Hai mai sentito parlare dei licheni? Se sì, sei sicuro di sapere cosa siano per davvero?
I licheni (Figura 1) infatti sono degli organismi “strani”: molti pensano che siano delle specie vegetali o animali, altri pensano che siano dei funghi… Invece, niente di tutto questo! Scopriamo insieme cosa sono i licheni e perché sono utili per l’uomo come bioindicatori della qualità dell’aria.

I licheni
I licheni sono degli organismi simbionti tra un fotobionte (un’alga o un cianobatterio) ed un micobionte (un fungo). La simbiosi (Figura 2) è una forma di coesistenza obbligata che si instaura tra due o più organismi differenti ed è necessaria per la sopravvivenza di tutte le specie coinvolte. Nel caso dei licheni, ad esempio, il fungo fornisce acqua e sali minerali all’alga o al cianobatterio, mentre quest’ultimo procura al fungo il nutrimento di cui ha bisogno mediante la fotosintesi clorofilliana.

Non tutte le specie licheniche però sono simbionti: nei taxa meno evoluti, infatti, l’unione dei due organismi è più una forma di parassitismo del fungo sull’alga, che viene sfruttata per le sue capacità di fotosintesi.
I licheni sono presenti in moltissimi ambienti, anche molto diversi tra loro, ed oggi si stima che le specie licheniche esistenti siano circa 13000, di cui 2000 in Italia.
Struttura e morfologia dei licheni
I licheni, proprio perché simbionti, hanno una struttura molto particolare e diversificata a seconda della specie: ciò che li accomuna è il corpo, detto tallo, che può avere una morfologia crostosa (molto aderente al substrato), fogliosa (con lobi appiattiti che crescono paralleli al substrato) o frutticosa (con tallo ramificato e dall’aspetto cespuglioso).

Il tallo non ha radici (Figura 5) che penetrano all’interno del substrato, piuttosto il corpo del lichene aderisce allo stesso. I licheni colonizzano principalmente substrati come superfici rocciose, il suolo, cortecce di alberi, foglie, ma anche vetro, asfalto e cemento. La simbiosi tra l’alga e il fungo permette infatti ai licheni di avere una straordinaria capacità di adattamento. Mancando di apparato radiale, per il loro metabolismo dipendono dagli scambi gassosi e dalle deposizioni secche ed umide provenienti dall’atmosfera, e il loro stato di idratazione è determinato perlopiù dal tasso di umidità atmosferica.

Sono sprovvisti, inoltre, della cuticola superficiale e questo favorisce l’assorbimento degli elementi nutritivi ma anche dei contaminanti atmosferici in forma gassosa, in soluzione o associati al particolato.
I licheni come bioindicatori
Per le loro caratteristiche morfologiche, metaboliche e adattative, i licheni forniscono ottime indicazioni sullo stato dell’aria: come detto, infatti, il loro metabolismo dipende quasi esclusivamente dall’atmosfera. Perciò vengono ampiamente utilizzati sia come bioindicatori che come bioaccumulatori.
I primi studi sulla sensibilità dei licheni all’inquinamento atmosferico risalgono al 1859, anno in cui in Inghilterra il ricercatore Grindon aveva osservato come le comunità licheniche si impoverivano fino a scomparire nelle aree industriali o fortemente urbanizzate. Solo nel 1958, poi, il biomonitoraggio tramite licheni è stato adottato su larga scala grazie alla disponibilità di dati diretti sull’inquinamento necessari per quantificare le relazioni tra inquinamento e risposte biologiche dei licheni.

Le caratteristiche dei licheni
Le principali caratteristiche che fanno dei licheni ottimi strumenti per il biomonitoraggio ambientali sono:
- L’assenza di strutture di protezione e selezione rispetto alle sostanze presenti nell’ambiente esterno. Essi infatti assorbono tutte le sostanze presenti nell’atmosfera e sono i primi a risentire della presenza di sostanze fitotossiche. Inoltre, sono in grado di accumulare elevati livelli di contaminanti atmosferici come metalli, idrocarburi, radionuclidi, floruri e anidride solforosa.
- Resistenza agli stress ambientali, come lo stress idrico. In situazioni di stress idrico essi rallentano le loro attività metaboliche e aumenta la loro resistenza agli inquinanti atmosferici.

