Legionella, cosa dobbiamo aspettarci nell’estate 2019?

Sono aumentati i casi o è aumentata la consapevolezza?

Dalla sua prima analisi in Italia sono stati contati oltre 18.000 casi di legionellosi in Italia, ma se pensiamo che solo negli ultimi anni si è iniziato a conoscere meglio il patogeno, siamo certi che questo numero sia molto più grande.

Dall’anno 2000 al 2010, i casi sono aumentati del 650% e dal 2010 al 2017 sono aumentati del 60%, sforando i 2000 casi all’anno nel 2017. Per approfondire: https://www.epicentro.iss.it/legionellosi/epidemiologia-italia

Dopo gli eventi dell’estate 2018, tra cui ricordiamo gli episodi di Bresso, in Provincia di Milano, con 52 casi che hanno portato a 5 decessi, ma anche l’episodio di circa 800 casi di polmonite batterica nella provincia di Brescia, molti dei quali legati a Legionella.

Ma cosa dobbiamo aspettarci nell’estate del 2019?

Milano, Roma, Torino, Parma, Ferrara, Asti, Trento, Meldola, sono solo alcune dei luoghi in cui negli ultimi mesi si è parlato di Legionella, creando un rumore mediatico che negli anni precedenti non si era mai sentito.

Facendo questo si è creato un aumento della consapevolezza nel cittadino, che adesso conosce meglio i sintomi della legionellosi, di come si contrae, dove si può contrarre, ma soprattutto cosa fare in fase di prevenzione.

Aumentando la consapevolezza, molto probabilmente aumenteranno anche i casi di contagio, creando sempre più allarmismo, in una Nazione in cui l’età media è alta, e come sappiamo, proprio gli anziani sono più predisposti al contagio.

Come abbiamo scritto in altri articoli Legionella manifesta i suoi sintomi se inalata, veicolata da goccioline di aerosol.

Ma quindi il rischio è ovunque?

Potenzialmente si, perché legionella è un patogeno ambientale, quindi è presente nell’acqua, ma trova le condizioni ottimali di crescita proprio nei nostri impianti, dove abbiamo accumuli di acqua calda, rubinetti poco utilizzati o sezioni di impianto idrico non utilizzato, i cosiddetti “rami morti”, caratteristiche che aumentano il rischio di proliferazione del biofilm.

Figura 1 – La Legionella può vivere e proliferare in più svariati ambienti creando biofilm

Come prevenire il rischio?

Una sola parola: PREVENZIONE.

Le prime due fasi fondamentali sono quelli di valutare il rischio, e capire se il nostro impianto è contaminato, e per farlo dobbiamo avvalerci di personale esperto, per non commettere errori che potremmo pagare cari.

La valutazione del rischio è un documento redatto da un esperto sia in materia biologica, ma anche in materia impiantistica, che ci dirà dove corriamo il rischio, quali sono le manovre da compiere per prevenirlo e quali invece da mettere in atto in caso di contaminazione.

La mancanza di questo primo elemento comporta gravi problemi e rischi, perché esistono leggi che obbligano ad avere questo documento (Analisi e valutazione del rischio legionellosi) da annettere al DVR.

Il secondo step sarà quello di analizzare l’acqua mediante le classiche campionature, unico modo certificato per capire se abbiamo presenza del patogeno Legionella.

Infine, analizzando i risultati, sulla base delle schede presenti sulle “Linee guida per il controllo e la prevenzione della legionellosi” del Maggio 2015 (Nazionali) o del Giugno 2017 (Emilia-Romagna) sapremo se dovremo intervenire con un intervento di sanificazione del circuito idrico.

Figura 2 – Estratto delle Linee guida per il controllo e la prevenzione della legionellosi

La tabella, presente nelle linee guida porta un chiaro quadro delle operazioni da svolgere.

Anche se non sono un decreto legislativo dobbiamo ricordare che le linee guida, sono definite dal Testo Unico quali “atti di indirizzo e coordinamento per l’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza predisposti dai ministeri, dalle regioni, e dall’INAIL e approvati in sede di Conferenza Stato-Regioni”. (Art. 2 c. 1 lett. z) D.Lgs.81/08)

Le linee guida sono spesso richiamate direttamente dal D.Lgs. 81/08 e piùin generale dalla normativa prevenzionistica, ma assumono un valore giuridico anche quando queste non sono richiamate direttamente dalla normativa prevenzionistica (es. dal D.Lgs.81/08), ai sensi dell’art.2087 del codice civile che pone il principio della cosiddetta “massima sicurezza tecnologicamente fattibile”, alla luce del quale, come ci ricordala giurisprudenza, “in materia di sicurezza del lavoro il datore di lavoro è tenuto ad uniformarsi alla migliore scienza ed esperienza del momento storico in quello specifico settore; e, nel caso in cui per i suoi limiti individuali non sia in grado di conoscere la miglior scienza ed esperienza, consapevole di tali limiti, deve avere l’accortezza di far risolvere da altri i problemi tecnici che non è in grado di affrontare personalmente” (Cass. Penale, Sez. IV, 16 giugno 1995 n. 6944).

Ma chi deve avere questi documenti, eseguire queste campionature, pensare quindi alla prevenzione?

Tutti quei luoghi in cui è presente il Decreto legislativo 81/08, quindi tutti luoghi di lavoro, i centri commerciali, i centri sportivi, tutte le strutture turistico ricettive (Hotel, Agriturismi, Campeggi), i palazzi-uffici, dove esiste la responsabilità del datori dei lavoro, dell’RSPP o del gestore dell’impianto. Non per ultimi i condomini, dove l’amministratore è il diretto responsabile della salubrità dell’acqua.

Ovunque esiste un potenziale rischio, basta come sempre individuarlo e prevenirlo.

Andrea Miano

Fonti: ISS, OMS, D.lgs 81/08

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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