Generalità
Gli anestetici locali sono una classe di farmaci molto utilizzata e che determina una perdita di sensibilità in una particolare porzione del corpo. Oltre a questa azione, sono inoltre caratterizzati allo stesso tempo dalla mancanza di effetti sul mantenimento della coscienza e della capacità del sistema nervoso di regolare le funzioni vitali dell’organismo.
Storicamente, il primo anestetico ad azione locale ad essere stato scoperto è la cocaina nel XIX secolo. La sua introduzione in ambito medico avvenne nel contesto di operazioni chirurgiche in oftalmologia. La maggior parte dei composti facenti parte ad oggi di questa classe farmacologica, deriva proprio dalla cocaina.

I composti appartenenti a questo gruppo (Fig.1) condividono una tipologia di struttura chimica tipica che ci permette di divederli grossolanamente in due gruppi. Gli anestetici locali infatti hanno tendenzialmente una legame intermedio che separa un anello aromatico lipofilo e un’amina terziaria, o a volte secondaria, idrofila. In base alle tipologie di legame, distinguiamo legami esterei o amidici.
I principi attivi facenti parte degli anestetici locali si distinguono, oltre che in base alla tipologia di legame della catena intermedia, anche a seconda della durata d’azione. Definiremo perciò, come precedentemente menzionato, due macrogruppi: uno è quello degli amino-amidi, l’altro quello degli amino-esteri. Si può inoltre porre un’ulteriore distinzione all’interno di queste due classi, suddividendole in farmaci a lunga e a breve durata d’azione.
Indicazioni e controindicazioni terapeutiche
Il loro impiego principale risulta quello in ambito chirurgico, specialmente nel contesto di operazioni di minore entità. Tuttavia gli anestetici locali trovano impiego anche in ulteriori campi: ad esempio nell’ambito dell’anestesia spinale ed epidurale. La principale differenza tra le due è legata al sito di iniezione dell’anestetico. Nel caso dell’anestesia spinale, questo si inietta nel liquor a livello lombare. Al contrario nell’anestesia epidurale il farmaco si inocula, come suggerisce il nome, a livello epidurale.
Una possibile applicazione di questi composti risiede inoltre, nelle loro formulazioni ad uso topico, in ambito dermatologico in quadri di prurito genitale, nelle dermatiti da contatto e nel contesto di alcuni tipi di dermatosi. Alcuni anestetici locali vengono inoltre impiegati come antiaritmici.
Meritano di essere considerate anche le reazioni allergiche, sono spesso imprevedibili e possono controindicare l’utilizzo di un determinato agente anestetico. Può inoltre avvenire che l’ipersensibilità a un composto si estenda anche ad altri similari per struttura chimica. Tuttavia questo tipo di reazioni sono rare ed avvengono principalmente all’interno del gruppo degli amino-esteri. Per quanto riguarda gli amino-amidi invece l’ipersensibilità può essere correlata ai conservanti che si ritrovano nei composti contenenti adrenalina.
Meccanismo d’azione
Il meccanismo d’azione con cui agiscono gli anestetici locali si ritrova a livello dei canali del sodio voltaggio dipendenti. Questi farmaci infatti riescono a legarsi a tali recettori e a bloccare (in modo temporaneo e reversibile) l’ingresso di sodio a livello neuronale, prevenendo la depolarizzazione di membrana e la propagazione del potenziale d’azione.
Risulta importante considerare che l’effetto esercitato dagli anestetici locali è anche dipendente dalla tipologia di fibra nervosa interessata. In particolare risultano determinanti per quanto concerne la sensibilità delle fibre al blocco, il diametro della fibra stessa e la mielinizzazione. Le fibre di piccolo calibro C amieliniche e quelle A-delta, responsabili rispettivamente della sensibilità dolorifica e termo-dolorifica, vengono bloccate per prime.
Va ulteriormente tenuto in conto la condizione di protonizzazione del farmaco per valutare la sua efficacia. Infatti se da una parte è la forma deprotonata che gli permette di superare le membrane, dall’altra è invece la forma protonata quella a determinare l’effetto farmacologico. Questo ci porta ad accennare a un discorso chimico complesso legato alla costante di dissociazione dei farmaci (pKa) e al pH.