- Impossibilità di liberarsi periodicamente delle parti vecchie o intossicate: i talli non possono liberarsi delle sostanze contaminanti accumulate mediante meccanismi di secrezione attiva, per questo sono utili per monitorare la qualità dell’aria nel corso di periodi molto lunghi.
- Lento accrescimento e longevità: queste caratteristiche permettono una stima dell’inquinamento su tempi lunghi.
- Tolleranze diverse agli inquinanti: sono state elaborate scale di tolleranza delle specie licheniche nei confronti della concentrazione media di anidride solforosa. Queste permettono di stimare il grado di inquinamento a partire dalla flora lichenica del posto.
Le risposte biologiche dei licheni
Come reagiscono i licheni alle varie forme di stress ambientale e presenza di inquinanti atmosferici? Attraverso le seguenti risposte biologiche e metaboliche:
- Riduzione dell’attività di fotosintesi e respirazione: l’anidride solforosa è il principale inquinante che interessa i licheni. Se presente in eccessive quantità, tutti i processi metabolici del lichene vengono colpiti: fotosintesi, respirazione e flusso di nutrienti. L’anidride solforosa solubilizzandosi infatti si converte in acido solforico che causa l’abbassamento del pH del substrato e l’ossidazione della clorofilla, limitando la fotosintesi.
- Alterazione della forma e del colore del tallo: avvicinandosi alle sorgenti inquinanti, il tallo si scolorisce e compaiono delle macchie marroni o zone necrotiche che possono distaccarsi dal substrato.
- Riduzione della fertilità: questa diminuisce in funzione del tempo di esposizione e dell’avvicinamento alla fonte inquinante.
- Alterazione della comunità lichenica: nelle zone più inquinate sono maggiormente presenti licheni crostosi, mentre nelle zone meno inquinate troviamo più licheni foliosi. Questo perché le specie crostose offrono una minore superficie di scambio rispetto alle foliose e sono più idrorepellenti, per questo assorbono meno inquinanti.
- Riduzione del numero totale di licheni nel tempo e nello spazio in funzione dell’inquinamento.
Tecniche di biomonitoraggio tramite licheni
L’utilizzo dei licheni come bioindicatori si basa sulle modificazioni delle comunità licheniche sui tronchi degli alberi indotte dalla presenza di sostanze gassose ed in particolare di anidride solforosa. Esistono diverse tecniche di bioindicazione tramite licheni. La scelta della tecnica dipende dal soggetto dell’indagine e da altri fattori: tipo di inquinamento, caratteristiche dell’area di studio, strumentazione disponibile, limiti temporali ed economici.
Le principali metodiche sviluppate nel corso degli anni sono di seguito riportate.
Indici di biodiversità
- Proposta da De Sloover nel 1964, questa tecnica permette di fare una valutazione quantitativa dell’inquinamento atmosferico tramite un Indice di Purezza Atmosferica (IAP). L’IAP si basa su numero, frequenza e tolleranza agli inquinanti delle specie di licheni epifiti (capaci cioè di crescere sui tronchi e sui rami degli alberi) nell’area di studio.
Valutazione indiretta tramite indici ecologici
- I valori degli indici ecologici esprimono, mediante una scala numerica suddivisa in classi, l’intervallo di tolleranza dei licheni rispetto a diversi fattori ecologici. Tra questi il pH del substrato, le radiazioni solari, l’aridità e l’eutrofizzazione. La valutazione indiretta dell’inquinamento tramite l’uso di indici ecologici si utilizza soprattutto per le sostanze che modificano il pH del substrato (polveri calcaree, anidride solforosa, fertilizzanti inorganici, ecc.).

Carte basate su parametri floristici e vegetazionali
- Queste tecniche consistono nella mappatura dell’area di studio sulla base di una o più specie licheniche. Si può mappare la distribuzione delle singole specie oppure si può eseguire la mappatura sulla base di un certo parametro. Tra i parametri utilizzati troviamo, ad esempio, la percentuale di copertura, la frequenza relativa, i tassi di fotosintesi, il grado di danneggiamento dei talli, ecc. In questo modo, è possibile utilizzare un numero ridotto di specie indicatrici per valutare il tasso di inquinamento.
Trapianti lichenici
- Queste tecniche consistono nel trapiantare in zone inquinate talli lichenici raccolti in zone non inquinate. Dopo un periodo di esposizione di durata variabile si analizzano le modificazioni morfologiche e il tasso di mortalità dei talli per stimare il livello di inquinamento. Questi approcci permettono di studiare anche zone dove i licheni, a causa dell’elevato tasso di inquinamento, non crescono naturalmente (aree di “deserto lichenico”).
Fonti
- http://www.csmon-life.eu
- Aschenbrenner Ines A., Cernava Tomislav, Berg Gabriele, Grube Martin (2016) Understanding Microbial Multi-Species Symbioses Frontiers in Microbiology 10.3389/fmicb.2016.00180
- http://obiettivolicheni.altervista.org/corso/progetto.html