Cosa lega il microbiota del suolo ai cambiamenti climatici?
Anche se non siamo in grado di vederli, una quantità sorprendente di microrganismi vive dentro e sopra di noi, ma soprattutto nell’ambiente che ci circonda. Sotto i nostri piedi ad esempio, si trova uno dei compartimenti ambientali più diversificati del pianeta: il suolo; al suo interno proliferano numerose comunità microbiche composte da batteri, archaea, virus, funghi e protozoi, collettivamente denominate “microbiota del suolo“.
Nel corso della storia del nostro pianeta, i microrganismi hanno influenzato il clima e sono stati plasmati a loro volta da quest’ultimo. Poiché gli habitat del suolo sono sistemi dinamici, la maggior parte dei microrganismi ha sviluppato strategie per far fronte alle mutevoli condizioni ambientali.
Generazioni microbiche si succedono le une alle altre in poche ore (una velocità di gran lunga più elevata rispetto alla maggior parte degli organismi superiori). Questo aspetto rende i microrganismi delle ‘‘sentinelle’’ ideali per comprendere gli effetti dei cambiamenti climatici sui sistemi biologici e sui cicli biogeochimici mediati da questi ultimi.
Microbiota del suolo e attività umana
Le comunità microbiche presenti nei suoli svolgono un ruolo chiave nel ciclo del carbonio ed altri elementi, nella salute degli animali (compreso l’uomo) e delle piante, nell’agricoltura e nella rete alimentare globale.
In una vasta gamma di ambienti terrestri, i microrganismi rappresentano i principali decompositori della materia organica; come conseguenza di tale attività, il microbioma del suolo rende disponibili numerosi nutrienti necessari per la crescita delle piante, nonché CO2 e CH4, che si riversano poi in atmosfera.
La biomassa microbica, insieme alla materia organica in decomposizione (resti di piante e animali), richiede milioni di anni per essere convertita in combustibile fossile. Al contrario, l’utilizzo di tali combustibili determina il rilascio di una grande quantità di gas serra in tempi brevissimi. Conseguentemente, il ciclo del carbonio risulta estremamente sbilanciato. I numerosi effetti derivanti dall’attività antropica, combinati a fattori ambientali locali, influenzano notevolmente la complessa rete di interazioni tra microrganismi, piante e animali.
C’è dunque più di un motivo per approfondire lo studio del microbioma in relazione ai cambiamenti climatici, non per ultimo la tutela della salute pubblica.
Ecosistemi del suolo sensibili al clima
Tutti gli ecosistemi presenti sulla Terra subiscono alterazioni più o meno importanti. Riportiamo di seguito un elenco degli ecosistemi più sensibili ai cambiamenti climatici.
L’Artico
L’Artico è una delle regioni più sensibili ai cambiamenti climatici. Le temperature medie aumentano a quasi il doppio della velocità globale, producendo cambiamenti drastici nel paesaggio, tra cui disgelo del permafrost (figura 1), variazioni marcate nei modelli di precipitazione e alterazioni della vegetazione. Oltretutto, a causa dello scongelamento del permafrost, i microrganismi diventano più attivi e iniziano a mobilitare l’enorme riserva di carbonio immagazzinato (~ 1.300–1.580 Pg di carbonio).
Le foreste
Le foreste (appartenenti a ciascun clima) coprono circa il 30% della superficie terrestre. Con l’aumento delle temperature, dei fenomeni di siccità e della frequenza degli incendi, gli ecosistemi forestali potrebbero trasformarsi da pozzi a fonti di CO2. Sia le comunità fungine che quelle batteriche presenti nei suoli forestali risultano influenzate dai cambiamenti climatici, ma la loro composizione e le risposte specifiche differiscono in funzione dei diversi ecosistemi forestali (figura 2).
Le praterie
Le praterie rappresentano circa il 26% della superficie terrestre globale e immagazzinano circa il 20% dello stock totale di carbonio del suolo. La potenziale vulnerabilità delle praterie a fronte dei cambiamenti climatici è intimamente correlata alle interazioni pianta-microrganismo presenti nella rizosfera e ai cicli biogeochimici. A causa del surriscaldamento globale, si sta assistendo ad un aumento dei periodi di siccità e fenomeni di incendio. I conseguenti cambiamenti nell’umidità del suolo influenzano sia la crescita delle piante, sia le comunità microbiche. A causa delle marcate differenze tra la copertura vegetale e i tipi di suolo che caratterizzano gli ecosistemi delle praterie, risulta difficile generalizzare quali saranno gli impatti a lungo termine.
Le zone umide
Le emissioni di CH4 nelle zone umide (figura 3) rappresentano la maggiore fonte naturale di metano e contribuiscono per circa un terzo alle emissioni globali. Attualmente, le politiche di mitigazione dei gas a effetto serra non includono feedback associati alle emissioni di CH4 in questi ecosistemi, ma potrebbero essere migliorate attraverso una rappresentazione più accurata delle risposte microbiche legate alla produzione di tali sostanze.
