Microalghe come alternativa sostenibile per il trattamento delle acque reflue

Acque reflue: da rifiuto a risorsa grazie alle microalghe

Potenzialità ambientali ed industriali delle microalghe

L’utilizzo di microalghe (Fig. 1) come nuova frontiera per il raggiungimento di risultati eco-friendly è un tema molto attuale e di interesse scientifico e tecnologico. Questi microorganismi presentano elevate capacità di rimozione d’inquinanti e sostanze tossiche dalle acque di scarico, contenuti lipidici interessanti per la produzione di biocarburanti e una produzione metabolica di molecole d’interesse per i settori farmaceutico e alimentare (es. proteine, carotenoidi, probiotici). Alcune specie si prestano alla produzione di tali bioprodotti che con il passare del tempo trovano un numero crescente di impieghi sul mercato.

Alghe e microalghe
Figura 1 – Fotografie di diverse specie di alghe (destra) e microalghe (sinistra).

Le microalghe sono destinabili all’alimentazione umana e animale e i loro residui possono trovare spazio come biofertilizzanti. Ciò offre un ulteriore contributo alla sostenibilità del loro impiego. Per quanto riguarda la loro applicazione negli impianti di trattamento delle acque di rifiuto, essa è proposta sia per il miglioramento delle rese depurative sia per l’ottimizzazione del bilancio energetico dell’impianto.

Un ampio interesse si è sviluppato negli ultimi decenni sulla coltivazione di microalghe, che presentano caratteristiche utili sia ai fini del biorisanamento sia ai fini del biomonitoraggio di inquinanti tossici ambientali. Le ricerche sull’uso di sistemi microalgali-batterici sono iniziate negli anni ’50, ma ad oggi i casi di realizzazioni su grande scala sono ancora pochi e, ovviamente, concentrati in zone in cui il clima è particolarmente favorevole.

Acque reflue: rifiuto o risorsa?

Secondo Eurostat 2017, quasi il 40% dell’energia chimica degli alimenti finisce nei rifiuti o nelle acque reflue (Fig. 2). I prodotti organici delle acque reflue sono concentrati attraverso impianti di trattamento aerobico delle acque che producono bio-solidi, ossia fanghi di depurazione.

Acque reflue industriali ricche di materia organica, azoto e fosforo
Figura 2 – Fotografia di un classico scarico di acque reflue di origine industriale.

Negli ultimi anni, con il miglioramento del trattamento delle acque reflue, la produzione di fanghi è notevolmente aumentata. Pertanto, oggi più che mai, vi è la necessità di ridurre la produzione di fanghi di depurazione mediante un uso più efficiente delle risorse alimentari e, allo stesso tempo, aumentare lo sfruttamento del contenuto chimico ed energetico delle acque reflue, in un’ottica di economia circolare e sistema integrato.

Inoltre, per qualsiasi industria che generi grandi quantità di acque reflue, la gestione degli effluenti in maniera conforme alle direttive dell’Unione Europea comporta costi diretti che possono essere, in alcuni casi, molto elevati. Ciò è particolarmente rilevante nel caso delle acque reflue caratterizzate da elevate concentrazioni saline, tipicamente generate dalle aziende del settore alimentare e delle bevande, dalle concerie e dalle aziende nel settore dell’acquacoltura.

In questi casi, i trattamenti convenzionali si sono rivelati spesso inefficaci poiché i processi batterici tipicamente utilizzati per l’eliminazione della materia organica e dei nutrienti sono inibiti dall’elevata salinità. Questa tipologia di acque reflue, caratterizzata da alte concentrazioni di materia organica biodegradabile, solidi sospesi, nutrienti (azoto e fosforo) e sale (fino al 15%), è estremamente difficile e costosa da trattare e il suo scarico (spesso illegale) rappresenta una grave minaccia per l’ambiente.

Il progetto Saltgae

ll progetto Saltgae è iniziato verso la fine del 2016 con l’obiettivo di fornire una soluzione più semplice ed economicamente sostenibile al problema importante del trattamento delle acque reflue dotate di elevato carico organico ed elevate concentrazioni saline.

Tale progetto si basa sull’uso innovativo di una combinazione di diverse tecnologie per l’eliminazione delle sostanze inquinanti e il loro recupero. Ad oggi, ha portato allo sviluppo di un impianto su scala dimostrativa (Fig. 3) grazie alla collaborazione scientifica tra aziende, università e centri di ricerca, coinvolgendo 21 differenti enti.

Impianto Saltgae per la depurazione algale-batterica delle acque reflue
Figura 3 – Impianto dimostrativo per la depurazione delle acque reflue industriali caratterizzate da elevate concentrazioni di sostanza organica ed elevata salinità.

Il processo messo a punto si basa su una combinazione di tecnologie di dissalazione, trattamento con microalghe e digestione anaerobica modificata mirata a riciclare energia, sostanze nutritive e produrre preziosi bioprodotti a base di microalghe.

Risultati chiave del progetto

Uno dei principali risultati di tale studio è stato l’isolamento di un ceppo batterico anaerobico tollerante al sale in grado di abbattere il contenuto organico mediante digestione anaerobica. Il passo successivo è stato lo sviluppo e l’ottimizzazione di sistemi combinati di trattamento delle acque, ossia basati sul trattamento aerobico algale-batterico (Fig. 4).

Trattamento aerobico algale-batterico per la depurazione di acque reflue
Figura 4 – Trattamento aerobico algale-batterico per la depurazione di acque reflue.

Il processo è stato progettato in modo tale che i batteri convertano le sostanze organiche in CO2 che viene rilasciata nel sistema. Quando si aggiungono le microalghe, come ad esempio le specie Botryococcus braunii (Fig. 5) o Scenedesmus obliquus, al reattore, esse possono consumare la CO2 prodotta dai batteri e convertirla nella propria biomassa usando la luce solare (fotosintesi). Un prodotto secondario di questo processo è l’ossigeno, che permette di superare la necessità di aerazione meccanica tipica dei sistemi di depurazione delle acque reflue.

Botryococcus braunii, una delle microalghe implicate
Figura 5 – Immagine al microscopio delle cellule della microalga Botryococcus braunii.

Quindi, tale processo algico-batterico non solo elimina il fabbisogno energetico di aerazione, ma cattura azoto e fosforo dall’acqua (evitando il problema ambientale dell’eutrofizzazione) e converte il carbonio contenuto nelle acque reflue in biomassa che può essere successivamente valorizzata.

Di conseguenza, il trattamento risulta molto più economico grazie alla riduzione dei costi di aerazione. Inoltre, la CO2 viene riciclata anziché essere rilasciata in atmosfera e contribuire ai cambiamenti climatici, e la biomassa può essere ulteriormente utilizzata (e venduta).

Per superare il problema delle elevate concentrazioni saline, le comunità algali-batteriche utilizzate nell’impianto messo a punto, sono state adattate per aumentare la propria resistenza alla salinità.

Uno schema di processo integrato

L’ultimo aspetto studiato è stato il recupero e la valorizzazione della biomassa algale. Infatti, tale trattamento produce una quantità significativa di biomassa e il suo sfruttamento è un aspetto importante per garantire la sostenibilità ambientale ed economica dell’intero processo. La biomassa algale viene recuperata mediante sistemi a membrana che ne consentono la concentrazione fino a circa 250 g/L. Dopo il recupero è stato messo a punto un sistema di essiccamento delle microalghe e il loro utilizzo come mangime per animali in un’ottica di schema integrato volto a massimizzare l’uso dei substrati e minimizzare gli scarti.

Nicola Di Fidio

Sitografia:

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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