Bio-fabbriche microbiche come alternativa alla sintesi chimica di nanoparticelle

Le nano-scienze studiano i materiali nelle componenti più piccole di cui sono composti, ossia a livello atomico e molecolare. Alcune delle applicazioni più moderne dei nano-materiali sono la protezione da graffiti di vetri, carrozzerie, pannelli pubblicitari; l’azione di contrasto allo sporco e all’umidità su superfici di vetro; l’azione idrorepellente; l’attività anti-vegetativa su imbarcazioni e cabine marine; l’attività anti-batterica e infine l’applicazione in processi di decontaminazione delle acque reflue da uranio.

Negli ultimi decenni l’attenzione verso le nanoparticelle metalliche (Fig. 1) e la loro sintesi è notevolmente aumentata. Ciò ha portato allo sviluppo di numerosi metodi chimici e fisici, quasi tutti limitati però dall’uso di sostanze chimiche tossiche e/o dalle elevate richieste energetiche legate alla produzione di nanoparticelle su scala industriale. Da qui l’importanza di superare questo limite con metodi di sintesi che siano riconducibili alla green chemistry.

 Figura 1 - Struttura di una nanoparticella d'oro
Figura 1 – Struttura di una nanoparticella d’oro

Le nanoparticelle hanno proprietà termiche, ottiche, fisiche, chimiche, magnetiche ed elettriche uniche rispetto alle loro controparti macroscopiche. Queste caratteristiche possono essere sfruttate per biosensori di nuova generazione, in elettronica, in chimica come catalizzatori e come agenti antimicrobici nel settore medico-farmaceutico.

I nano-materiali sono classificati in due grandi categorie: organici, costituiti principalmente da carbonio, e inorganici, costituiti da metalli nobili come l’oro e l’argento.

Un’altra classificazione distingue le nano-particelle in naturali, sintetiche e ingegnerizzate, sulla base della loro origine.

Un metodo innovativo per sintetizzare le nanoparticelle metalliche consiste nell’utilizzare organismi viventi, batteri, funghi e piante, come vere e proprie bio-fabbriche. Questo metodo green di produzione biologica di nanoparticelle è un approccio promettente che consente la sintesi in mezzi acquosi, evitando l’uso di solventi chimici ad alto impatto ambientale. Era il 1989 quando alcuni ricercatori americani pubblicarono per la prima volta su Nature la sintesi di nanoparticelle di solfuro di cadmio (CdS) da parte di cellule di lievito. Due specie, Candida glabrata e Schizosaccharomyces pombe, dimostrarono di poter sintetizzare nanoparticelle del diametro di 2 nanometri in presenza di sali di cadmio. Le nanoparticelle risultavano già “rivestite” con molecole organiche chiamate peptidi e mostravano fluorescenza blu quando sottoposte a raggi ultravioletti.

 Figura 2 - Cellule del lievito Schizosaccharomyces pombe
Figura 2 – Cellule del lievito Schizosaccharomyces pombe

Gli scienziati scoprirono che la produzione delle nanoparticelle da parte delle cellule avviene tramite l’attivazione di un meccanismo di disintossicazione che le protegge dall’accumulo di metalli. In particolare, molecole quali l’enzima glutatione e i polipeptidi fitochelatine promuovono il legame tra lo zolfo contenuto nelle proteine ed il cadmio, controllando così la formazione ed il rivestimento delle nanoparticelle.

Successivamente, fu scoperto che non solamente cellule di lievito, ma anche virus e batteri possono produrre nanoparticelle “rivestite”, tramite un analogo meccanismo di disintossicazione. Ad esempio, il virus Tobacco mosaic può formare nanoparticelle PbS e CdS, ossia sequenze regolari monodimensionali di piombo (o cadmio) e zolfo, mentre il batterio Escherichia coli, noto per provocare severe infezioni nell’uomo, può produrre decine di migliaia di nanoparticelle di CdS per ogni cellula.

