Casi irrisolti, morti violente senza colpevoli, sono spesso notiziati, colpendo la nostra sensibilità.
Negli ultimi anni, in aiuto dei tecnici scientifici delle autorità competenti, che si occupano dello studio delle prove incriminate, è giunta una risorsa inaspettata: la microbiologia forense.
Per confermare e differenziare la natura di liquidi biologici, viene in supporto l’individuazione di genomi procariotici. Il team del Dott. Vincenzo Romano La Spica, docente di Igiene Pubblica presso il Laboratorio di Epidemiologia e Biotecnologie dell’Università Foro Italico di Roma e i carabinieri del R.I.S di Roma, alcuni anni fa hanno evidenziato l’importanza dell’innovata disciplina in campo forense, in particolare lo studio del DNA della microflora, ovvero mfDNA (microfloraDNA). Le regioni corporee, quali la cavità orale, la zona genitale ed anale, sono popolate da microrganismi ben definiti che creano un equilibrio microbico stabile. La caratterizzazione molecolare di tale proliferazione batterica può effettivamente facilitare la differenziazione tra fluidi biologici e altro.
Quindi la traccia batterica lasciata, possiamo definirla “firma microbica sulla scena del crimine”. A tal proposito esiste un kit, la cui funzionalità si basa su l’utilizzo del DNA genomico dei microrganismi come indicatore, dando una diagnosi di compatibilità o esclusione.
Uno studio [S. Giampaoli et al. / Forensic Science International: Genetics 6 (2012) 559–564] conferma il potenziale dell’mfDNA, identificando secrezioni vaginali tramite una miscela di oligonucleotidi specifici del genere Lactobacillus, popolazione microbica della mucosa vaginale, amplificati da una multiplex RT-PCR.
Nasce una seconda impronta digitale: i batteri. Uno studio pubblicato su Microbiome e condotto all’Argonne National Laboratory dell’Università di Chicago, mostra come sia possibile rintracciare i nostri movimenti tramite i microrganismi presenti sul nostro corpo, indumenti, accessori che portiamo con noi.
Lo studio condotto da Simon Lax ha evidenziato come l’interazione tra batteri e ambiente cambia nel tempo, permettendo di rintracciare i movimenti di una persona. Tramite tamponi sterili sono stati prelevati i microrganismi dalle scarpe e cellulari di due volontari, inoltre per due giorni sono stati analizzati i batteri presenti sul pavimento della stanza ove si muovevano i due individui. Analizzando i microrganismi presenti, è stato possibile scoprire i movimenti dei soggetti nella stanza, grazie al cambiamento della composizione batterica delle scarpe, nel tempo.Un altro esperimento ha permesso di identificare il luogo in cui erano stati i volontari, grazie all’analisi dei batteri presenti sui cellulari e sulle scarpe, i quali variavano a seconda della localizzazione geografica.
L’autopsia di un cadavere è un altro punto cardine di un’indagine investigativa ed anche in questo caso è fondamentale porre attenzione al “necrobioma” del corpo. Il processo di decomposizione è una successione di specie di batteri , al contrario di come si pensava prima. Molti batteri attragono specifici insetti per le sostanze chimiche che rilasciano. Insomma, i cadaveri hanno un ecosistema fondamentale per capire da quando tempo sia avvenuta la morte, soprattutto nei casi di cadaveri ritrovati dopo mesi.
La “micro-squadra” omicidi è presente in diversi momenti fondamentali dell’indagine e potrebbe fornire il dettaglio prezioso alla risoluzione dei casi irrisolti.
Veronica Nerino
Fonte:
I batteri utili testimoni sulle scene del crimine – I.FO.R.LAB
Scena del crimine: i batteri come le impronte digitali – Galileo
Il necrobioma – 4lofting