Nel XVI secolo una serie di epidemie mortali portò alla scomparsa di una delle popolazioni più floride e potenti dell’odierno Messico: gli Aztechi. Sulla causa scatenante, i cocoliztli (“pestilenze” in lingua azteca), gli studiosi moderni non sono mai riusciti a trovare una teoria unanime: si è parlato di morbillo, vaiolo, tifo, febbre emorragica. Questo fino ad oggi! Secondo un recente studio infatti, condotto da un gruppo di genetisti con a capo Johannes Krause (Max Planck Institute, Germania), il colpevole del collasso dei nativi messicani potrebbe essere una forma di Salmonella approdata con i conquistadores.
Il lavoro dei ricercatori tedeschi ha come base l’analisi di 29 sepolture del Cinquecento, ritrovate in un antico cimitero del Messico nella zona di Oaxaca. Di questi individui, 23 sono risultati deceduti per un’epidemia avvenuta tra il 1545 e il 1550. Ma quello che ha davvero sorpreso tutti è stato il ritrovamento sui corpi di tracce di DNA batterico, identico a quello di Salmonella enterica e nello specifico al ceppo Paratiphy C. Questo batterio flagellato è in grado di indurre nell’uomo la febbre tifoide o tifo addominale, una malattia infettiva a trasmissione oro-fecale che determina febbre alta, meningismo, ulcerazioni e diarrea.
Gli studiosi sono convinti che il ceppo letale sia giunto nel Nuovo Mondo trasportato dai coloni europei, a partire dal 1519 con Hernàn Cortés. La febbre tifoide però presenta un tasso di mortalità del 10-15%, quindi come è possibile che sia stata la causa della morte dell’80% della popolazione azteca? Secondo gli autori della ricerca, il batterio rappresentò una sorta di “novità” per il sistema immunitario dei nativi, oltretutto già provati da guerre e carestie e privi di resistenze naturali.
L’importanza di tale scoperta risiede nel fatto che essa rappresenta la prima evidenza dell’identità del patogeno che causò una delle peggiori epidemie della storia umana, paragonabile solo alla peste nera in Europa. E’ anche il punto di partenza grazie al quale, secondo gli stessi ricercatori tedeschi, sarà possibile estendere la ricerca del ceppo batterico a sepolture di altre regioni del Messico.
Silvia Vallefuoco
Fonte: Focus – La Repubblica