Chi erano gli uomini di Neanderthal?
Siamo abituati a guardare all’uomo come un animale unico nel suo genere, solo nella sua sofisticata complessità. Eppure, non è stato sempre così. Solo trenta mila anni fa, un tempo relativamente breve nella storia dell’uomo, convivevano insieme a noi altri individui: gli uomini di Neanderthal.
A differenza dell’opinione comune, gli uomini di Neanderthal non sono nostri antenati ma sono un’altra specie del genere homo che, per tanti anni, ha abitato sulla Terra e ci ha donato parte del genoma.
In questo articolo prenderemo in esame un aspetto interessante della microbiologia legata ai Neanderthal: il microbiota. Anche se questo sembra un argomento molto distante dai nostri interessi, scopriremo in realtà, come i nostri ormai estinti parenti ci aiutano a capire meglio noi stessi.

Microbiota e microbioma
Prima di procedere con l’articolo dobbiamo fare un passo indietro e spiegare cosa sia il microbiota e quale differenza intercorre tra questo e il microbioma.
Quando parliamo di microbiota facciamo riferimento all’insieme dei microrganismi che popolano uno specifico ambiente in un determinato momento. Il microbiota umano sarà quindi l’insieme delle cellule microbiche che, in un dato istante, risiedono nel nostro organismo.
L’importanza del microbiota è stata ormai largamente dimostrata, contribuisce infatti alle normali funzioni del nostro corpo, costituisce una difesa contro i patogeni e produce sostanze che non siamo in grado di fare (per esempio la vitamina K). Inoltre, i cambiamenti dei batteri che compongono il microbiota sono correlati a numerese patologie.

Con microbioma invece si intende tutto il patrimonio genetico posseduto dal microbiota, quindi, nel caso dell’uomo, i geni contenuti dai microrganismi che vi risiedono. In un certo senso potremmo dire che il microbioma corrisponde ad un nostro secondo genoma, in quanto alcuni geni presenti nei batteri sono assenti nel nostro organismo, eppure essenziali per le nostre funzioni biologiche.
Il microbiota dei Neanderthal
Sono stati alcuni ricercatori internazionali, guidati dagli studiosi dell’Università di Bologna, ad effettuare un’importantissima ricerca sul microbiota intestinale neandertaliano. Negli anni passati si erano già studiati i batteri attraverso studi condotti su placche dentali e ossa, ma stavolta ad essere stato analizzato è del materiale fecale trovato nel sito El Salt, Spagna.
![Sito di El Salt, Spagna. [Crediti:https://www.nature.com/articles/s42003-021-01689-y/figures/1]](https://www.microbiologiaitalia.it/wp-content/uploads/2021/09/immagine-15.jpg)
I ricercatori hanno analizzato il DNA antico presente nei campioni riconducibile ai batteri intestinali e hanno ipotizzato la presenza di un microbiota ancestrale.
In particolare, sono stati individuati microrganismi produttori di acidi grassi a corta catena quali Blautia, Dorea, Roseburia, Rumunicoccus, Subdoligranulum, Faecalibacterium e Bifidobacterium. I primi sono stati fondamentali per ricavare energia dalle fibre mentre il Bifidobacterium ha un ruolo chiave nella regolazione del sistema immunitario.
Questa scoperta, che sembra di poco conto, ha in realtà un profondo significato in termini evolutivi: i batteri trovati costituiscono un nucleo presente in entrambe le specie homo e probabilmente nell’antenato comune di sapiens e neanderthal. Questa considerazione è importante per capire quali sono i batteri fondamentali per la salute umana e che quindi si sono mantenuti nel corso dei millenni.
Un problema di biodiversità
Un altro dato importante ottenuto dalla ricerca è stata la rilevazione dei cosiddetti “old friends”. Con questa espressione i ricercatori parlano di tutti quei microorganismi che, a causa della vita moderna, oggi sono deficitari nel nostro microbiota.
Abbiamo già parlato di questa problematica in un recente articolo e abbiamo paragonato il microbiota come ad un ecosistema dove piante, animali e insetti convivono contribuendo a mantenere un equilibrio. Cosa succede se questo equilibrio viene alterato? Come accennato prima, un cambiamento nella biodiversità del microbiota è correlato a numerose patologie. Tra queste troviamo l’obesità, la sindrome metabolica e il diabete mellito. Recenti studi hanno anche messo in evidenza come l’alterazione degli equilibri intestinali siano un marcatore della depressione.
Come possiamo fare quindi per mantenere un buon equilibrio? La risposta è sicuramente da ricercare in una dieta sana ed equilibrata, forse una dieta più vicina a quella dei nostri antenati.
«Nell’attuale contesto di modernizzazione, in cui si assiste a una progressiva riduzione della diversità del microbiota, queste informazioni ci possono essere d’aiuto per creare nuove strategie integrate, tra dieta e stile di vita, dedicate a proteggere i microrganismi che sono essenziali per la nostra salute. È importante arrivare a promuovere stili di vita che siano sostenibili per il nostro microbiota intestinale, favorendo il mantenimento di una configurazione che sia compatibile con la nostra biologia».
Candela
![Schema raffigurante le diverse patologie correlate ad un cambiamento della biodiversità del microbiota umano. [Crediti:https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2095809917301492]](https://www.microbiologiaitalia.it/wp-content/uploads/2021/09/immagine-26.jpg)