Ormoni vegetali

Ormoni vegetali: che cosa sono?

Gli ormoni vegetali, detti anche fitormoni, sono messaggeri chimici prodotti dalle cellule dei tessuti vegetali. Sono molecole in grado di modulare vari processi cellulari, interagendo con quelle proteine che hanno funzione di recettore legate alle vie di trasduzione cellulare. Molti ormoni sono sintetizzati in un tessuto e vengono dislocati attraverso la traslocazione dei soluti in siti specifici, in cui agiscono a piccolissime concentrazioni.

Sono in grado di esercitare una forte azione sulle vie metaboliche vegetali, sul controllo dell’accrescimento dei tessuti e numerose altre funzioni fisiologiche della pianta. È possibile quindi affermare che i gli ormoni agiscono in tutte le fasi di sviluppo della pianta, dalla germinazione del seme alla senescenza, attraverso la stimolazione della crescita, la coordinazione tra le cellule e i tessuti della pianta.

Figura 1: Gli ormoni vegetali agiscono in tutte le fasi di sviluppo della pianta. Nell'immagine, un bagolaro (Celtis australis) ha perso le foglie seguendo la variazione stagionale, processo in cui intervengono gli ormoni vegetali [Photo: Vanessa Vitali].
Figura 1: Gli ormoni vegetali agiscono in tutte le fasi di sviluppo della pianta. Nell’immagine, un bagolaro (Celtis australis) ha perso le foglie seguendo la variazione stagionale, processo in cui intervengono gli ormoni vegetali [Photo: Vanessa Vitali].

Il concetto di regolazione ormonale della crescita delle piante risale al XIX secolo. Charles e Francis Darwin dedussero che lo sviluppo e accrescimento degli organi vegetali (in particolare gli apici) dovessero essere regolati da particolari sostanze, segnali di crescita prodotti dalle piante. Nonostante ciò, solo molto tempo dopo (qualche decennio fa), in seguito a molti studi di ricercatori tra i quali P. Boysen-Jensen, A. Paál, e Frits Went, si arrivò alla dimostrazione dell’esistenza di queste sostanze.

Principali tipologie di ormoni vegetali

I principali ormoni vegetali che modulano lo sviluppo delle piante sono: auxine, citochinine, etilene, acido abscissico, gibberelline, brassinosteroidi.

Una buona varietà di altri fitormoni esercita un ruolo fondamentale nella resistenza ai patogeni e nella difesa dagli erbivori. Questi sono le forme coniugate e libere dell’acido giasmonico, l’acido salicilico e alcune molecole peptidiche. Lo strigolattone è una molecola di segnale che regola la crescita delle gemme laterali.

Auxine

I primi ormoni vegetali ad essere studiati furono proprio le auxine. La presenza dell’auxina è stata riscontrata in ogni aspetto della crescita e sviluppo di una pianta. Inoltre, la fisiologia vegetale ci ha rivelato che l’auxina e la citochinina (un altro fitormone) sono necessari per la vitalità dell’embrione vegetale e sono continuamente richiesti, a differenza degli altri ormoni che, invece, agiscono come regolatori specifici di processi di sviluppo.

Il nome auxina deriva dal greco auxein, che significa “aumentare” o “crescere”. L’auxina è sintetizzata nei tessuti in rapida divisione e accrescimento, soprattutto nell’apice di un germoglio, ma anche le giovani foglie e meristemi apicali delle radici. Viene trasportata in senso basipeto o acropeto ad ogni tessuto vegetale. Il rifornimento di questa sostanza ai tessuti vegetali è necessario per favorirne il continuo sviluppo e allungamento delle cellule. In particolare, le auxine inducono la crescita nelle cellule degli apici vegetativi, degli abbozzi fogliari e delle gemme fiorali. Stimolano l’accrescimento in senso longitudinale dei tessuti posti al di sotto dell’apice, promuovono l’allungamento delle cellule nei coleottili e la divisione in colture di calli in presenza di citochinine, la formazione di radici avventizie su foglie e fusti recisi.

L’auxina naturale principale è l’acido indol-3-acetico (IAA), la più abbondante e fisiologicamente importante; si muove in senso basipeto negli organi caulinari e in senso acropeto nelle radici.

Figura 2: Struttura dell'acido indol-3-acetico [Photo: Vanessa Vitali].
Figura 2: Struttura dell’acido indol-3-acetico [Photo: Vanessa Vitali].

