Endometriosi
L’endometriosi è una patologia causata dalla presenza di tessuto endometriale, che normalmente riveste esclusivamente la cavità uterina, all’esterno dell’utero.
Si tratta di una patologia benigna ad andamento cronico, dove il tessuto endometriale ectopico estrogeno-dipendente va incontro ad una attivazione cronica del sistema immunitario innato all’interno della cavità peritoneale. Questo processo è associato al rilascio di varie citochine infiammatorie e a fattori di crescita angiogenici che stimolano appunto la formazione di nuovi vasi e la diffusione delle lesioni, innescando il tipico dolore sintomatico della malattia.
L’ormono-dipendenza di questa patologia giustifica la regressione della sintomatologia con la cessazione dell’attività ormonale ovarica. In Italia sono affette da endometriosi circa il 5% delle donne, il 10% delle donne in età fertile: si stimano in totale circa 3 milioni di casi nei vari stadi clinici.
La malattia endometriosica è causa di sub-infertilità o infertilità (30-40 % dei casi) e colpisce prevalentemente donne fra i 25 ed i 35 anni. L’endometriosi ha un notevole impatto sulla qualità della vita, sia dal punto di vista sintomatologico (dismenorrea, dispareunia, dolore pelvico cronico disuria, dischezia), sia per le potenziali ripercussioni negative sulla fertilità e, infine, per l’alto costo economico, derivante da un lungo percorso diagnostico che mediamente dura diversi anni.
L’endometriosi può coinvolgere diverse sedi anatomiche. La più frequente è quella ovarica con la formazione di cisti mono-bilaterali di diversa grandezza, contenenti sangue prodotto da cellule endometriali.
Altre localizzazioni frequenti, soprattutto negli stadi avanzati della malattia, sono: il peritoneo pelvico, organi pelvici quali, i legamenti uterini, la vescica e gli ureteri, o l’intestino.
Quando lo spessore riguarda le pareti del viscere uterino l’endometriosi viene denominata adenomiosi. Più raramente, la patologia coinvolge organi e tessuti posti al di fuori della pelvi come la pleura (endometriosi extra-pelvica). A seconda della sede, la malattia endometriosica viene classificata in:
- endometriosi ovarica;
- endometriosi peritoneale superficiale;
- endometriosi peritoneale profonda.
In molti casi tuttavia, si può verificare la compresenza di diversi tipi di lesioni.
Sintomi dell’Endometriosi
Cercheremo di riassumere i principali sintomi che colpiscono le donne affette da endometriosi.
1. Dolore Pelvico
Quando parliamo di dolore pelvico intendiamo un dolore che si articola nella parte inferiore del tronco, quindi un dolore addominale al di sotto dell’ombelico. Il dolore pelvico viene catalogato come:
- acuto: quando ha una durata non superiore a 2 o 3 mesi;
- cronico: se persiste per 6 o più mesi.
Diagnosticare il dolore pelvico in una donna può essere estremamente complesso, in quanto può essere causato da un elevato numero di disturbi di diversa origine, fra questi:
- ginecologici;
- gastrointestinali;
- urinari;
- muscolo-scheletrici.
Il dolore pelvico sia cronico che acuto, comporta risposte sensitive, motorie, affettive, e comportamentali, molto variabili.
Il dolore viscerale derivante da organi interni (es. utero, intestino, etc.) è difficile da localizzare, per lo più descritto come un dolore profondo e diffuso, accompagnato da risposte algiche di riflessi autonomi:
- nausea;
- diaforesi;
- tensione.
Nel caso di dolore cronico ginecologico, l’innervazione sensitiva degli organi riproduttivi può trasmettersi alla vescica e all’uretra. Al contrario, il dolore somatico delle strutture cutanee della fascia o dei muscoli, ha una precisa localizzazione, in quanto tali aree sono riccamente innervate da nervi sensitivi. Il dolore si propaga dai dermatomeri del midollo spinale che, tramite i nervi periferici, innervano i visceri affetti:
- ano;
- uretra;
- genitali esterni;
- peritoneo parietale.
2. Dismenorrea
La dismenorrea (forte e persistente dolore mestruale), non è una condizione fisiologica del ciclo mestruale. Pertanto, la dismenorrea è sempre un sintomo al quale occorre prestare attenzione e indurre la donna ed il suo ginecologo ad approfondire la diagnostica per poter individuarne la causa.
3. Dispareunia
Anche la dispareunia (dolore presente durante il rapporto sessuale) non è un fenomeno fisiologico, soprattutto quando insorge dopo un periodo nel quale i rapporti sessuali sono stati senza dolore. Normalmente un’accurata visita specialistica è in grado di valutarne la presenza, tenendo presente che spesso può risultare un importante sintomo della endometriosi peritoneale profonda.
4. Disagio Rettale
Il disagio rettale consiste in sintomi quali il tenesmo rettale (falsa sensazione di dover andare in bagno), fitte dolorose nel retto, spesso riferite come punture di spillo, senso di peso posteriore, difficoltà a stare normalmente seduti. Questi sintomi possono essere un segnale che la patologia endometriosica ha infiltrato il comparto posteriore pelvico tra utero, vagina e retto o lateralmente al retto. Inoltre, occorre fare attenzione se i sintomi sono più frequenti nel periodo mestruale o perimestruale o nel periodo ovulatorio, e se associati agli altri sintomi.
