Carni fermentate: microbiologia degli insaccati

Caratteristiche e contaminazioni delle carni fermentate

Tra gli alimenti, la carne costituisce un ecosistema alimentare tra i più complessi, con caratteristiche chimico-fisiche tali da permettere la colonizzazione e lo sviluppo di un gran numero e varietà di microrganismi. Tra i fattori che possono influenzare la loro presenza troviamo l’allevamento, la macellazione e successivamente la conservazione delle carcasse. La contaminazione microbica della carne può avvenire per via endogena, attraverso animali malati, oppure attraverso contaminazione esogena dove giocano un ruolo importantissimo la macellazione, lo stoccaggio ed in modo significativo anche il trasporto.
Tra i principali microrganismi responsabili delle alterazioni delle carni fermentate troviamo: Pseudomonas spp; Enterobacteriaceae; Batteri lattici; Brochotrix thermosphacta.

Salami: l’importanza dei microrganismi

Carni fermentate: tra i più complessi ecosistemi, con caratteristiche tali da permettere la colonizzazione di moltissimi microrganismi.
Figura 1 – Carni fermentate

Per definizione il salame è un prodotto di salumeria costituito da carni ottenute da muscolatura striata appartenente alla carcassa del suino con aggiunta di sale ed eventualmente di carni di altre specie animali, macinate e miscelate con grasso suino in proporzioni variabili, ed insaccato in budello naturale o artificiale. Non possono essere chiamati “salami” gli insaccati fabbricati senza carni suine, prodotti di natura diversa, né quelli contenenti carni separate meccanicamente. Il salame è un prodotto fermentato, l’effetto delle fermentazioni e della stagionatura porta ad un abbassamento del pH, dell’umidità e dell’attività dell’acqua. I microrganismi in grado di svilupparsi in condizioni di anareobiosi, con un pH basso che danno origine a fermentazioni gradevoli sono: lieviti e batteri lattici.

Gli effetti negativi invece possono arrivare ad opera di batteri alteranti e batteri patogeni. Le fermentazioni possono essere spontanee oppure avviate attraverso colture microbiche selezionate. Quando la materia prima viene messa in condizioni adeguate, i processi fermentativi partono spontaneamente ad opera di microrganismi che naturalmente la contaminano. In certi casi però, affidare i processi fermentativi ai batteri che naturalmente contaminano le carni può essere pericoloso, perché non tutti sono in grado di dare risultati ottimali. Per questo si può intervenire con l’aggiunta di colture microbiche selezionate di ceppi idonei.

La stagionatura delle carni fermentate

Il processo di maturazione nelle carni fermentate, ed in particolare in un salume, consiste in una fermentazione lattica ad opera di diverse specie di lattobacilli con produzione di acido lattico ed alcuni antibiotici (ad es. nisina), che porta quindi a due scenari:

  • durante la maturazione si ha, in ogni caso, una diminuzione dei batteri saprofiti, scomparsa di eventuali patogeni, aumento degli acidi produttori ed infine la liberazione di enzimi lipolitici e proteolitici sia dalla carne che dai batteri implicati, con produzione dell’aroma caratteristico.
  • a maturazione conclusa invece si ha la scomparsa dei batteri saprofiti e lo sviluppo di lieviti sulla superficie del budello; questi utilizzano come fonte di C l’acido lattico prodotto dai lattobacilli (con innalzamento del pH) e come fonte di N gli aminoacidi e le proteine liberate dalla lisi dei corpi batterici.

Esistono delle pratiche tecnologiche in grado di influenzare l’evoluzione della microflora, che sono: la salatura, aggiunta di nitrati/nitriti, aggiunta di zuccheri, insacco, condizioni termo-igrometriche.

Sviluppo microbico nelle carni fermentate

Le condizioni che si vengono a creare nell’impasto dopo l’insacco, dovute alla presenza di sale, nitrati, nitriti, zuccheri, alla temperatura di esposizione e allo stato di anaerobiosi, sono tali da inibire fondamentalmente lo sviluppo della maggior parte dei microrganismi prima elencati. In particolare il sale inibisce le Enterobacteriaceaementre i nitriti agiscono sui clostridi (es. C. botulinum). In definitiva i batteri che riescono a moltiplicarsi nell’impasto sono i micrococchi (aerobi), gli stafilococchi, i lattobacilli, i pediococchi e gli enterococchi.

