La biologia sintetica o synbio introduce la possibilità di creare in laboratorio microrganismi artificiali e/o sintetizzare efficacemente e velocemente lunghe sequenze di DNA senza utilizzare alcun modello naturale. Ad esempio, è possibile identificare, ridisegnare e adattare (negli elementi regolatori) un intero set di geni coinvolti in una particolare via biosintetica, scoperta in natura in una pianta rara, ed introdurlo in un fungo o un lievito per la produzione industriale dei relativi metaboliti, in maniera molto più rapida ed efficiente.
L’editoriale di un numero speciale di Nature Reviews Microbiology definisce la synbio come la tecnologia che sarà in grado di assicurare all’umanità cibo, medicine ed energia. Il Consiglio britannico per l’Ingegneria e le Scienze Fisiche ritiene che la biologia sintetica sia un’area in grado d’offrire vantaggi significativi in settori quali terapie, biosensori ambientali e metodi potenzialmente innovativi per la produzione di cibo, farmaci, prodotti chimici o di energia. Secondo la Royal Academy of Engineering la biologia sintetica è dotata di un potenziale straordinario, capace di trasformare l’industria mondiale dell’energia, della salute e dell’ambiente, di generare nuova ricchezza e un gran numero di nuovi posti di lavoro.
In questo contesto, una recente pubblicazione su Nature, dal titolo “Genetically modified bacteria enlisted in fight against disease” ha descritto il nuovo passo in avanti della biologia sintetica: l’utilizzo di batteri geneticamente modificati come farmaci “viventi”, e l’inizio delle loro sperimentazioni sull’uomo.
Si tratta di batteri utilizzati per la cura di diverse patologie come diabete, ulcere da chemioterapia e rare malattie metaboliche, attraverso la terapia genica, i cui test clinici sono stati recentemente autorizzati dagli enti regolatori statunitensi.
Tra le grandi aziende detentrici del brevetto di questi nuovi farmaci a base di microrganismi vi è la Synlogic di Cambridge, che ha modificato un comune batterio dell’intestino, l’Escherichia coli (Fig. 1), ottenendone due nuove versioni: una in grado di rimuovere l’ammoniaca che si accumula nel sangue dei pazienti con malattie metaboliche del fegato, e l’altra in grado di eliminare gli accumuli neurotossici dell’aminoacido fenilalanina nella persone colpite da una rara malattia genetica chiamata fenilchetonuria.
L’azienda Intrexon del Maryland ha invece modificato il genoma del batterio lattico Lactococcus lactis (Fig. 2), usato solitamente nelle produzioni casearie, ottenendone due nuovi ceppi: il primo è in grado di contrastare il diabete, producendo il precursore dell’insulina umana ed una seconda proteina in grado di aumentarne gli effetti terapeutici nelle cellule; il secondo è in grado di contrastare le ulcerazioni delle mucose provocate dalla chemioterapia.
Al fine di limitare il più possibile eventuali effetti collaterali derivanti dall’introduzione nell’organismo di questi xenobiotici, le aziende creatrici di questi batteri geneticamente modificati hanno introdotto nel loro genoma dei meccanismi genici di controllo in grado di causare la morte programmata cellulare dopo un determinato lasso di tempo, ossia dopo aver permesso a queste specie batteriche di esercitare il proprio effetto terapeutico. Inoltre, sono stati messi a punto anche meccanismi molecolari in grado di impedire a questi ceppi creati in laboratorio di sopravvivere al di fuori del corpo umano. Un’ulteriore sistema preventivo attuato da diverse aziende biotech è stato quello di introdurre le modifiche genetiche direttamente nel cromosoma del batterio e non nei plasmidi.
Tutto ciò è necessario per evitare lo scambio di materiale genico tra questi microrganismi introdotti dall’esterno e le specie microbiche presenti normalmente nel corpo umano.
Tuttavia, sembrerebbero esserci anche aziende che hanno sviluppato batteri geneticamente modificati capaci di colonizzare il corpo umano a lungo termine, con l’obiettivo, ad esempio, di potenziare le difese contro la trasmissione del virus HIV.
Nonostante l’entusiasmo crescente e le speranze riposte nella terapia genica, restano ancora molte incognite riguardo la possibilità che questi batteri modificati possano trasmettere i loro geni ad altri microrganismi che vivono nel corpo umano, scatenando conseguenze imprevedibili. Tuttavia, i test clinici appena avviati saranno in grado di confermare o confutare questi dubbi e queste paure.
Nicola Di Fidio
Sitografia
- http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2018/06/23/biologia-sintetica-primi-test-sulluomo-dei-farmaci-viventi-_80ff0a28-7045-4ff0-b48f-4a898b224e4e.html
- https://www.quotidiano.net/blog/malpelo/batteri-come-farmaci-prodigi-della-biologia-sintetica-33.1609
- http://www.scienzainrete.it/articolo/rivoluzione-della-biologia-sintetica/lorenzo-ciccarese/2017-08-25
Bibliografia
- Sara Reardon. Genetically modified bacteria enlisted in fight against disease. Nature 558, 497-498, 2018. doi: 10.1038/d41586-018-05476-4
Crediti immagini
- https://diem25.org/gene-therapies-who-profits/
- https://newsroom.uw.edu/story/pandemic-e-coli-strain-h30-cloaks-its-stealth-strategies
- https://www.sciencesource.com/archive/Lactococcus-Lactis-Bacteria-in-Yogurt–SEM-SS2608208.html