Nano-antibiotici per sconfiggere le resistenze batteriche

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By Francesco Centorrino

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Electron microscope image of a colony of C. difficile growing in the lab. MANDATORY CREDIT David Goudling (The colour has been added for effect) Margaret Munro (Postmedia News) microbe series: xxxx-Global Menace For Margaret Munro human microbiome series

Una delle minacce più pericolose che ci troviamo ad affrontare al giorno d’oggi è l’insorgenza delle resistenze batteriche.

La creazione di ceppi batterici super resistenti (in parte imputabile all’evoluzione ed alla selezione naturale, in parte all’uso sempre più scorretto e disinformato degli antibiotici: http://microbiologiaitalia.altervista.org/le-resistenze-batteriche-limportanza-del-bugiardino/) è ormai un problema di primissimo piano, in quanto quasi 700 mila persone nel mondo muoiono ogni anno a causa di infezioni dovute a batteri resistenti.

Le stime parlano chiaro: se non si troverà il modo di fermare questi super batteri i decessi potrebbero aumentare di 10 volte entro il 2050, in uno scenario che sembra un ritorno al passato nell’era pre-antibiotica, quando le infezioni erano lo spettro più temuto dall’uomo.

Gli studi sono quindi volti da un lato all’informazione sull’importanza di dosi e tempi di somministrazione dei farmaci, dall’altra alla ricerca di nuovi super-antibiotici in grado di tenere testa ai super-batteri.

Nell’era di internet, dove la mala informazione fatta di link ambigui e complotti sussurrati riceve spesso più fiducia da parte dell’utente medio rispetto all’informazione ufficiale corredata da dati e statistiche, il tentativo di informare sta fallendo (vedasi anche il calo preoccupante di vaccinazioni e il risorgere di patologie infettive sconfitte), mentre la ricerca di un super antibiotico sta dando i suoi frutti.

Stiamo parlando del progetto di ricerca pubblicata su Nature Scientific Reports, frutto del lavoro dei ricercatori dell’Università di Firenze (UNIFI) coordinato da Debora Berti e Costanza Montis, a cui hanno collaborato la School of Pharmacy e la School of Medicine della University of East Anglia (Norwich, UK), Procarta Biosystems Ltd (Norwich, UK), nell’ambito del progetto europeo IAPP (Marie Curie Industry-Academia Partnerships & Pathways).

Il cuore del progetto è proprio il prototipo di un nuovo super antibiotico nano-strutturato per il trattamento di infezioni batteriche resistenti agli antibiotici tradizionali: “Una delle sfide della medicina di oggi – commenta Debora Berti – è legata al trattamento delle infezioni batteriche: gli antibiotici tradizionali sono progressivamente sempre meno attivi e numerosi ceppi batterici hanno sviluppato meccanismi di resistenza nei loro confronti. A fronte di ciò la scoperta di nuove molecole con proprietà antibiotiche è diminuita nel tempo, e la loro disponibilità sul mercato è inadeguata. In questo contesto è essenziale lo sviluppo di nuovi antibiotici, di formulazione innovativa, che siano versatili e applicabili per il trattamento di infezioni batteriche di diversa origine, e che superino i meccanismi di resistenza batterica”.

Ma come funziona ed in cosa è diverso dagli altri numerosi antibiotici?

Meccanismo di funzionamento del nano-antibiotico

Questo nuovo antibiotico è costituito da due componenti: la prima è una molecola cationica (vale a dire portatrice di carica positiva) in grado di interagire con la membrana dei batteri, creando delle crepe che permettano l’entrata della seconda componente; questa seconda componente è formata da un oligonucleotide (una corta sequenza di basi azotate, componenti fondamentali degli acidi nucleici) che è in grado di interferire con i meccanismi di trascrizione del DNA (il processo che porta alla formazione delle proteine) impedendone la corretta duplicazione e pertanto condannandoli a morte. La combinazione di queste due componenti forma una nano-particella detta “nanoplex” di circa 160 nanometri di diametro (infinitamente piccola se si pensa che un batterio è grande mediamente un migliaio di nanometri, per esempio Escherichia coli 2000 nm).

La differenza rispetto agli altri antibiotici è il meccanismo: “il fatto che i normali meccanismi di resistenza che il batterio può sviluppare sono inefficaci nei confronti degli oligonucleotidi e la possibilità di modificare facilmente gli oligonucleotidi stessi per renderli attivi contro diversi target all’interno dello stesso batterio o su batteri diversi. L’antibiotico può essere, quindi, modulabile per essere utilizzato per il trattamento di batteri Gram-negativi e Gram-positivi, cambiando in maniera opportuna l’oligonucleotide”.

Come abbiamo detto, quindi, questo farmaco ad oggi è solo un prototipo, che deve ancora affrontare il lungo e tortuoso percorso dei clinical trial (della durata non trascurabile di una decina d’anni), ma i primi risultati sull’efficienza di questa nano-particella sono già stati ottenuti: “Nel nostro caso la strada della sperimentazione è ancora lunga, ma l’efficacia di questo nano-antibiotico è già stata dimostrata su modelli animali, nello specifico nel trattamento da infezioni di Clostridium difficile.

Electron microscope image of a colony of C. difficile

Fonti: Nature Scientific Reports, Antimicrobial Nanoplexes meet Model Bacterial Membranes: the key role of Cardiolipin; DOI: 10.1038/srep41242

Laura Tasca

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