Studi clinici sui tumori e ricerca oncologica: aumenta l’attenzione alla qualità di vita dei pazienti
La qualità di vita dei pazienti affetti da tumore è diventata sempre più importante come obiettivo da analizzare negli studi clinici. Infatti, quasi il 70% degli studi sui tumori includono la qualità di vita tra gli endpoint. Questo dato è aumentato negli anni, passando dal 52,9% nel quinquennio 2012-2016 al 67,8% nel periodo 2017-2021. Tuttavia, i risultati relativi alla qualità di vita vengono pubblicati solo nel 52,1% dei casi in cui sono stati raccolti, una percentuale in calo rispetto al 62,3% del 2012-2016. Questi dati emergono da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica BMJ Oncology.
La qualità di vita dei pazienti è un parametro importante per valutare l’impatto della malattia e del trattamento sui pazienti. La mancata pubblicazione dei risultati rischia di privare di informazioni molto importanti. La Società americana di oncologia clinica (Asco) e quella europea (Esmo) hanno inserito la qualità di vita tra i parametri da utilizzare per la valutazione del valore di un farmaco anticancro.
Il tema della qualità di vita è uno dei tanti argomenti affrontati nel ‘Clinical Research Course‘, organizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e dall’American Society of Clinical Oncology (Asco). Lo scopo è stato formare i clinici sul disegno e l’interpretazione di uno studio clinico. Questo corso, che si tiene per la prima volta in Italia in collaborazione con Asco, affronta anche il tema della pubblicazione tempestiva dei risultati.
Oncologia: la necessità di promuovere gli studi di ‘vita reale’
Secondo il presidente Aiom Saverio Cinieri, sebbene la percentuale di studi in oncologia che includono la qualità di vita tra gli obiettivi stia migliorando, la presenza di questo dato è ancora insufficiente in alcuni stadi di malattia e nella ricerca accademica. L’analisi pubblicata su BMJ Oncology, che ha confrontato 388 sperimentazioni del periodo 2017-2021 con 446 del precedente quinquennio 2012-2016, ha mostrato che la ricerca accademica e indipendente deve dimostrare maggiore attenzione alla qualità di vita dei pazienti. Inoltre, in quasi la metà degli studi, il risultato della valutazione della qualità di vita non compare nella pubblicazione principale, nonostante sia stato raccolto. L’agenzia regolatoria americana e quella europea hanno esplicitato la necessità di produrre dati di ‘patient-reported outcomes’ a sostegno di un trattamento quando si voglia sviluppare un farmaco a scopo registrativo. Le aziende farmaceutiche hanno mostrato maggior attenzione rispetto alla ricerca accademica e indipendente.
La qualità di vita nei pazienti oncologici: dati raccolti ma poco pubblicati
Gli oncologi stanno richiamando l’attenzione sull’importanza di promuovere gli studi di ‘vita reale’. Questi studi includono pazienti non selezionati e spesso anziani con comorbidità, a differenza di quanto avviene nei trial registrativi. Questo è stato evidenziato nel corso del ‘Clinical Research Course’ a Roma, organizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e dall’American Society of Clinical Oncology (Asco). Gli studi di ‘vita reale’ offrono diverse opportunità. Tra queste c’è la possibilità di descrivere i risultati di un farmaco in una popolazione eterogenea nella pratica clinica quotidiana. Ma anche la focalizzazione su categorie speciali spesso sottorappresentate nei trial registrativi.
Gli oncologi ritengono che esista ancora un divario tra gli studi registrativi e quelli di ‘vita reale’. Suggeriscono di creare una piattaforma che permetta di studiare non solo il singolo farmaco ma i percorsi terapeutici. Inoltre, servono studi di sequenza terapeutica, di confronto testa a testa e adattativi, in grado di aggiornarsi con l’evoluzione degli scenari diagnostici e terapeutici. Gli oncologi ritengono che la ricerca clinica indipendente debba essere più forte, promossa dal Servizio sanitario nazionale. Ritengono anche che debba essere capace di rispondere a questi bisogni e che si aggiunga agli studi profit condotti dalle aziende farmaceutiche. Tuttavia, in Italia, solo un quinto della ricerca clinica oncologica è indipendente, mentre il resto è condotto dalle aziende farmaceutiche.
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