Drug repurposing, strategia contro l’antibiotico-resistenza

Drug repurposing

L’antibiotico resistenza è ormai un problema noto e la comunità scientifica si sta adoperando per affrontarla nel più breve tempo possibile. Oltre alla riduzione dell’uso degli antibiotici, per rallentare la diffusione e la selezione di nuovi ceppi resistenti, la soluzione è la produzione di nuovi farmaci.

Il processo tradizionale di scoperta dei farmaci risulta, però, estremamente lento e costoso, portando ad uno scoraggiamento dei team di ricerca e a un ritardo nella scoperta di nuove molecole che sono invece molto urgenti. A volte poi, come ci insegna la pandemia da Covid-19, non c’è il tempo di attendere l’arrivo di un nuovo farmaco.
In questo scenario si inserisce il drug repurposing, strategia che consiste nell’utilizzare (quasi riciclare) dei farmaci noti per una nuova indicazione terapeutica, diversa da quella originaria.

La resistenza agli antibiotici: un problema sempre più evidente

Dal lontano 1928, quando Fleming descrisse per la prima volta la muffa dai poteri battericidi, sono stati tantissimi gli antibiotici identificati, portando ad un loro uso crescente. Questo utilizzo massivo ha ben presto portato alla selezione di ceppi resistenti agli antibiotici, generando una preoccupazione ormai globale.
Il nuovo rapporto GLASS (Global Antimicrobial Resistence and Use Surveillance System) rilasciato a dicembre 2022, conferma ciò che già sapevamo, fornendo i tassi di resistenza antibiotica e i dati sul consumo di antimicrobici nell’uomo.

Lo studio riporta variazioni non molto elevate della resistenza mediana nel 2020 rispetto a quella del 2017. Ciò indica una certa stabilità della resistenza, anche se alcune combinazioni di antibiotico/patogeno iniziano a destare preoccupazione, poiché superiori al 50%. È questo il caso di Klebisella pneumoniae la cui resistenza alle cefalosporine di terza generazione risulta essere del 63,7% nel 2020 o Acinetobacter spp. il cui valore di resistenza ai carbapenemi nel 2020 era del 72,9%.

La necessità di individuare nuovi farmaci

Il progressivo avanzare delle resistenze agli antibiotici sta rendendo sempre più urgente la necessità di sviluppare nuove molecole antibiotiche. Purtroppo tale urgenza è contrapposta alla lunga durata delle sperimentazioni richieste dal tradizionale processo di ricerca e sviluppo dei farmaci. Alla lunga durata della sperimentazione corrispondono anche costi elevati per condurre gli studi, non sempre facilmente affrontabili.

Le fasi di sviluppo di un farmaco

Vediamo in breve le fasi che compongono il lungo processo di sviluppo di un farmaco, della durata di circa 10-17 anni:

  • Fase di scoperta e sviluppo: è la fase iniziale, della durata di qualche anno, durante la quale si studiano dal punto di vista chimico-fisico un largo numero di molecole promettenti.
  • Fase preclinica: ha la durata di circa un paio d’anni e prevede lo studio delle molecole allo scopo di verificarne eventuali tossicità, prima in vitro e poi in vivo. In questa fase molte molecole vengono scartate, perché non risultano sicure.
  • Fase clinica: vi arrivano solo le molecole che hanno superato le due fasi precedenti e a sua volta è distinta in 4 diverse fasi:
    • Fase I: viene condotta su volontari sani e ha una durata di diversi mesi.
    • Fase II: viene condotta su pazienti affetti dalla malattia e può durare fino a 2 anni.
    • Fase III: si valuta l’efficacia del trattamento in casistiche più ampie e meno selezionate, per confermare o meno i risultati della fase II. Questa fase dura da 1 a 4 anni.
    • Fase IV: gli obiettivi di tale fase, che avviene dopo l’immissione in commercio del farmaco, sono individuare ulteriori possibili utilizzazioni terapeutiche rispetto a quella principale ed eventuali effetti collaterali non rilevabili nelle sperimentazioni cliniche precedenti.

Al termine di questa lunga trafila, il farmaco che ha superato indenne tutte le fasi di sperimentazione, può essere approvato.

