Malattia di Crohn: dall’eziopatogenesi alla gestione clinica

malattia di Crohn
Figura 1 – Malattia di Crohn. [Fonte: https://www.topdoctors.it/]

Caratteristiche della malattia di Crohn

La malattia di Crohn è una patologia infiammatoria cronica che interessa principalmente le mucose intestinali e i tessuti sottostanti ma può estendersi anche ad altri tratti dell’apparato gastrointestinale, dalla bocca all’ano. Il tratto di intestino più frequentemente coinvolto è l’ileo terminale. La malattia di Crohn non è ereditaria, tuttavia numerosi studi dimostrano l’influenza della componente genetica. Ancora oggi non si conosce l’eziologia precisa, né si hanno terapie capaci di risolvere la patologia ma solo di gestirne i sintomi laddove possibile. Considerando lo stato dell’arte, oltre a seguire specifici trattamenti farmacologici, è indispensabile seguire specifici accorgimenti e stili di vita, per mantenere in remissione la patologia.

Eziologia e patogenesi

La malattia di Crohn è di natura sia infiammatoria sia immunitaria; dunque l’eziopatogenesi è multifattoriale. Tra i principali fattori che predispongono alla patologia si hanno: cause genetiche, alterazioni della flora batterica intestinale e della risposta immunitaria, infezioni ricorrenti, fattori ambientali. Considerando la componente genetica, mutazioni a carico del gene CARD15 (gene NOD2), presente sul cromosoma 16, e mutazioni a carico di TLR (Toll like receptor), presenti sulle cellule endoteliali intestinali e sulle cellule presentanti l’antigene, sembrano implicati nella malattia. Secondo alcuni studi, anche altri trenta geni potrebbero risultare coinvolti nella patologia. La malattia di Crohn, tuttavia, non è considerata né di natura ereditaria né di natura genetica.

Segni e sintomi

Sintomi della malattia di Crohn
Figura 2 – Sintomi della malattia di Crohn. [Fonte: https://www.ihy-ihealthyou.com/]

In base alla localizzazione e alla severità dell’infiammazione, i sintomi possono essere di tipo gastrointestinali e/o extraintestinali. La sintomatologia gastrointestinali comprende: nausea e/o vomito, spesso postprandiali e localizzati nella zona centrale dell’addome o nel quadrante addominale inferiore destro; diarrea cronica o occasionale, con possibile comparsa di sangue, dolori o crampi addominali; meteorismo e flatulenza, ulcerazioni intestinali, infiammazione dei dotti biliari, stomatiti e ulcere della bocca.

I sintomi extraintestinali che si possono presentare sono: eritema o ulcere cutanee, dolore muscolo-scheletrico, infiammazione oculare, stanchezza e affaticamento generalizzato con febbre persistente, riduzione dell’appetito e perdita di peso, ritardo nella crescita, sintomi circolatori (aritmie, ipotensione, anemia), sintomi respiratori (tosse, difficoltà respiratoria), sintomi dell’apparato orofaringeo (gonfiore delle labbra, secchezza della bocca, voce rauca). Eventuali complicazioni dell’infiammazione da malattia di Crohn possono essere sia intestinali, ossia occlusioni, ascesso perinatale, perforazione, sia extraintestinali, quali spondilite, artrite, malattie pepato-biliari, infiammazioni cutanee e oculari.

Un’infiammazione cronica di basso grado può generare problemi legati all’invecchiamento cellulare precoce, con tutte le conseguenze dell’invecchiamento.

Diagnosi della malattia di Crohn

La malattia di Crohn non è di facile diagnosi, in quanto il paziente mostra sintomi inizialmente ritenuti di poco conto. Il 20-30% dei casi, infatti, arriva alla diagnosi con malattia già complicata. I sintomi sono comuni ad altre patologie intestinali: intolleranze e allergie alimentari, sindrome dell’intestino irritabile, rettocolite ulcerosa, appendicite infettiva. Per arrivare alla diagnosi si devono combinare una serie di informazioni provenienti dalla visita medica, da indagini endoscopiche, da esami istologici e radiologici. Fondamentale risulta essere un’attenta analisi della storia dello stato di salute della persona. Tra gli esami utili per arrivare alla diagnosi si hanno: esami del sangue, esami strumentali, esami fecali.