Le zone aride
Nelle zone desertiche, la carenza idrica limita l’attività delle piante e dei microrganismi. A causa dell’estensione delle regioni aride a livello globale, tali zone immagazzinano circa il 27% delle scorte totali di carbonio organico terrestre. Si prevede quindi che le aree delle terre aride possano aumentare dell’11-23% entro la fine di questo secolo. Tali cambiamenti nella disponibilità di acqua possono avere ripercussioni profonde e durature sulla salute del microbiota del suolo. Anche in questo caso risulta estremamente difficile generalizzare le risposte delle comunità microbiche in funzione dell’aumento della siccità. Le motivazioni legate a tali difficoltà riguardano il fatto che gli ecosistemi dei suoli aridi sono distribuiti in diverse regioni a livello globale (figura 4) e mostrando conseguentemente caratteristiche profondamente differenti gli uni dagli altri.
Influenza dell’ambiente del suolo sulle risposte microbiche ai cambiamenti climatici
I microrganismi del suolo rispondono a condizioni istantanee, rappresentabili su micro-scala. Le risposte biogeochimiche ai cambiamenti ambientali improvvisi spesso includono ritardi temporali quando i microrganismi riescono ad adattarsi in maniera tempestiva. Al contrario, un cambiamento graduale, come un aumento della temperatura, concede più tempo all’evoluzione, selezionando per specie con maggiore resistenza al calore e alle condizioni di stress associate.
L’acclimatazione e l’adattamento al cambiamento dipendono dal grado di perturbazione e dal tempo necessario per regolare la trascrizione e la traduzione dei geni e/o accumulare mutazioni o nuovi geni attraverso il trasferimento orizzontale.
Il duplice ruolo dei microrganismi del suolo
I microrganismi del suolo svolgono un ruolo dicotomico nella mineralizzazione del SOC (Soil Organic Carbon) e nella stabilizzazione degli input di carbonio in forme organiche. In poche parole, i microrganismi fungono da digestori dei gas a effetto serra e producono essi stessi tali sostanze. L’equilibrio tra questi due processi regola il flusso netto di CO2 e CH4 nell’atmosfera.
Livelli più elevati di CO2 nell’atmosfera aumentano la produttività primaria e quindi i rifiuti di foglie e radici delle foreste, il che porta a maggiori emissioni di carbonio a causa del degrado microbico. Temperature più elevate promuovono tassi più elevati di decomposizione della materia organica terrestre. L’effetto della temperatura non è solo un effetto cinetico sulla velocità di reazione microbica, ma deriva dagli input delle piante che stimolano la crescita microbica.
Inoltre, i servizi ecosistemici svolti dai microbiomi del suolo sono fondamentali oltre che per trattenere il carbonio del suolo, anche per per fornire nutrienti alle piante e l’importanza dei microbiomi del suolo, pertanto la possibilità di preservare un suolo sano per le generazioni future non può essere sopravvalutata.
Problematiche
Pratiche agricole
Le pratiche agricole influenzano le comunità microbiche in modi specifici. L’uso del suolo e le fonti di inquinamento perturbano la composizione e la funzione della comunità microbica, alterando in tal modo i cicli naturali delle trasformazioni di carbonio, azoto e fosforo. Le attività umane che causano una riduzione della diversità microbica riducono anche la capacità dei microrganismi di sostenere la crescita delle piante.
Patogeni
Il cambiamento climatico aggrava anche l’impatto dei patogeni. I fenomeni connessi al surriscaldamento globale stressano infatti la vita dei microrganismi autoctoni, conferendo ai patogeni maggiori possibilità di attecchimento.
Ciclo azoto
Anche il ciclo dell’azoto ha una forte influenza sui cambiamenti climatici, poiché la disponibilità di questo elemento è correlata alla produzione di CO2, N2O e CH4. In particolare, la gestione delle emissioni di N2O rimane un problema urgente poiché N2O è un potente gas serra. La gestione delle emissioni di N2O negli ecosistemi del suolo è stata una sfida per i microbiologi a causa della complessità delle comunità microbiche coinvolte e della variazione spaziale e temporale dell’ambiente del suolo. Recentemente, però, sono stati scoperti microrganismi capaci di ossidare completamente l’ammoniaca in nitrato (Comammox – COMplete AMMonia OXidiser) senza generare N2O come sottoprodotto.
Sequenziamento e metafenoma
Il sequenziamento ad alto rendimento è determinante per rivelare la diversità e la composizione microbica nei vari ecosistemi del suolo, fornendo una base di riferimento preziosa per il confronto con le perturbazioni prodotte nel tempo dall’aumento del clima.
