Sindrome dell’arto fantasma

Definizione e caratteristiche della sindrome dell’arto fantasma

La sindrome dell’arto fantasma è una particolare condizione patologica che insorge a seguito dell’amputazione di un arto in conseguenza di gravi traumi, incidenti, tumori, infezioni o malattie vascolari. Il paziente continua a percepire l’arto mancante come parte integrante del corpo, sebbene non sia più presente. Tale illusione può diminuire nel tempo, ma solitamente tende a persistere durando tutta la vita, e può essere risvegliata da una ferita nel moncone o da altri disturbi. Può essere una problematica di secondaria importanza o essere totalmente invalidante.

Tale sindrome, però, si può manifestare anche a seguito di rimozione chirurgica di altre parti del corpo, quali seno, occhi o visceri, oppure in pazienti con perdita sensoriale dovuta a lesione del midollo spinale, in cui vi è assenza della normale sensibilità (e in quest’ultimo caso si parla di “sensazione fantasma”).

I pazienti affetti da sindrome da arto fantasma possono presentare sia sensazioni dolorose che non dolorose. Le prime sono largamente soggettive, estremamente acute e, solitamente, spaziano tra sensazioni di freddo o pressione, compressione o torsione dell’arto, palpitazioni doloranti, crampi, percezioni di punture dolorose, scosse elettriche o formicolio.

Dolore

Il dolore nella sindrome da arto fantasma presenta caratteristiche peculiari, quali:

  • Durata: il dolore può essere sia costante, sia intermittente
  • Comparsa: può insorgere immediatamente dopo l’amputazione o dopo giorni, settimane o anni
  • Sito di localizzazione: solitamente vengono colpite le parti dell’arto più lontane dal corpo, ad esempio le dita o le mani

Inoltre, vi sono fattori che lo intensificano e altri che lo attenuano. Tra i primi ricordiamo basse temperature o in generale determinati tipi di clima, l’essere toccato in altre parti del corpo, stress emotivo, ansia, depressione, insonnia, la preoccupazione incessante, la concomitanza con altri dolori.

Tra i secondi, da ricordare sono il riposo, la distrazione, i massaggi sul moncone, le applicazioni tiepide e fresche.

Le percezioni non dolorose, invece, sono caratterizzate dalla continua percezione di movimento dell’arto mancante e dalle sensazioni prodotte dall’ambiente esterno.

Cenni storici

La scoperta della sindrome dell’arto fantasma avvenne nel XVI secolo, tramite la sintomatologia riferita da pazienti militari che subivano amputazioni a seguito delle battaglie. Per lungo tempo tale condizione fu ampiamente sottovalutata e i soggetti affetti non lamentavano i loro problemi per non essere considerati instabili, oppure venivano tacciati come pazzi e curati come malati psichiatrici.

Il primo studioso a parlarne fu, nel 1552, Ambroise Parè, colui che viene considerato padre della chirurgia moderna e che, infatti, operò molti soldati e reduci di guerra.

Nel 1872, il medico e scrittore statunitense Mitchell, poco dopo la guerra di secessione americana, notò che molti reduci che avevano subito l’amputazione sentivano la presenza dell’arto scomparso e dolori, anche molto forti, localizzati in quella zona.

Successivamente, nel XVII, il filosofo razionale Descartes sostenne che il dolore dato dall’amputazione è governato dall’interazione tra cervello e anima.

Uller, invece, dimostrò come le variazioni climatiche incidessero sul dolore da arto fantasma, modificandone parzialmente la sintomatologia.

Bell dimostrò che mediante la stimolazione nervosa si potevano scatenare risposte dolorose nell’amputato, e introdusse anche il concetto di propriocezione, descrivendo il sistema nervoso come un insieme di nervi motori e sensoriali che comunicano col cervello.

Nel 1986, Fisher introdusse un concetto che risulterà essere importante anche ai fini delle terapie messe in atto per la cura di questa sindrome, ovvero quello dell’immagine corporea.

Meccanismi e teorie insorgenza della sindrome dell’arto fantasma

Inizialmente si pensava che il dolore da arto fantasma fosse dovuto all’irritazione del neuroma. Esso è il risultato della proliferazione di cellule di Schwann e di fibre nervose in conseguenza di un trauma ad un nervo periferico che ne ha comportato l’interruzione, ed è un tentativo vano di rigenerazione dello stesso. Tale ipotesi si è poi rivelata inefficace, e talvolta i medici si sono trovati a dover recidere le terminazioni dei nervi pur di liberare il paziente dal dolore.

I meccanismi che si ritiene essere alla base dell’insorgenza della sindrome da arto fantasma sono tre:

  • Periferici: perdita o alterazione attività dei nervi periferici, che causa dolore
  • Centrali: alterazioni intratalamiche
  • Psicologici: spesso, l’esordio del dolore da arto fantasma si verifica in concomitanza con la comparsa di disturbi di carattere emotivo.