La sua struttura relativamente semplice ha consentito di sintetizzare in laboratorio una gran varietà di molecole che oggi vengono utilizzate contro le piante infestanti in agricoltura. I siti primari di produzione dell’IAA sono i meristemi apicali dei germogli e le giovani foglie. Anche nelle radici troviamo importanti siti di produzione di auxine, anche se la loro crescita dipende da quelle distribuite dal germoglio.

L’influenza sulla crescita della radice è stata una funzione difficile da dimostrare. Questo perché a concentrazioni superiori a quella ottimale, l’auxina induce la produzione di etilene, ormone gassoso che inibisce l’allungamento delle cellule della radice e del fusto. Quindi, le radici necessitano di basse concentrazioni di auxina per crescere, ma il loro accrescimento è inibito dalle concentrazioni che promuovono l’allungamento del fusto e del coleottile. Auxine ed etilene interagiscono differentemente nei tessuti radicali per controllarne la crescita. Un altro fenomeno da non dimenticare in cui troviamo l’azione delle auxine è il tropismo.

Citochinine

Le citochinine sono state trovate per la prima volta nel corso di una ricerca sui fattori che stimolano la divisione delle cellule vegetali. Questi ormoni vegetali influiscono su molti processi fisiologici e di sviluppo, quali la senescenza fogliare, la mobilitazione di nutrienti, la dominanza apicale, lo sviluppo vascolare, l’interazione con altri organismi, la formazione di meristemi apicali e la loro attività, l’interruzione della dormienza delle gemme, il differenziamento dei cloroplasti, l’espansione del cotiledone e delle foglie, influenzano il segnale luminoso tramite il fitocromo, etc.

Riguardo l’influenza esercitata sui meristemi apicali delle radici, la sovraespressione della citochinina ossidasi aumenta la crescita delle radici (come osservato da alcuni studi sul tabacco), aumentando la dimensione del meristema apicale della radice. Ma la funzione principale è il controllo della divisione cellulare, importante per la crescita e sviluppo della pianta.

Gli studi eseguiti su latte di cocco suggerirono che potesse contenere una sostanza che stimolava le cellule mature a rimanere nel ciclo di divisione cellulare. Successivamente, molti anni dopo la scoperta delle citochinine, questa sostanza venne identificata come zeatina da David Stuart Letham nel 1973, che la identificò nel mais (Zea mays). La prima citochinina scoperta fu il suo analogo sintetico: la chinetina.

Figura 3: Struttura della chinetina [Photo: Vanessa Vitali].
Figura 3: Struttura della chinetina [Photo: Vanessa Vitali].

F. Skoog e collaboratori (anni ’40-’50), nel corso dei loro studi su tabacco sulla capacità di determinate sostanze di indurre la proliferazione dei tessuti, ipotizzarono che gli acidi nucleici potessero avere una capacità stimolante per la divisione cellulare. Dopo la scoperta che il DNA di sperma di aringa invecchiato o autoclavato aveva un buon effetto promotore sulla divisione cellulare, identificarono dall’acido nucleico un derivato dell’adenina, la chinetina (6-furfuril amminopurina).

In presenza di auxina, la chinetina era in grado di stimolare la proliferazione in coltura del tessuto parenchimatico del midollo del tabacco. La chinetina, però, non è un regolatore vegetale della divisione cellulare e non è presente come base degli acidi nucleici, ma è un sottoprodotto della degradazione del DNA indotto dal calore.

Effettivamente, la prima citochinina naturale scoperta fu la zeatina, o 6-(4-idrossi-3-metilbutil-2-enilammino)purina, che esiste nelle piante superiori nelle configurazioni cis e trans. Questa stimola la divisione delle cellule vegetali mature quando è presente l’auxina.

Figura 4: Configurazioni trans e cis della zeatina [Photo: Vanessa Vitali].
Figura 4: Configurazioni trans e cis della zeatina [Photo: Vanessa Vitali].

Chinetina e zeatina sono derivati dell’adenina (amminopurina) e presentano un legame con azoto in posizione 6 dell’adenina. Altre citochinine differiscono dalla zeatina per la diversa catena laterale legata all’azoto in posizione 6. Queste possono essere presenti nella pianta sottoforma di ribosidi, ribotidi e glicosidi.