Tramite esami del sangue bisognerebbe controllare: emocromo (indice dello stato generale e la presenza di anemia e globuli bianchi), VES (velocità di eritrosedimentazione), pCr (proteina C reattiva), ferro, indici nutrizionali quali vitamina B12, folati, AST e ALT e gamma GT (indici di funzionalità epatica), lipasi pancreatica. Gli esami strumentali utili sono: la colonscopia con biopsia che permette di valutare la mucosa intestinale, le indagini di imaging come l’ecografia intestinale e la risonanza magnetica nucleare (RM) per valutare le pareti dell’intestino e le strutture vicine, tramite mappatura di eventuali lesioni e complicanze. Con l’analisi del campione fecale, si ricercano di virus, batteri, parassiti, e si valuta la calprotectina fecale (indice di infiammazione intestinale).

Terapia e trattamento

Non esistono cure definitive per la malattia di Crohn, tuttavia è indispensabile sottoporsi ad alcuni trattamenti farmacologici, oltre a seguire determinati stili di vita, per gestire la patologia. L’obiettivo dei trattamenti è tenere la patologia in remissione, ridurre l’infiammazione, alleviare i disturbi, così da evitare l’insorgenza di complicazioni. I farmaci a disposizione per gestire la patologia sono: aminosalicilati (quali mesalazina): utili in caso di infiammazioni da lieve a moderata; corticosteroidi e immunosoppressori (quale azatioprina); antibiotici; farmaci biologici (anticorpi monoclonali): utili in caso di infiammazione da moderata a severa. Nel caso di complicazioni o di mancata risposta alle terapie, l’unica strada da percorrere è l’intervento chirurgico, volto a recidere il tratto di intestino infiammato. La rimozione del tratto intestinale infiammato non esclude la riacutizzazione della patologia. A volte risulta necessario rimuovere l’intero colon.

Quale ruolo ha l’alimentazione nella gestione della malattia di Crohn?

Non ci sono alimenti o diete che riducono il rischio di comparsa della malattia di Crohn, tuttavia è l’attenzione all’alimentazione necessaria a gestire l’infiammazione. Essendo una patologia di natura immunitaria, è opportuno individuare le immunoglobuline G reattive agli alimenti, per ridurre gli antigeni alimentari e impostare una dieta personalizzata per il soggetto malato. Un’attenzione particolare alla dieta va prestata sempre, in special misura durante la fase acuta della patologia. In questo momento bisogna evitare l’assunzione di:

  • Fibre e alimenti scarsamente digeribili e fermentativi (frutta, ortaggi, cereali, cibi integrali, legumi, frutta secca);
  • Prodotti lattiero-caseario;
  • Zucchero e prodotti dolciari elaborati;
  • Elementi urticanti (capsaicina, paperina, gingerolo, isotiocianato, allicina);
  • Tossine dei funghi;
  • Molecole parzialmente carbonizzate (quindi attenzione ai metodi di cottura degli alimenti);
  • Alcol etilico e molecole stimolanti (caffè, tè, cioccolata);
  • Grassi in eccesso;
  • Additivi (per lo più quelli con residui di titanio);
  • Farmaci o contaminanti residui (antibiotico, pesticidi).

Numerosi studi internazionali, inoltre, hanno confermato la reattività al Saccharomyces cerevisiae nella malattia di Crohn. Se non assunti o assorbiti tramite l’alimentazione, alcune sostanze dovrebbero essere assunte tramite integratori alimentari: probiotici e prebiotici in associazione, in grado di modificare il microbiota intestinale; acidi grassi omega 3 con azione antinfiammatoria; antiossidanti naturali; vitamina B12, K, D; glutammina e acido butirrico.

In alcune situazioni può risultare utile integrare enzimi digestivi, che facilitino il processo di degradazione degli alimenti.

Quale ruolo ha l’attività fisica nella gestione della patologia?

L’esercizio fisico risulta molto utile per alleviare i sintomi della malattia di Crohn, se adeguatamente scelto e se praticato con costanza (almeno tre volte alla settimana). Il movimento fisico ha un’azione antinfiammatoria, rafforza il sistema immunitario, oltre ad aumentare i livelli energetici. La scelta dell’attività fisica deve essere adatta allo stato di salute del paziente, all’età e alla storia di attività fisica del soggetto. L’ideale sarebbe svolgere allenamenti sia aerobici sia anaerobici, di potenziamento muscolare. Sono sconsigliati esercizi ad alta intensità, poiché potrebbero scatenare un aumento dell’infiammazione intestinale. Ottimi da praticare sono gli esercizi di:

  • Flessibilità quali yoga e stretching;
  • Esercizi di forza per aumentare e mantenere il tono muscolare (sollevamento pesi ed esercizi a corpo libero: squat, push up, crunch);
  • Esercizi di resistenza aerobica (camminate e nuoto). Il nuoto in particolare sembra ridurre notevolmente l’infiammazione e alleviare il dolore articolare.

Fonti:

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