L’aerobiologia oceanica: (parte 2)

Nel primo articolo riguardante questa branchia dell’aerobiologia abbiamo provato a definire la composizione dell’aerobiota oceanico, parlando delle comunità microbiche ed eucariotiche che caratterizzano gli strati d’aria sovrastanti l’oceano. Continuando il nostro viaggio alla scoperta dell’aerobiologia oceanica scopriremo che significato ecologico possono assumere gli aerosol marini e tutti i fenomeni legati al trasferimento di microrganismi (in condizioni vitali e non) in atmosfera.

Le barriere ambientali

I pattern biogeografici dei microrganismi oceanici sono determinati da una miriade di fattori e richiedono a volte modelli complessi per essere esplorati e ben definiti. Per questo motivo attraverso lo studio dell’aerobiologia oceanica si prova a definirne la struttura. Due fattori fondamentali nella definizione della distribuzione microbica sono le correnti oceaniche e i venti. Proprio attraverso i venti, fondamentali nei processi aerobiologici, avviene il trasferimento di numerosi microrganismi. Tra questi, i virus legati a esopolimeri costituiscono una grande percentuale della composizione degli aerosol primari. Questo tipo di trasferimento porta molto spesso alla riduzione di quelle barriere ambientali che normalmente sarebbero presenti tra popolazioni geograficamente lontane.

aerobiologia oceanica
Figura 1 – L’oceano. [Fonte: wikimedia.org]

Residenza atmosferica: i tempi

Pochi sono gli studi sull’aerobiologia oceanica che hanno approfondito i tempi di deposizione e i flussi dei microrganismi a livello globale. La vastità della zona in analisi rende di per sé difficile estrapolare delle stime precise. Secondo uno studio condotto da Mayol et al. (2014), i microrganismi potrebbero essere in grado di viaggiare per giorni in atmosfera coprendo distanze anche consistenti. Secondo i ricercatori queste distanze potrebbero addirittura corrispondere ad un ipotetico viaggio di traversata dell’intero oceano Atlantico o Indiano.

aerobiota oceanico,aerosolizzazione
Figura 2 – Una massa aerea in viaggio dall’Atlantico al Pacifico è stata rintracciata utilizzando il NOAA Air Resources Laboratory HYSPLIT. [Fonte: Alsante et al., 2021 – frontiersin.org]

Considerando le dimensioni dei microrganismi presi in considerazione è possibile dire che per gli eucarioti unicellulari si parla di tempi di residenza in atmosfera inferiori ad un giorno. Mentre invece per i procarioti il discorso è ben diverso. Date le loro ridotte dimensioni essi sono in grado di permanere in atmosfera anche per anni coprendo distanze considerevoli come quelle prese in esame precedentemente. Fra questi consideriamo appunto cianobatteri, batteri, Archaea. Senza dimenticarci dei virus in grado di viaggiare sfruttando i fenomeni degli aerosol marini.

Residenza atmosferica: i fattori fondamentali

Il tempo di residenza atmosferica è calcolato principalmente basandosi sulle forze gravitazionali associate alle masse. Esso è alla base dello studio dell’aerobiologia oceanica e si rileva fondamentale per studiare i fenomeni che coinvolgono le masse d’aria. Le altre componenti tenute in considerazione sono taglia, densità, e forma. Oltre le forze riguardanti le particelle biologiche, vengono prese in considerazione anche le proprietà atmosferiche. Tra queste ritroviamo:

  • Velocità del vento
  • Direzione
  • Precipitazioni

Questi 3 fattori possono influenzare la distanza percorsa dai nostri amati microrganismi. Inoltre, anche strutture atmosferiche come nuvole e nebbia possono allo stesso tempo influenzarne la dispersione in altezza nell’atmosfera.

aerobiota oceanico
Figura 3 – Esempio di dinamica atmosferico-climatica globale. [Fonte: NASA]

Deposizione atmosferica: i meccanismi

La deposizione dei microrganismi può avvenire tramite due meccanismi di base. Parliamo di deposizione umida o deposizione a secco.
La deposizione a secco si basa sulla sedimentazione sotto l’influenza delle condizioni meterologiche come vento, temperatura, e umidità relativa. La deposizione umida è invece definita come uno dei maggiori meccanismi di rimozione di microrganismi dall’atmosfera. Qui il discorso cambia leggermente poiché secondo alcuni ricercatori è vista come un ipotetico meccanismo di riduzione del tempo di esposizione a fattori di stress ambientali, potenzialmente dannosi per i microrganismi.