Diagnosi
Nell’iter diagnostico un’anamnesi dettagliata della paziente risulta di fondamentale importanza. La descrizione della sintomatologia, soprattutto in rapporto con la storia mestruale, la possibile definizione di una precisa localizzazione, l’indagine dei sintomi urinari e del funzionamento dell’apparato gastro-intestinale, accompagnati da un scrupoloso esame obiettivo bimanuale, possono essere indicatori importanti della presenza di endometriosi. Lo strumento fondamentale per la diagnosi di patologia endometriosica è l’ecografia trans-vaginale con eventuale integrazione di una ecografia trans-rettale. In casi molto selezionati può essere di aiuto la RMN. Infine la laparoscopia permette di eseguire una stadiazione chirurgica della malattia secondo una classificazione elaborata dalla AFS (American Fertility Association).
Eziopatogenesi
Numerose sono le teorie proposte per identificare l’eziopatogenesi dell’endometriosi, ma nessuna di queste riesce in modo completo a spiegare la storia della malattia:
- teoria dell’impianto;
- teoria dell’estensione diretta;
- teoria della metaplasia celomatica;
- teoria dei residui embrionari;
- teoria della metastatizzazione linfo-ematica;
- teorie ambientali;
- teorie immunitarie;
- teorie genetiche ed epigenetiche.
Genetica ed epigenetica dell’endometriosi
La teoria epigenetica dell’endometriosi differenzia l’endometriosi (presenza di microscopiche lesioni sottili, condizione parafisiologica) dalla malattia endometriosica, vera e propria, patologia che per essere innescata pretende la presenza di incidenti genetici ed epigenetici (lesioni tipiche, cisti ovariche lesioni profonde).
Quindi, secondo questa teoria, l’insieme degli incidenti genetici ed epigenetici determinerà le evoluzioni delle lesioni microscopiche sottili verso la formazione di lesioni tipiche, cistiche o profonde.
Diversi fattori, quali quelli ambientali (diossina), personali (caratteristiche del fluido peritoneale ereditato alla nascita), immunologici (resistenza al progesterone), lo stress ossidativo e il microbiota, concorrerebbero a realizzare le condizioni necessarie per l’attivazione della malattia endometriosica.
Il microbiota intestinale
In anni recenti, un numero crescente di studi ha indicato come il microbiota intestinale non sia essenziale solo per una funzione fisiologica gastrointestinale, ma agisca come un regolatore centrale di una varietà di condizioni infiammatorie e proliferative. Inoltre, la flora intestinale influenza il metabolismo degli estrogeni e l’omeostasi delle cellule staminali. Sulla base di questi risultati, ipotizziamo che il microbiota intestinale possa anche essere coinvolto nell’insorgenza e nella progressione dell’endometriosi.
Il microbiota dell’apparato riproduttivo femminile
L’apparato riproduttivo femminile ospita una flora batterica diversificata. L’eccesso di certe specie di batteri su altre è stato collegato ad alcune delle patologie più frequenti fra le donne in età fertile. Lo dimostra una ricerca pubblicata su Nature Communications.
Chen Chen, che firma per prima l’articolo, e i colleghi cinesi, in collaborazione con ricercatori norvegesi e danesi, hanno raccolto i campioni cellulari di un centinaio di donne in età fertile con patologie dell’apparato riproduttivo la cui origine, almeno finora, non sarebbe riconducibile a cause di natura infettiva.
Per includere nell’analisi tutti i differenti microhabitat, i campioni provenivano da sei diversi punti del tratto riproduttivo, tra cui vagina, utero e tube di Falloppio. Per ciascun campione i ricercatori hanno estratto il DNA e analizzato la sequenza di 16S rRNA, un gene che codifica in tutti i batteri una delle subunità dei ribosomi.
Studiando la sequenza del gene, che muta lentamente nel corso dell’evoluzione, e utilizzandola come una “firma” molecolare, Chen e collaboratori sono riusciti a distinguere una specie batterica da un’altra, descrivendo la composizione della flora batterica in tutti i punti esaminati.
Questo esperimento è il primo che dimostra l’esistenza di comunità distinte di batteri nell’intero tratto riproduttivo femminile. Nell’articolo su Nature Communications gli scienziati si riferiscono alla loro scoperta definendola un continuum di flora batterica (microbiota) che cambia qualitativamente (cioè per specie batterica) e quantitativamente (cioè per numero di batteri) dalla vagina fino alle ovaie.
Diversi fattori influenzano la composizione della flora batterica vaginale, la più studiata in condizioni fisiologiche, cioè in assenza di infezioni. Tra i principali vengono citati età, stile di vita, metodo di contraccezione e ciclo mestruale. Anche nelle comunità di batteri studiate da Chen e colleghi sono emerse alcune differenze a seconda della fase del ciclo mestruale nella quale erano stati prelevati i campioni.
