia chiamata crio-microscopia elettronica (cryoEM) per risolvere la struttura di uno di questi filamenti, chiamato “filo”. E’ stato coltivato Sulfolobus acidocaldarius in speciali incubatori ed isolato i filamenti dalle cellule. Sono stati quindi congelati i “fili” a temperature molto basse e sono stati fotografati utilizzando un microscopio elettronico a trasmissione. Utilizzando un sofisticato software di analisi delle immagini, è stata generata un’immagine tridimensionale altamente dettagliata del filo, che ha permesso di visualizzarla a risoluzione atomica.

Con grande sorpresa, la struttura del filo ha rivelato una tipologia finora sconosciuta di filamenti proteici. I fili sono costituiti da subunità proteiche a forma di “girino”, che sono concatenate come perline su un filo. Le subunità sono tenute insieme da legami estremamente forti; ogni subunità a forma di girino inserisce la coda nella testa della subunità successiva lungo la catena. La stabilità di queste connessioni è ulteriormente aumentata dai cosiddetti legami isopeptidici. Questi sono legami covalenti tra due proteine, che sono altamente stabili, ma di natura insolita. Ad oggi, i fili sono l’unico tipo di filamento con questi particolari legami isopeptidici.

Conclusioni sulla fibra proteica di Sulfolobus

Un’altra caratteristica interessante è che i fili sono rivestiti con molecole di saccaridiche ramificate, chiamate glicani. Negli esseri umani, questi glicani funzionano in parte per impedire al sistema immunitario di prendere di mira le proprie cellule. Allo stesso modo, negli Archaea, i glicani sono utilizzati nell’interazione e nella comunicazione cellula-cellula. I nostri dati mostrano che molti fili possono essere allineati in parallelo. In questi “cavi”, i glicani mediano le interazioni tra i fili. E’ probabile che la formazione del cavo consenta alle cellule vicine di formare connessioni con ciascuna e quando queste connessioni si formano tra molte cellule, viene generato un biofilm. La natura altamente stabile dei fili aiuta questi biofilm a rimanere collegati, anche nelle dure condizioni delle bollenti sorgenti acide nel Parco Nazionale di Yellowstone.

Fonti

  • Matthew C. Gaines, Michail N. Isupov, Shamphavi Sivabalasarma, Risat Ul Haque, Mathew McLaren, Clara L. Mollat, Patrick Tripp, Alexander Neuhaus, Vicki A. M. Gold, Sonja-Verena Albers & Bertram Daum Nature Communications volume 13, Article number: 7411 (2022) – link
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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