Influenza ecologica o semplice deposizione?

Per parlare però effettivamente di influenza ecologica di questi fenomeni bisogna in primo luogo definire quando questi organismi possono svolgere un ruolo fondamentale nel cambiare le strutture eco-sistemiche. Dato che parliamo di ambienti estremi, dal punto di vista dei microrganismi, vengono ritenuti effettivamente influenti solo quei microrganismi in grado di sopravvivere alle difficili condizioni che si vengono a creare tra atmosfera e acque oceaniche. Durante la dispersione atmosferica i microrganismi fronteggiano l’esposizione a radiazioni UV crescenti, processi di essiccazione e idratazione, cambi di temperatura, esposizione a ossidanti e radicali liberi, e cambi in ulteriori fattori metabolici e fisiologici.

 fattori climatici
Figura 4 – Rappresentazione di fattori di stress nell’atmosfera che potenzialmente riducono la vitalità dei microrganismi: variazioni della salinità e del pH dell’acqua, variazione di temperatura, essiccazione e reidratazione, esposizione ai radicali liberi e ad altri ossidanti, esposizione alla radiazione solare (compresi i raggi UV). [Fonte: Alsante et al., 2021 – frontiersin.org]

L’aerosolizzazione e i fattori ambientali

Nel nostro primo articolo abbiamo definito anche aerosol primari e secondari. Questi si formano in seguito all’aerosolizzazione partendo da fenomeni diversi, per questo divisi in primari e secondari. La sopravvivenza dei microrganismi dipende proprio da fattori che vanno ad agire su quest’ultimi. I fattori maggiormente influenti sono nuovamente la temperatura, l’umidità relativa, e in aggiunta la concentrazione salina e la taglia delle gocce. La salinità risulta un fattore fondamentale poiché nei SSA (Sea Spray Aerosol) questa cambia rapidamente e significativamente sottoponendo a grandi stress osmotici i microrganismi. Questo perché spesso la salinità può essere molto più alta o più bassa della concentrazione dell’acqua di mare.

aerosol primari
Figura 5 Formazione degli aerosol. [Fonte: Alsante et al., 2021]

Altri fattori importanti sono i cambi in pH, in particolar modo la formazione di aerosol acidi, e l’esposizione alle radiazioni UV. Alcuni microrganismi sono però in grado di proteggersi da quest’ultimo fattore attraverso la produzione di particolari metaboliti secondari in grado di proteggere le cellule dai danni genetici oppure grazie alla presenza di un alto contenuto in guanina-citosina del genoma (%GC content).

Aerobiota oceanico: influenze ecologiche e dubbi

Secondo i ricercatori, che studiano l’aerobiologia oceanica, i due punti chiave da chiarire riguardo l’influenza di questa componente microbica sono:

  • Influenza sull’elaborazione del DOM (Dissolved Organic Matter) oceanico in atmosfera
  • Influenza sull’interazione aerosol-nuvole

L’atmosfera contiene materiale organico dissolto, fondamentale per supportare l’attività microbica dell’aerobiota oceanico. La domanda che tutti si pongono è appunto: “che percentuale dell’aerobiota oceanico è metabolicamente attiva?”. Attraverso l’analisi meta-trascrittomica di campioni raccolti tra le nuvole sono stati indicati diversi processi metabolici all’interno di cellule attive. Questo purtroppo è stato condotto in siti terrestri e non oceanici.