Il drug repurposing: possibile soluzione per accelerare la scoperta di nuovi farmaci?

Un approccio alternativo, recentemente proposto per ridurre i tempi di scoperta dei farmaci, è il “Drug Repurposing“.

Con questo approccio si intende “riposizionare” dei farmaci già approvati, trovando loro una nuova applicazione per indicazioni terapeutiche diverse dall’originale. In tal modo, si lavora con farmaci già ampiamente utilizzati il cui profilo farmacocinetico è già noto, così come sono note le informazioni sulla tossicità e sulla sicurezza. Questo permette ai ricercatori di bypassare alcuni test, risparmiando tempo e denaro.

Il drug repurposing può prevedere anche l’utilizzo di farmaci che in passato hanno raggiunto la fase II o III degli studi clinici, dimostrando di essere sicuri, ma non hanno ottenuto buoni risultati per una particolare indicazione terapeutica e sono quindi al momento inutilizzati. Questo permetterebbe di recuperare il tempo e i soldi spesi nello studio di tali molecole che sono state “stoppate” nelle ultime fasi della sperimentazione.

Rappresentazione schematica delle fasi del processo tradizionale di scoperta di un farmaco e del  drug repurposing a confronto
Figura 1 – Rappresentazione schematica delle fasi del processo tradizionale di scoperta di un farmaco e del drug repurposing a confronto

L’urgenza di dover far fronte ad una sempre crescente resistenza agli antibiotici, fa si che strategie rapide come quella del “drug repurposing”, possano risultare vincenti.

Esempi di Repurposed drugs

Al momento, nonostante varie molecole abbiano dimostrato di essere attive nei confronti di diversi agenti infettivi, non ci sono molecole riposizionate in tal senso. Ad oggi, però, si annoverano diversi farmaci riposizionati in altri ambiti, molti dei quali riposizionati grazie a scoperte serendipiche avvenute osservando effetti collaterali o effetti off-target.

Ne è un esempio il Minoxidil, farmaco originalmente sviluppato per il trattamento dell’ipertensione, poi riformulato per il trattamento della perdita di capelli. Altro farmaco il cui riposizionamento è andato a buon fine è il Bupropione, usato inizialmente solo per la cura di sindromi depressive e riposizionato successivamente anche come terapia per la disassuefazione dal fumo.

Queste storie di successo di repurposing sono una prova della fattibilità e dell’efficacia della strategia di repurposing dei farmaci.

Fonti

  • Global antimicrobial resistance and use surveillance system (GLASS) report 2022. Geneva: World Health Organization; 2022. Licence: CC BY-NC-SA 3.0 IGO.
  • https://www.aifa.gov.it/sperimentazione-clinica-dei-farmaci
  • J. Langedijk, A. K. Mantel-Teeuwisse, D. S. Slijkerman, and M. H. D. B. Schutjens, “Drug repositioning and repurposing: terminology and definitions in literature”, Drug Discovery Today, 2015, doi: 10.1016/j.drudis.2015.05.001.
  • https://www.fda.gov/patients/learn-about-drug-and-device-approvals/drug-development-process
  • M. A. Farha and E. D. Brown, “Drug repurposing for antimicrobial discovery”, Nature Microbiology, 2019, doi: 10.1038/s41564-019-0357-1.
  • https://www.aifa.gov.it/-/storia-dei-farmaci-la-scoperta-degli-antibiotici#:~:text=Nel%201895%20descrisse%20il%20potere,via%20alla%20nascita%20degli%20antibiotici%E2%80%9D.
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Veronica Lupetti

Sono Veronica, laureata in Farmacia e appassionata di scienza e in particolare di microbiologia. Attualmente sto ultimando un dottorato di ricerca in microbiologia, che mi ha permesso di appassionarmi sempre di più a questo campo. Parallelamente, sto arricchendo il mio percorso con corso di laurea in CTF. Questo approccio multidisciplinare mi ha fornito una prospettiva più ampia sulla scienza, consentendomi di connettere i punti tra diverse discipline. Il mio impegno nello studio, come nella divulgazione scientifica, è motivato dalla mia insaziabile curiosità e attraverso Microbiologia Italia cerco di trasmettere questa passione anche agli altri.