Nella fase proliferativa, in genere corrispondente alla seconda settimana del ciclo, le comunità batteriche di utero e vagina crescevano più che nella fase secretiva, cioè nei giorni immediatamente successivi all’ovulazione. Secondo gli scienziati, questo dato lascia supporre che il microbiota utero- vaginale potrebbe variare insieme al ciclo mestruale, probabilmente risentendo dei cambiamenti ormonali e di pH dell’ambiente cellulare (come era già stato ipotizzato per la flora batterica della vagina).
Per individuare una possibile relazione tra microbiota e alterazioni patologiche del tratto riproduttivo, i ricercatori hanno inoltre esaminato le differenze nella composizione del microbiota tra donne con disturbi frequenti in età fertile, tra cui l’adenomiosi (una condizione patologica in cui il rivestimento dell’utero, l’endometrio, sconfina nel rivestimento muscolare della parete uterina). Anche in questo caso piccole variazioni nella composizione del microbiota, come la relativa sovrabbondanza di una specie, erano associate ad uno stato patologico preciso.
I nuovi dati ottenuti da Chen e collaboratori si aggiungono ad altri che descrivono un mondo in gran parte poco conosciuto, ma che potrebbero fornire informazioni preziose per individuare alcune patologie dell’utero, anche se studi ulteriori e a lungo termine su campioni più numerosi di pazienti sono ancora necessari.
Dieta ed endometriosi
Cambiare le proprie abitudini alimentari può essere di notevole aiuto per ridurre la sintomatologia correlata all’endometriosi.
Quando si parla di dieta per l’endometriosi significa scegliere un regime alimentare che contribuirà in maniera determinante alla riduzione dei dolori e dell’infiammazione. L’obiettivo del piano dietetico è quello di migliorare la risposta insulinica e la sintomatologia globale dell’endometriosi, attraverso la combinazione di cibi antifiammatori, disintossicanti e privi di sostanze attive dal punto di vista ormonale.
Una dieta antinfiammatoria va intesa come un insieme di regole guida su cui basare la propria consapevolezza alimentare.
È noto che un maggiore consumo di fibre nella dieta aiuta la digestione, il buon funzionamento dell’intestino, una riduzione degli estrogeni circolanti nel sangue con un minore impatto sui tessuti estrogeno dipendenti. Si consiglia quindi di aumentare le fibre sino al 20 – 30% nei pasti.
Cibi consigliati
- Verdure: contengono moltissime fibre e puliscono l’organismo, sono antiossidanti.
- Cereali integrali: meglio se con poco glutine, abbassano il picco glicemico e contengono molte fibre.
- Legumi: contengono proteine e carboidrati e non contengono glutine
- Frutta: è piena di vitamine e fibre
- Semi Oleosi: per il loro alto contenuto di Omega 3 e ferro un aumentato consumo di acidi grassi omega 3 promuove la produzione della prostaglandina PGE1 che riduce il livello di infiammazione addominale determinato dalla endometriosi.
- Pesce azzurro
- Olio di Oliva
- Frutta secca: noci, noci pecan, mandorle, anacardi
- Avocado
- Semi: chia, di girasole, di zucca e di lino
Cibi da limitare
- Carne: la carne rossa è da ridurre al minimo, va preferita la carne bianca di origine e allevamento controllato
- Latticini: sono concessi ma è bene ridurli al minimo per la presenza di caseina e lattosio, preferibili quelli di capra/pecora
- Glutine: sebbene non sia da eliminare completamente, è bene assumerlo quando presente ma da farine integrali e grezze, sempre se non si sono verificate intolleranze o celiachia
Cosa evitare
- Alimenti industriali: merendine, patatine, barrette, biscotti, bevande zuccherate, prodotti confezionati e simili.
- Alcool
- Caffeina
- Prodotti caseari di origine animale di allevamento non controllato: per il loro alto contenuto di ormoni e antibiotici
- Prodotti contenenti soia: (salsa di soia, tofu, seitan, edamame..) per il loro contenuto di fitoestrogeni
- Farine bianche e prodotti da forno raffinati
- Grassi saturi
- Zucchero bianco
Integratori e nutrienti fondamentali
Esistono componenti essenziali che potrebbero indirettamente essere di aiuto alla paziente affetta da malattia endometriosica. Questi componenti sono talvolta difficili da trovare in alta concentrazione nei cibi.
Esistono tuttavia alcuni integratori contenenti i seguenti componenti:
- Vitamina C
- Vitamina D
- Acidi grassi polinsaturi omega 3
- Acidi grassi polinsaturi omega 6
- Curcuma
- Quercetina
- Nicotinammide
- Resveratrolo
- Probiotici
- Prebiotici • Sinbiotici
Si ringrazia DIANA YEDID – Ricercatrice Indipendente Gut Microbiome, per la concessione dell’articolo. Co-Autore: Dr.PierFrancesco Maggiora Vergano, Specialista in ginecologia e ostetricia, Roma; PhD in scienze oncologiche in ginecologia Università degli Studi “La Sapienza”, Roma
Gentilissimo sarebbe da aggiornare la biblio che è sparita. Lo abbiamo già segnalato.
Cordialmente.
Diana Yedid