Attualmente sembra che l’ipotesi più accreditata preveda l’interazione di tutti questi meccanismi.

Inoltre, nel corso del tempo sono state formulate diverse teorie per spiegare la comparsa di tale fenomeno.

Varie teorie

Una di queste è quella del Neuromatrix proposta da Melzack, secondo cui esiste un insieme di neuroni (Neuromatrix) che integra diverse informazioni provenienti dal corpo (visive, limbiche, somatosensoriali), con alcune componenti talamiche, creando un output (Neurosignature) che corrisponde all’immagine corporea. Quando la Neuromatrix non riceve più i segnali provenienti dall’arto, crea un Neurosignature anomalo che innesca il dolore.

Un’altra ipotesi è quella secondo cui il dolore da arto fantasma sia correlato alla cosiddetta memoria propriocettiva, ossia alle informazioni provenienti dal nostro corpo, che vengono conservate anche in seguito all’amputazione. Siccome non vi è la possibilità di ricevere input inibitori da un arto che non è più presente, tali informazioni propriocettive vengono ripetute.

Collegato alla propriocezione vi è il concetto di “immagine corporea”, cioè l’immagine del nostro corpo che formiamo nella nostra mente, cioè una percezione, da distinguere rispetto allo schema corporeo, legato al movimento e alle nostre azioni.

Nei primi anni ‘90, Pons dimostrò che il cervello si poteva riorganizzare in seguito all’eliminazione della sensazione dell’arto mancante.

Sulla base di questa ipotesi nacque quella del neurologo Ramachandran, secondo cui in caso di amputazione, il cervello subisce cambiamenti importanti a livello della corteccia somatosensoriale, e la sensazione dell’arto fantasma è dovuta alla stimolazione corticale dell’arto perso.

Egli compì un passo decisivo nello studio dell’arto fantasma, associandovi la teoria dei Neuroni Specchio. Essi sono un tipo particolare di neuroni corticali che si attivano sia quando si compie un’azione o si esperisce un’emozione in prima persona, sia quando si osservano mentre vengono esperite dagli altri.

L’ipotesi della riorganizzazione corticale avanzata da Ramachandran sembra essere quella attualmente più accreditata. Tale riorganizzazione è possibile grazie ad una caratteristica fondamentale del cervello, ossia la plasticità, cioè la sua capacità di modificare la stabilità delle connessioni neurali.

Mappa sensoriale e Homunculus di Penfield

Collegato al concetto di riorganizzazione corticale vi è quello della mappa sensoriale. Essa è presente proprio all’interno della corteccia e consiste nel fatto che ogni parte del nostro corpo ha un’area dedicata che riceve ed elabora le informazioni provenienti da quello specifico segmento. Questo presuppone che le aree che a causa di un’amputazione non ricevono più gli stimoli provenienti dalla struttura mancante vengano riempite da quelli provenienti dalle aree immediatamente adiacenti. Da questo consegue che lo schema corporeo presente nel nostro cervello persiste, nonostante dall’area amputata non giungano più impulsi nervosi. Inoltre, quando una parte del corpo non c’è più, il cervello interpreta la mancanza di segnale come sensazione dolorosa. Nel caso specifico del braccio, la zona adibita alla ricezione dei suoi stimoli è adiacente a quella che si occupa della ricezione degli stimoli del viso.

Tutte le aree sono organizzate secondo uno schema ed un ordine ben precisi, identificati nel cosiddetto Homunculus somatosensoriale di Penfield. Esso possiede caratteristiche ben precise: la sua organizzazione topografica rispecchia in linea di massima l’ordine anatomico, pur non essendo preciso. Inoltre, le varie parti che lo compongono sono sproporzionate (da qui la motivazione del suo nome), perché le loro dimensioni non rispecchiano la dimensione reale ma l’entità del dolore provato e conseguentemente la quantità di terminazioni nervose presenti in esse. (Fig. 1)

rappresentazione Homunculus di Penfield e segnalazione aree cerebrali di ricezione degli impulsi nervosi
Figura 1 – Homunculus Somatosensoriale di Penfield [Fonte: Wikipedia]

Trattamento della sindrome da arto fantasma

Ai fini del trattamento della sintomatologia della sindrome da arto fantasma, vengono attuate diverse strategie terapeutiche, quali terapie mediche, fisiche, psicologiche e terapie alternative, sempre tenendo presente che le caratteristiche personali dei pazienti possono influire sulla riuscita del trattamento.

Le terapie mediche comprendono:

  • analgesici
  • anestesie locali e regionali
  • anticonvulsivanti
  • antidepressivi
  • sedativi
  • beta-bloccanti

Quelle fisiche comprendono:

  • agopuntura
  • percussione del moncone con un martelletto
  • desensibilizzazione del moncone
  • stimolazione elettrica del moncone
  • applicazione o adattamento delle protesi
  • applicazione del caldo e del freddo al moncone
  • massaggio del moncone
  • vibrazione del moncone
  • T.E.N.S.