Micrococchi e stafilococchi

Ai rappresentanti della famiglia Micrococcacee viene attribuita una partecipazione importante alle fermentazioni. Sono aerobi obbligati ed innegabilmente hanno scarsa possibilità di sviluppo prolungato. All’inizio, in particolare dopo l’insacco, nell’impasto rimane una certa quantità di aria che ne consente uno sviluppo immediato. Si tratta infatti, di batteri vigorosi presenti in buon numero nelle carni fermentate e favoriti dalle condizioni ambientali. Svolgono diverse funzioni, in particolar modo: consumano l’ossigeno presente nell’impasto, e quindi creano le condizioni di anaerobiosi; riducono i nitrati a nitriti e quindi rendono attivi questi composti nei confronti dei batteri nocivi (clostridi); eliminano l’acqua ossigenata eventualmente prodotta dai lattobacilli; posseggono attività proteolitica, anche se non molto elevata; sono coinvolti nell’attività lipolitica, cioè nella liberazione degli acidi grassi; gli acidi grassi liberi possono essere ossidati per formare composti che impartiscono gusti gradevoli (importante controllo dei processi di ossidazione).

Batteri lattici

I batteri lattici, ed in particolare i lattobacilli, costituiscono la flora microbica principale nelle carni fermentate. Le loro caratteristiche di tolleranza al sale, ai nitriti, il comportamento verso l’O2, la capacità di svilupparsi a bassi valori di pH, la presenza iniziale in buon numero nelle carni, consentono rapidi sviluppi negli impasti. Si moltiplicano dopo i micrococchi e si moltiplicano oltretutto più intensamente. Sono più esigenti in fatto nutrizionale, ma nell’impasto trovano tutto ciò di cui necessitano. Tutti i batteri lattici possono svilupparsi nei salami: i lattobacilli omofermentanti ed eterofermentanti, gli streptococchi e i pediococchi. Predominano i lattobacilli mesofili omofermentanti, (Lactobacillus plantarum, L. casei subsp. pseudoplantarum, L. curvatus, L. sake). Buone possibilità di moltiplicarsi hanno anche gli eterofermentanti, quali L. brevis e L. fermentum. Occasionali sono i pediococchi Pediococcus acidilactici e P. pentosaceus.

I batteri lattici svolgono le funzioni più importanti, in dettaglio:

  • riducono il nitrito a ossido d’azoto;
  • sono gli agenti delle fermentazioni lattiche degli zuccheri e sono fortemente acidogeni a causa della formazione di ac. Lattico, o di ac. lattico e ac. acetico;
  • il loro sviluppo è molto rapido: già dopo 3-4 giorni dall’insacco sono presenti in numero elevato e tutti gli altri gruppi risultano sopraffatti;
  • la conseguenza di questo sviluppo è l’esaurimento degli zuccheri e l’abbassamento del pH.

L’abbassamento del pH determina la coagulazione proteica, il contributo positivo alla formazione del colore e la stabilità microbiologica del prodotto. Il pH dei salami a fine fermentazione, dovrebbe essere pari o inferiore a 5,3. Questi valori di pH in effetti permettono alla carne di rilasciare rapidamente l’umidità. Una fermentazione inadeguata porta a un’insufficiente asciugamento, a prodotti molli, a collasso del prodotto e ad altri inconvenienti e rende quindi possibile lo sviluppo di batteri alteranti o tossigeni.

Muffe

Carni fermentate: tra i più complessi ecosistemi, con caratteristiche tali da permettere la colonizzazione di moltissimi microrganismi.
Figura 2 – Muffe in carni fermentate

Nelle celle di maturazione, le spore fungine vengono a contatto con il budello e iniziano a moltiplicarsi. All’inizio il micelio si localizza nelle parti sotto le quali si trova la parte magra dell’impasto. Dapprima rado, il micelio si infittisce e copre tutta la superficie. Il colore preferito in generale è il bianco o il bianco grigio e il genere più frequente è Penicillium. Le funzioni delle muffe sono molteplici, esse infatti permettono un asciugamento più uniforme del prodotto; riducono il calo in peso di circa il 7%; facilitano la “sbucciatura” della pelle del salame; disacidificano il salame consumando l’acido lattico e portano il pH a 6 (fine stagionatura); impediscono l’ossidazione dei grassi; hanno azione lipolitica e proteolitica; migliorano senza dubbio le caratteristiche organolettiche.

Fonti

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