Zachary Copfer, un microbiologo camuffato da artista o viceversa?!
Difficile dirlo secondo lui. La sua carriera da microbiologo è iniziata con il lavoro presso un’azienda farmaceutica dove è rimasto per diversi anni, fino a quando non si è reso conto di aver perso di vista il vero motivo per cui si era dedicato alla scienza con così tanta passione. Così ha deciso di frequentare la scuola di specializzazione presso l’università di Cincinnati dove ha conseguito l’MFA (Master of Fine Arts). Nasce da qui la sua idea e anche un po’ la necessità, di esprimere la sua passione per la scienza, che l’aveva affascinato così tanto in passato, attraverso l’arte. Ora crea arte visiva, cioè “usa l’arte e le sue forme per esplorare la bellezza e la poesia che stanno alla base delle teorie scientifiche”. I suoi metodi sono infatti un mix di tecniche artistiche e scientifiche, che riesce a coniugare bene grazie al suo talento e al suo background di microbiologia, la sua ispirazione nasce proprio dai batteri e dalla loro diversità che sfrutta come mezzo artistico di prima scelta.
E’ affascinato dalla “possibilità di rendere visibile quella vera e propria coperta di microrganismi che esistono appena oltre la percezione umana, e che, spesso a nostra insaputa, ci riguardano così intimamente”. Lo scopo è anche quello di condividere la meraviglia e i progressi della scienza con gli altri, attraverso il suo personale punto di vista, e contribuire al tempo stesso a creare un dialogo tra artisti, scienziati ed il loro rispettivo pubblico.
Inoltre, durante il suo percorso di studi ha avuto modo di mettere a punto un nuovo processo, noto come batteriografia, che consiste sostanzialmente nel catturare una radiazione attraverso un negativo fotografico su una piastra Petri ricoperta di batteri.
Il risultato è un’immagine che nasce quindi da una normale coltura di laboratorio che, quando si è sufficientemente sviluppata, viene coperta con un negativo fotografico, che riproduce l’immagine da ottenere e che viene irradiata con luce ultravioletta: i batteri esposti muoiono, quelli protetti dalle zone d’ombra del negativo sopravvivono. Salvo poi essere anch’essi sterminati da una spruzzata di fissativo, prima della foto, per evitare qualunque tentativo di ricolonizzare le zone morte. Infine Copfer utilizza acrilico e resina per preservare e proteggere i batteri. Il tutto dura all’incirca un paio di giorni.
Nonostante le dimensioni ridotte, le immagini hanno una risoluzione altissima, superiore ai 100 Megapixel: i singoli punti che la compongono, cioè i batteri, hanno infatti dimensioni infinitesimali. I risultati di studi come questo aprono la strada allo sviluppo di nuove tipologie di sensori per fotocamere, con una risoluzione che potrebbe essere di qualche ordine di grandezza superiore a quelli attuali.
Ma lasciamo la parola alle immagini…. Anzi ai batteri!
Albert Einstein
Serratia marcescens, Nutrient Agar “9×9”
Leonardo Da Vinci
Serratia marcescens, Nutrient Agar “9×9”
Charles Darwin
Serratia marcescens, Nutrient Agar “9×9”
“Star Staff Installation”: Rappresentazioni di galassie osservate dal telescopio spaziale Hubble e realizzate utilizzando un ceppo di E.coli, geneticamente modificato, per renderlo fotosensibile. Quest’opera è nata con lo scopo di infondere nello spettatore un senso di meraviglia e di stupore, lo stesso che provavano i poeti e gli artisti del passato mentre osservavano le stelle, grandissima fonte di ispirazione per loro. Quindi, l’idea è quella di andare oltre la visione scientifica dell’universo, fredda e senza passione, dandogli un’immagine profondamente poetica e quasi “viva”.
Via Lattea
Galassia “M81”
Galassia “M101”
Fonte: zachary-copfer.squarespace.com, Focus
Antonella Ligato