Le terapie psicologiche comprendono:

  • rassicurazione
  • ipnosi
  • psicoterapia
  • terapia comportamentale
  • psicoterapia di gruppo

Infine, quelle alternative comprendono:

  • Mirror Box Therapy
  • Observation Therapy
  • terapia tramite visualizzazione mentale

Mirror Box therapy

Ideata e messa a punto da Ramachandran, tale terapia si basa sul funzionamento e sull’attivazione dei Neuroni Specchio, sfruttando la loro capacità di farlo non solo durante il compimento di azioni in prima persona, ma anche con la loro osservazione mentre vengono compiute da altri. Alla base di questa terapia vi è l’idea che si possa ricreare la rappresentazione cerebrale dell’arto grazie al feedback visivo di un suo movimento.

Essa si serve della cosiddetta “scatola della realtà virtuale”, dotata di uno specchio che la divide in due parti, e di due fori in cui poter inserire gli arti. Costruita in questo modo, tale scatola riflette l’arto sano. Tramite il movimento simultaneo di questo e del moncone, il paziente ha la sensazione di agire con l’arto fantasma. Parimenti, tenendo il braccio a riposo, egli ha la sensazione di tener fermo anche l’arto fantasma, illudendo il cervello e permettendo al dolore, in tal modo, di attenuarsi.

Dagli esperimenti compiuti è emerso che esercizi quotidiani con lo specchio portano alla completa scomparsa dell’arto fantasma e del dolore da esso provocato, essendo utile sia durante la fase acuta che durante quella cronica.

Un limite, invece, è la sua applicazione in casi di amputazione bilaterale, in cui non c’è l’arto sano la cui immagine riflessa possa restituire al soggetto l’illusione ottica della presenza di quello controlaterale. (Fig. 2)

Esercizio di un arto superiore all'interno della scatola della realtà virtuale
Figura 2 – Scatola della realtà virtuale [Fonte: Wikipedia]

Observation Therapy

Terapia d’elezione nei casi di amputazione bilaterale, essa si basa sull’osservazione dei movimenti compiuti dal terapeuta sia direttamente che attraverso un video. La sequenza dei movimenti effettuati deve essere stabilita in precedenza o comunque comunicata al paziente subito prima della sua esecuzione, in modo tale che quel movimento sia più simile e simultaneo possibile all’intenzione motoria del paziente.

A differenza della Mirror Box Therapy, in questo caso il cervello del soggetto identifica la parte mancante del proprio corpo con una struttura completamente staccata da lui.

Anche questo tipo di terapia è basato sul funzionamento dei Neuroni Specchio.

Terapia tramite visualizzazione mentale

Tale terapia consiste nel chiedere al paziente di visualizzare mentalmente sé stesso mentre compie uno specifico movimento. Anche in questo caso vi è l’attivazione dei Neuroni Specchio.

Aspetti psicologici legati alla sindrome da arto fantasma

Un altro aspetto sul quale porre attenzione nell’analisi di questa condizione patologica è quello psicologico.

L’amputazione è un evento traumatico nella vita del paziente, che in conseguenza di questo vive un conflitto interno tra il sé integro e un’immagine esteriore diversa, acquisita proprio con l’amputazione, e nella quale il paziente non si identifica. Per i pazienti sottoposti a questo tipo di trauma, il “riconoscersi” diventa essenziale. Considerarsi ancora sé stessi nonostante la parte mancante è estremamente importante per la propria autostima. Inoltre, diversi studi dimostrano che l’adattamento del soggetto a questa nuova condizione, generi lo sviluppo di ansia e depressione.

In conclusione, gli aspetti psicologici non determinano l’insorgenza della sindrome, ma la accompagnano e risultano essere fattori incisivi sul miglioramento delle condizioni del soggetto.

Fonti

  • Basile, “La gestione del dolore e della rappresentazione corporea nella sindrome dell’arto fantasma: implicazioni per la fisioterapia”
  • Ortis, “Sindrome da arto fantasma: esercizio fisico e nuove tecnologie per il trattamento”
  • Amasi, Franzini, “L’utilizzo del visual feedback come trattamento del dolore da arto fantasma nei pazienti con amputazione maggiore dell’arto: una revisione narrativa della letteratura”
  • Scaglione, “Sindrome da arto fantasma: trattamento del dolore con neuromodulazione superficiale interattiva”
  • Moscato, “Mirror Box Therapy
  • www.lamenteemeravigliosa.it
  • www.pazienti.it
  • www.thedifferentgroup.com

Fonti immagini

  • Figura 1: www.wikipedia.org
  • Figura 2: www.wikipedia.org
  • Immagine in evidenza: www.wikipedia.org

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