Il diverso potenziale genetico all’interno del microbiota del suolo interagisce con i cambiamenti ambientali per indurre l’espressione genica microbica. Questa produzione fenotipica collettiva del microbiota, il metafenoma, genera un ciclo elementare su scala ecosistemica. Comprendere i parametri che collegano i fenotipi microbici locali alle risposte degli ecosistemi su larga scala è quindi una frontiera importante per migliorare i modelli climatici e gestire i microbiomi del suolo in risposta ai cambiamenti climatici.
Questa conoscenza faciliterà le previsioni sugli impatti dei cambiamenti climatici sulle funzioni del suolo e consentirà di sfruttare meglio le proprietà benefiche del microbioma del suolo per aiutare a mitigare le conseguenze negative dei cambiamenti climatici.
Come utilizzare il microbioma del suolo?
La crescente consapevolezza sugli impatti causati dal climate change sul microbioma del suolo sta portando alla comprensione dell’importanza di sfruttare le capacità microbiche per attenuare le alterazioni prodotte dai cambiamenti climatici. Questi interessi variano dalla manipolazione diretta delle comunità microbiche del suolo alla manipolazione indiretta delle loro funzioni attraverso i cambiamenti nelle pratiche di gestione del territorio o l’uso di inoculanti come probiotici ambientali.
Sequestro del carbonio
Le scorte di carbonio atmosferico possono essere ridotte mediante sequestro in forme stabili e non gassose attraverso processi biotici e/o abiotici. Il carbonio entra nel suolo attraverso l’assimilazione della CO2 atmosferica, principalmente dalle piante ma anche dai microrganismi del suolo autotrofi. Gli input di carbonio stimolano gli organismi simbiotici, che diffondono il carbonio attraverso la matrice del suolo. Le trasformazioni biochimiche microbiche del carbonio, e il successivo scambio tra le comunità, causano il ciclo e la persistenza di forme biodisponibili di carbonio in forme non biodisponibili. La capacità dei suoli di sequestrare il carbonio è maggiore nei terreni con una maggiore biodiversità. Questo sequestro include le attività concertate di batteri e funghi del suolo per la produzione di polimeri di carbonio che facilitano la formazione di aggregati del suolo e l’occlusione del carbonio del suolo nel processo.
Manipolazione in situ
In alternativa, le comunità microbiche del suolo possono essere manipolate in situ, attraverso l’aggiunta di modifiche che migliorano la loro attività di assorbimento e immagazzinamento del carbonio nel suolo. Ad esempio, il carbonio potrebbe essere immagazzinato in strati di terreno più profondi.
Anche le interazioni tra piante e microrganismi della rizosfera del suolo possono essere manipolate per facilitare lo stoccaggio del carbonio nel suolo. In questo scenario, la pianta può anche essere geneticamente modificata per selezionare microrganismi benefici che colonizzano le radici e che intrappolano specifici essudati di carbonio prodotti dalla pianta.
Microrganismi PGP (Plant Growth Promoting)
Batteri e funghi benefici per la crescita delle piante (PGP) che popolano la rizosfera possono aiutare a contrastare le conseguenze negative della siccità, ottimizzando la crescita delle piante in condizioni sempre più stressanti. I microrganismi PGP possono essere applicati come rivestimenti di semi o come integratori liquidi o granulari alle piante che crescono nelle colture specifiche (figura 5). L’esempio classico di una varietà PGP è quello di Rhizobium spp., questi batteri vengono inoculati per la fissazione di azoto biologico in associazione con legumi.
Approccio integrato
È necessario quindi un approccio integrato che utilizzi le migliori pratiche per la gestione sostenibile del suolo, per sostenere la produzione vegetale, mantenere la biodiversità. Per raggiungere questo obiettivo, c’è la necessità di integrare i dettagli su piccola scala derivanti dagli studi sul microbiota alla scala paesaggistica dei servizi ecosistemici.
L’appello dei microbiologi
Sebbene i microrganismi siano fondamentali nella regolazione dei cambiamenti climatici, raramente sono al centro degli studi riguardanti tale tematica.
Il 19 giugno del 2019, un insieme di microbiologi ha firmato un appello sulla rivista Nature, con l’intenzione di spiegare all’umanità l’importanza della ‘‘maggioranza invisibile’’. È necessaria quindi un’azione immediata per includere esplicitamente i microrganismi nelle future politiche, nello sviluppo tecnologico e nelle decisioni gestionali.
Riferimenti bibliografici
- Evans, Sarah E., and Matthew D. Wallenstein. “Climate change alters ecological strategies of soil bacteria.” Ecology letters 17.2 (2014): 155-164.
- Cavicchioli, Ricardo, et al. “Scientists’ warning to humanity: microorganisms and climate change.” Nature Reviews Microbiology (2019): 1.
- Jansson, Janet K., and Kirsten S. Hofmockel. “Soil microbiomes and climate change.” Nature Reviews Microbiology (2019): 1-12.