Etilene

L’etilene, identificato chimicamente come ormone e prodotto naturale del metabolismo vegetale nel 1934 da R. Gane e collaboratori, fu scoperto per i suoi effetti sulla maturazione dei frutti e sulla crescita dei germogli. Nel XIX secolo, periodo in cui per l’illuminazione stradale veniva utilizzato il gas, si notò che gli alberi più vicini ai lampioni perdevano le foglie più velocemente degli altri. Si dedusse che il gas e gli inquinanti erano la causa di un danneggiamento dei tessuti vegetali e l’etilene venne identificato come composto attivo del gas da carbone (1901).

D. N. Neljubov nel 1091 notò che le pianticelle di pisello cresciute al buio in laboratorio mostravano crescita anomala (es. scarso allungamento del fusto), ma se spostate all’aria aperta la crescita riprendeva normalmente; la spiegazione fu la presenza di etilene in laboratorio.

H. H. Cousins (1910) notò che le arance stoccate in una camera insieme alle banane provocavano la loro prematura maturazione. In realtà, oggi sappiamo che le arance producono quantitativi molto piccoli di etilene rispetto ad altri frutti. Perciò si suppone che quelle utilizzate da Cousins fossero infette da Penicillium sp., fungo che produce quantità elevate di questo ormone.

L’etilene non fu riconosciuto subito come ormone, in quanto i fisiologi pensavano che i suoi effetti fossero mediati dall’auxina. Inoltre, non esistevano tecniche chimiche per quantificarlo. La sua riscoperta come regolatore della crescita vegetale avvenne grazie a S. P. Burg e K. V. Thimann nel 1959 con l’avvento della gas cromatografia.

Figura 5: Struttura dell'etilene [Photo: Vanessa Vitali].
Figura 5: Struttura dell’etilene [Photo: Vanessa Vitali].

L’etilene regola molti processi che avvengono nelle piante, come la germinazione dei semi, l’espansione e il differenziamento cellulare, la fioritura e la determinazione del sesso in determinate specie, la senescenza e l’abscissione. Inoltre, promuove la maturazione dei frutti; per la pianta, consiste nei processi che rendono i semi pronti per essere dispersi nell’ambiente. Tra questi, l’ammorbidimento dei tessuti del frutto grazie all’azione di enzimi, rendendolo commestibile agli animali che, nutrendosi, aiuteranno la dispersione.

Caratteristica particolare dei frutti che maturano in presenza di etilene è l’aumento della respirazione prima della maturazione, detto climaterico. Questi frutti prendono il nome di climaterici (es. banane, pesche, mele). I frutti che non manifestano un aumento della respirazione pre-maturazione e della produzione di etilene sono detti non-climaterici (es. uva, agrumi).

L’etilene svolge funzione importante anche nell’abscissione, ovvero la caduta di foglie, fiori e frutti dall’albero. Questo processo avviene all’interno degli strati di abscissione, strati di cellule che si differenziano a livello morfologico e biochimico nel corso dello sviluppo dell’organo.

Una serie di enzimi, tra cui cellulasi e poligalatturonasi, concorrono all’indebolimento e degradazione delle pareti cellulari, portando alla caduta della foglia. In questo processo, l’etilene è l’ormone primario, e l’auxina agisce come soppressore dell’effetto etilenico ma, se in concentrazioni elevate, le stesse auxine stimolano la produzione di etilene.

Acido abscissico

I fisiologi vegetali sospettavano che la dormienza dei semi e delle gemme fosse dovuta all’influenza di composti inibitori, che hanno cercato di isolare da numerosi tessuti vegetali, per esempio dalle gemme dormienti. Questi esperimenti comprendevano la cromatografia su carta e saggi biologici sulla crescita dei coleottili di avena, che portarono all’identificazione di inibitori di crescita.

Tra questi la dormina, estratta e purificata dalle foglie di sicomoro raccolte all’inizio della fase di dormienza (autunno). Lo studio della dormina fece notare che questa era uguale all’abscissina II, che promuove l’abscissione dei frutti di cotone. Per questo, il composto venne denominato acido abscissico (ABA).

L’acido abscissico regola la dormienza e maturazione dei semi, inibisce la germinazione precoce e la viviparia (o germinazione di pre-raccolto), promuove l’accumulo di sostanze di riserva nel seme e la tolleranza alla disidratazione, favorisce la crescita della radice e inibisce quella del germoglio in presenza di bassi potenziali idrici.

Promuove la senescenza fogliare (indipendentemente dall’azione dell’etilene), chiude gli stomi delle foglie in risposta a fenomeni di stress idrico, regola i canali ionici e ATPasi della membrana plasmatica delle cellule di guardia. Il coinvolgimento di questo ormone vegetale nell’abscissione dipende dalla specie vegetale: in alcune piante, infatti, promuove la senescenza (eventi che precedono la caduta) ma non l’abscissione.

