“La spazzatura è una grande risorsa nel posto sbagliato a cui manca l’immaginazione di qualcuno perché venga riciclata a beneficio di tutti.” MARK VICTOR HANSEN
Avete mai pensato alla possibilità di trarre beneficio da un nostro personalissimo scarto umano? Alcuni studiosi, magari proprio con una di quelle bizzarre idee geniali che ci giungono in intimità, ha pensato ai batteri viola.
Ebbene, i batteri fototrofi viola (PPB) sono i protagonisti di questa sfida ecologica. In presenza di ingenti fonti di materia organica, come quelle caratteristiche delle acque reflue, e di una radiazione infrarossa, i PPB sono in grado di attivare il loro metabolismo per ottenere diversi bio-prodotti a valore aggiunto che vanno dal bio-idrogeno alle bio-plastiche. A seconda delle condizioni di crescita, che possono anche essere accompagnate da un sistema elettrochimico, si ottengono le condizioni ottimali per la produzione energetica di bio-idrogeno, in totale assenza di CO2.
Questa bio-eco alternativa energetica è stata esplorata da un gruppo di ricercatori del Gruppo di Ingegneria Chimica e Ambientale dell’Università Rey Juan Carlos di Madrid (URJC). I risultati degli esperimenti sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Energy Research . I protagonisti dello studio sono appunto dei batteri in grado di convertire la luce infrarossa in idroenergia, grazie alla presenza di una varietà di pigmenti fotosintetici come la batterioclorofilla. La cattura della luce da parte di queste strutture non solo determina la fluttuazione cromatica di questi microrganismi, come le sfumature violacee da cui prendono il nome, ma anche l’adozione di diverse vie metaboliche.
Il team di ricercatori ha testato la loro versatilità attraverso diversi esperimenti. Prima di tutto, la coltura batterica è stata stabilizzata all’interno di un liquido proveniente da una discarica di acque reflue all’interno di un reattore di fermentazione, in presenza di irradiazione infrarossa ed in condizioni anaerobiche. Successivamente è stata valutata la capacità dei PPB di produrre bio-idrogeno utilizzando diverse fonti di carbonio e nitrogeno.
L’acido malico e il Na-glutammato sono stati scelti rispettivamente come migliore fonte organica e di azoto per una efficiente produttività, in presenza di un pH pari a 6.8. Parallelamente, gli scienziati hanno messo a punto un esperimento bio-elettrochimico in cui, alle precedenti condizioni di coltura dei PPB, è stato aggiunto un sistema di scambio elettronico costituito, rispettivamente, da un elettrodo di grafite ed un elettrodo di riferimento di Ag/AgCl al catodo ed un elettrodo di Ti/Pt all’ anodo (Figura 1). In presenza di un voltaggio pari a -0.5 V, i batteri fototrofi utilizzano l’elettrodo di grafite come donatore di elettroni per fissare l’anidride carbonica in composti organici secondari, quali ad esempio le bio-plastiche.
Mai come in questa occasione è il caso di dire due piccioni con una fava. Durante uno stesso processo, di natura bio-elettrochimica, i PPB sono in grado di produrre bio-idrogeno come fonte di energia, diminuire il rilascio di anidride carbonica ed eventualmente produrre complessi proteici ad elevato potenziale applicativo a livello industriale.
Un lavoro sorprendente, soprattutto dal punto di vista energetico. Ora si tratta solo di mettere in pratica questa scoperta. Infatti, come afferma il leader del team, Daniel Puyol, il prossimo passo sarà quello di approfondire la versatilità metabolica dei batteri fototrofi a scala industriale.
Serena Galiè
Bibliografia:
- Biological and Bioelectrochemical Systems for Hydrogen Production and Carbon Fixation Using Purple Phototrophic Bacteria (Ioanna A. et al., 2018)
- https://www.sciencedaily.com/releases/2018/11/181113080903.htm