Biomagnificazione: la migrazione degli agenti chimici

Un problema comune

Tanto si parla di contaminanti ambientali, sostanze che alterano gli ecosistemi provocando spesso gravi danni all’ambiente. Il problema può sembrare distante, di esclusiva pertinenza dei media, ma ci coinvolge direttamente, molto più di quello che possiamo pensare. La presenza di queste sostanze non si limita solamente agli oceani, ai fiumi o alle foreste, ma, a causa del noto fenomeno della biomagnificazione, anche ai prodotti che finiscono sulle nostre tavole.

Che cos’è la biomagnificazione?

Prima di rispondere alla domanda è necessario introdurre il concetto di bioaccumulo, fenomeno strettamente legato alla biomagnificazione.

Il bioaccumulo (Fig. 1) è il processo tramite il quale gli xenobiotici, sostanze estranee all’organismo, si accumulano all’interno dello stesso a concentrazioni superiori rispetto a quelle dell’ambiente in cui vive. L’esposizione a questi xenobiotici, a seconda della loro natura, può avvenire tramite inalazione, ingestione o semplice contatto e coinvolge soprattutto il tessuto adiposo ed il sistema nervoso centrale.

La biomagnificazione (Fig. 1) è il processo attreverso il quale queste sostanze bioaccumulabili aumentano la loro concentrazione nel tempo passando da un livello della rete trofica (catena alimentare) a quello successivo. Questo porta ad un aumento della loro concentrazione (amplificazione) da preda a predatore nel corso della salita lungo la piramide ecologica.

Rappresentazione schematica dei processi di bioaccumulo e biomagnificazione
Figura 1 – Rappresentazione schematica dei processi di bioaccumulo e biomagnificazione [Fonte: immagine personale].

I principali contaminanti

Le sostanze bioaccumulabili e biomagnificabili per eccellenza sono rappresentate dai POPs (Persistent Organic Pollutants), classe molto varia di sostanze persistenti e difficilmente degradabili in grado di accumularsi in grandi quantità all’interno degli organismi viventi.

Fra queste troviamo farmaci, metalli pesanti, PCB (policlorobifenili), POC (pesticidi organo clorurati), DDT e radionuclidi. Va sottolineato che non necessariamente tutto ciò che si può bioaccumulare possa anche biomagnificare (es. metalli pesanti).

Uno degli esempi più noti è quello del metilmercurio, forma metilata dello ione mercurio, sostanza altamente tossica e persistente che viene prevalentemente prodotta dalle attività industriali.

Il metilmercurio è liposolubile, in grado quindi di accumularsi nel tessuto adiposo degli organismi viventi e biomagnificare. Questa sua capacità lo rende un pericolo per la salute. Infatti, anche se presente a bassissime concentrazioni nelle acque marine, questo biomagnifica passando dai piccoli organismi (es. plankton) ad organismi più grandi e complessi (es. pesci) aumentando la sue concentrazioni nel risalire la catena trofica (Fig. 2).

Questo porta le specie più grandi e longeve come tonni, sgombri e pesci spada ad accumulare elevate concentrazioni della sostanza repprensentando così anche un rischio per la salute umana. Nota è, infatti, la sua capacità di danneggiare il sistema nervoso centrale provocando danni irreversibili.

Migrazione ed amplificazione del metilmercurio tramite il processo di biomagnificazione
Figura 2 – Migrazione ed amplificazione del metilmercurio tramite il processo di biomagnificazione [Fonte: www.flickr.com].

Biomagnificazione e rischi per la salute

La biomagnificazione non è un fenomeno potenzialmente dannoso solo per l’ambiente, ma anche per la salute umana. Questo alla luce del fatto che anche l’essere umano è parte integrante dell’ambiente e della catena alimentare.

L’ingestione di alimenti la cui concentrazione di questi xenobiotici risulta elevata è probabilmente il principale meccanismo di esposizione a tali sostanze.

Oltre a quanto già descritto, si deve anche considerare la difficoltà della loro degradazione e smaltimento. Queste molecole sono per gran parte non idrosolubili, non eliminabili tramite le urine, e tendono quindi ad accumularsi nell’organismo.

Oltre ai danni al sistema nervoso centrale, come osservato per il metilmercurio, l’esposizione cronica a queste molecole può portare alla disfunzione del sistema immunitario e riproduttivo, disordini neurologici e comportamentali o ad effetti mutageni e cancerogeni.

Il fenomeno della biomagnificazione non può certamente essere eliminato, così come la presenza di certi contaminanti nell’ambiente. Possiamo però controllare la nostra alimentazione minimizzando l’eventuale esposizione a questi composti, ad esempio riducendo notevolmente il consumo di carne e soprattuto di pesce.

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Francesco Raimondi

Intraprendo la carriera di biologo presso l'Università di Bologna conseguendo la laurea magistrale in Biodiversità ed Evoluzione. Proseguo gli studi specializzandomi nel settore ambientale tramite il Master di II livello " Caratterizzazione e risanamento di siti contaminati" presso Cà Foscari Challenge School. Attualmente lavoro come specialista in microbiologia presso un laboratorio di analisi ambientali a Bologna e faccio parte del comitato scientifico di Wildlife Initiative, associazione attiva nel campo del conservazione.

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