Emiliaina huxleyi , aerobiota oceanico
Figura 6 – Fioritura di E. huxleyi nel mare di Barents. [Fonte: NASA Earth Observatory]

Se però per la maggior parte dei microrganismi non siamo in grado di stabilire se essi siano in grado effettivamente di influenzare processi ecosistemici, per i virus il discorso cambia. Per certo sappiamo che i virus diffusi attraverso l’atmosfera possono apportare importanti cambi. Un esempio tipico è il virus che colpisce Emiliania huxleyi che svolge un ruolo fondamentale nel terminare i fenomeni di fioritura di questo organismo. Questo virus infatti è capace di essere trasportato per centinaia di chilometri e restare infettivo.

Colture o non colture?

Uno delle montagne, per ora insormontabili, che si oppone al chiarimento di questi meccanismi riguarda la possibilità di coltivare l’incoltivabile, in particolar modo riguardo l’aerobiota oceanico. Dato che non siamo in grado di coltivare ogni tipo di microrganismo sul nostro pianeta, gli studiosi debbono far affidamento a metodologie coltura-indipendenti. Tra queste vengono comprese le tecniche di sequenziamento che negli ultimi decenni hanno compiuto grandi passi in avanti. Da un lato i metodi di coltura permettono di indicare quali organismi sono in grado di sopravvivere, limitatamente a quelli coltivabili.

Dall’altro lato le tecniche coltura-indipendenti permettono di individuare una più ampia gamma di microrganismi non dandoci però informazioni sulla loro sopravvivenza. Esiste però un metodo innovativo in grado di darci, almeno in parte, una misura di entrambi i dati, ovvero la viability PCR (vPCR). Questa si basa sulla misura delle permeabilità della membrana che si presuppone indichi la compromissione delle membrane cellulari e quindi, in linea teorica, ci permette di valutare la vitalità della cellula. Resta comunque molto dibattuta la possibilità di distinguere fra cellule vitali e non vitali.

Conclusioni

L’aerobiologia ocenica è una scienza dinamica, in continuo sviluppo e ancora ai suoi albori. Essa è in sviluppo attraverso un approccio multidisciplinare, che integra la microbiologia oceanica, la biogeochimica, le scienze atmosferiche, le scienze climatiche e la biogeografia. Partendo dal basico esempio del virus che colpisce Emiliania huxleyi è possibile comprendere come lo studio di questa materia possa arrivare ad aumentare la nostra comprensione dei cicli biogeochimici globali. Per non parlare delle potenzialità che la dispersione aerea dei microrganismi presenta nei confronti della diversificazione di popolazioni microbiche lontane. Il suo approfondimento potrebbe spiegare molte divergenze, o semplicemente la presenza di specie simili in zone geografiche differenti. Non dimentichiamo inoltre la possibilità di aumentare la nostra conoscenza nei confronti dell’aerobiota oceanico, elemento che molto spesso viene sottovalutato.

Fonti

Foto dell'autore

Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

1 commento su “L’aerobiologia oceanica: (parte 2)”

  1. Ottimo articolo, avrei una curiosità… riporto: “Altri fattori importanti sono i cambi in pH, in particolar modo la formazione di aerosol acidi, e l’esposizione alle radiazioni UV. Alcuni microrganismi sono però in grado di proteggersi da quest’ultimo fattore attraverso la produzione di particolari metaboliti secondari in grado di proteggere le cellule dai danni genetici oppure grazie alla presenza di un alto contenuto in guanina-citosina del genoma (%GC content).” Quali sarebbero la classe di metaboliti che producono per proteggersi dagli uv? Sarei interessato a qualche riferimento che ha approfondito questo aspetto, grazie in anticipo e complimenti ancora!

    Rispondi

Lascia un commento

MICROBIOLOGIAITALIA.IT

Marchio®: 302022000135597

CENTORRINO S.R.L.S.

Bernalda, via Montegrappa 34

Partita IVA 01431780772