Negli ultimi vent’anni una vera e propria “classe operaia” di microorganismi ha dimostrato di poter produrre nanoparticelle. La figura 3 riporta un elenco delle principali specie di batteri e funghi identificate finora come produttrici di nanoparticelle.

Figura 3 - Elenco delle principali specie di batteri e funghi in grado di fungere da bio-fabbriche di nanoparticelle ed i rispettivi metodi molecolari di produzione intracellulare o extracellulare
Figura 3 – Elenco delle principali specie di batteri e funghi in grado di fungere da bio-fabbriche di nanoparticelle ed i rispettivi metodi molecolari di produzione intracellulare o extracellulare

Per sopravvivere in ambienti caratterizzati da elevate concentrazioni di metalli, gli organismi si sono adattati, sviluppando i meccanismi molecolari per sopravvivere in queste condizioni. Questi meccanismi possono implicare l’alterazione della natura chimica del metallo tossico in modo che non causi più tossicità, con conseguente formazione di nanoparticelle metalliche. Per cui la formazione di nanoparticelle è il “sottoprodotto” di un meccanismo di resistenza contro un metallo specifico, e questo processo può essere usato come metodo alternativo per produrle.

Da un punto di vista industriale, i batteri sono relativamente economici da coltivare e possiedono un alto tasso di crescita rispetto ad altri sistemi biologici come funghi e piante. La loro facilità di manipolazione dà loro un ulteriore vantaggio su piante e funghi come bio-fabbrica per la bio-produzione di nanoparticelle che richiede però una sintesi ottimizzata attraverso l’ingegneria genetica.

In alternativa, i funghi hanno il vantaggio di produrre rese molto elevate di proteine ​​secrete, che possono aumentare la velocità di sintesi delle nanoparticelle. Molti funghi hanno micelle che forniscono un’area superficiale molto più elevata dei batteri e quest’area potrebbe essere utilizzata per supportare l’interazione tra gli ioni metallici e l’agente riducente cellulare, migliorando così la conversione di ioni in nanoparticelle metalliche. I funghi hanno anche un vantaggio nella fase di downstream per il recupero delle nanoparticelle poiché spesso questa produzione è extracellulare, consentendo, quindi, un più efficiente processo di recupero e purificazione.

Infine, la scalabilità del processo produttivo rappresenta un altro fattore chiave da considerare nel caso della produzione commerciale di nanoparticelle e anche da questo punto di vista i funghi rappresentano una bio-fabbrica migliore.

In conclusione, il campo della produzione biologica di nanoparticelle metalliche è relativamente nuovo e inesplorato, tuttavia possiede un grande potenziale nel settore delle biotecnologie.

Nicola Di Fidio

Sitografia

Bibliografia

  • Pantidos N, Horsfall LE. Biological Synthesis of Metallic Nanoparticles by Bacteria, Fungi and Plants. J Nanomed Nanotechnol 5:233. 2014. doi:10.4172/2157-7439.1000233.
  • Kannan Badri Narayanan, Natarajan Sakthivel. Biological synthesis of metal nanoparticles by microbes. Adv Colloid Interface Sci. 156(1-2):1-13. 2010. doi: 10.1016/j.cis.2010.02.001.

Crediti immagini

  •  https://www.segnidalcielo.it/tumori-nanoparticelle-kamikaze-in-oro-contro-neoplasie/
  • https://www.microbiologiaitalia.it/2017/12/28/ecco-la-nuova-generazione-di-antiretrovirali-le-nanoparticelle-doro/
  • https://www.eurekalert.org/multimedia/pub/33687.php
  • Kannan Badri Narayanan, Natarajan Sakthivel. Biological synthesis of metal nanoparticles by microbes. Adv Colloid Interface Sci. 156(1-2):1-13. 2010. doi: 10.1016/j.cis.2010.02.001.
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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