La struttura dell’acido abscissico esiste nelle configurazioni cis e trans, ed è determinata dall’orientamento del gruppo carbossilico legato al secondo carbonio (C2). In natura, questa molecola è presente soprattutto in forma cis, cui per convenzione ci si riferisce solitamente parlando di acido abscissico. In corrispondenza del carbonio 1 dell’anello vi è un atomo di carbonio asimmetrico, che consente di ottenere gli enantiomeri S (forma naturale) e R.

Figura 6: Struttura di (S)-cis-ABA [Photo: Vanessa Vitali].
Figura 6: Struttura di (S)-cis-ABA [Photo: Vanessa Vitali].

L’acido abscissico viene sintetizzato nelle radici e viene trasportato verso i siti di azione attraverso i condotti xilematici e floematici. Questo trasporto avviene in concentrazioni variabili a seconda che la pianta sia idratata (1,0 – 15,0 nM) o in condizioni di stress idrico (fino a 3000 nM) e a seconda della specie.

Gibberelline

Già da prima degli anni ’30, i coltivatori giapponesi avevano a che fare con Gibberella fujikuroi, fungo che provocava nel riso la malattia bakanae. Coltivando il fungo in laboratorio, negli anni ’30 gli scienziati giapponesi ottennero cristalli impuri con attività di promozione della crescita delle piante, cui dettero il nome di gibberellina A.

Negli anni ’50, scienziati statunitensi, inglesi e giapponesi, che lavoravano in diversi gruppi di ricerca, isolarono diverse gibberelline. Tra queste, gli scienziati USA e inglesi isolarono l’acido gibberellico; gli scienziati giapponesi, invece, isolarono gibberellina A1, A2 e A3. Quest’ultima si scoprì essere lo stesso composto isolato dagli altri due gruppi di ricerca.

Figura 7: Struttura dell'acido gibberellico [Photo: Vanessa Vitali].
Figura 7: Struttura dell’acido gibberellico [Photo: Vanessa Vitali].

Le gibberelline promuovono l’allungamento e la divisione cellulare, la germinazione dei semi e il loro sviluppo precoce. Stimolano l’accrescimento della radice e del fusto, regolano la transazione della pianta dalla fase giovanile a quella adulta.

Hanno effetto sulla formazione dei fiori e sulla determinazione del sesso, promuovono lo sviluppo del polline e l’accrescimento del tubetto pollinico, la fruttificazione e la partenocarpia. L’embrione sintetizza e libera gibberelline nell’endosperma durante la germinazione.

Inibitori della biosintesi delle gibberelline hanno permesso di ridurre l’altezza di alcune piante di cereali diminuendo la lunghezza degli internodi. Ciò ha favorito la riduzione delle problematiche date dall’allettamento. Questi inibitori consentono di controllare l’ampiezza e la dimensione delle piante coltivate in serre e vivai. Differentemente, i trattamenti con le gibberelline inducono l’accrescimento dei frutti come l’uva da tavola senza semi.

Brassinosteroidi

I brassinosteroidi sono un gruppo di ormoni steroidei che svolgono ruoli fondamentali in diversi processi di sviluppo. Tra questi troviamo la divisione cellulare, la distensione cellulare nelle radici e nel fusto, la fotomorfogenesi, la risposta agli stress, lo sviluppo riproduttivo, la senescenza fogliare.

Nel 1970 J. W. Mitchell e collaboratori pubblicarono i loro studi in cui mostrarono che l’attività stimolatrice si trovava soprattutto negli estratti con solventi organici di polline di colza (Brassica napus). I composti trovati nel polline vennero definite brassine. Il loro comportamento è differente rispetto a quello degli altri ormoni in quanto causano la distensione, la divisione cellulare, il ripiegamento, il rigonfiamento e la divisione del secondo internodo nel saggio biologico del secondo internodo di fagiolo. La capacità di questi composti di agire a basse concentrazioni portò Mitchell a proporre la formazione di una nuova famiglia di ormoni vegetali.

Oltre alle funzioni sopra citate, i brassinosteroidi promuovono o inibiscono la crescita della radice, il differenziamento dello xilema, l’accrescimento del tubetto pollinico e la germinazione dei semi.

Fonti

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Redazione Microbiologia Italia

Saranno elencati di seguito gli articoli di alcuni contributori e di articolisti che in passato hanno collaborato con Microbiologia Italia

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