Anestetici locali, pKa e pH

In questo contesto definiamo la pKa come il pH al quale ritroveremo il 50% dell’anestetico locale in forma ionizzata e il restante 50% in forma non ionizzata. Essa viene calcolata con l’equazione di Henderson-Hasselbalch, e ci permette di comprendere che più la porzione ionizzata è elevata, maggiore sarà la pKa. La maggior parte di questi farmaci sono basi deboli con una pKa compresa tra 7,5-9. Ricordando che è la forma non ionizzata e liposolubile a permettere al farmaco di superare il doppio strato lipidico delle membrane (Fig.2), più la pKa si avvicina al pH del liquido interstiziale, più alta sarà la quota che riuscirà a penetrare. L’importanza di questo discorso può essere semplificata considerando che più la pKa sarà minore, più velocemente il farmaco supererà la barriera cellulare e perciò agirà più velocemente-.
Principi attivi e farmacocinetica
I composti facenti parte degli anestetici locali sono molto numerosi. La loro via di somministrazione si limita alla via parenterale o alla somministrazione topica. Vengono inoltre metabolizzati in maniera differente a seconda del legame che caratterizza la catena intermedia. Gli amino-esteri subiscono l’azione delle pseudocolinesterasi plasmatiche, mentre gli amino-amidi vanno incontro a metabolizzazione epatica da parte della famiglia del citocromo p450. Bisogna considerare che gli anestetici locali vengono frequentemente somministrati in associazione con farmaci vasocostrittori (adrenalina) che permettono sia di allungare la durata d’azione del farmaco anestetico, sia diminuiscono il rischio di sanguinamenti durante le operazioni chirurgiche.
Per quanto riguarda gli amino-esteri abbiamo come composto che risulta aver più importanza storica che applicazione attuale, la cocaina. Essa risulta avere oltre che un’azione anestetica, anche una vasocostrittiva. Queste caratteristiche la rendono un composto utilizzato nell’anestesia delle vie aeree superiori. Ulteriori composti appartenenti a questa classe sono la procaina e la cloroprocaina, entrambe caratterizzate da una breve durata d’azione. Abbiamo infine la benzocaina, che è possibile applicare direttamente sulle ferite e produce un’azione prolungata, e la tetracaina caratterizzata anch’essa da una lunga durata d’azione e dall’impiego usuale nell’ambito dell’anestesia spinale.
Nell’ambito degli amino-amidi invece, annoveriamo farmaci come la lidocaina. Questa è una molecole che trova molti impieghi clinici, soprattutto nell’ottica di avere una durata d’azione intermedia e una induzione veloce del suo effetto anestetico. Un ulteriore composto è la Bupivacaina, anch’essa molto utilizzata e capace di dare anestesia di lunga durata.
Reazioni avverse ed interazioni
I farmaci anestetici locali possono interferire anche su altri sistemi come quello nervoso centrale (SNC), quello cardiovascolare, a livello della giunzione neuromuscolare e della muscolatura liscia. Gli effetti collaterali possono essere determinati da un’accidentale iniezione intravasale oppure da una somministrazione eccessiva in unica o in più dosi.
Per quanto riguarda il SNC gli effetti tossici sono probabilmente mediati da una soppressione degli interneuroni inibitori. Questo determina nel complesso un effetto eccitatorio clinicamente manifestato con tremore e agitazione fino allo sviluppo di convulsioni cloniche. In seguito segue una fase di depressione centrale con possibile decesso per arresto respiratorio. Gli effetti più comuni sono tuttavia da ricercarsi nel contesto della sedazione e della sonnolenza.
L’azione sul sistema cardiovascolare fa seguito ad assorbimento sistemico. Gli effetti si manifestano principalmente a carico del miocardio con riduzione della contrattilità, della velocità di conduzione e dell’eccitabilità elettrica. Un’evenienza particolarmente temuta, seppur rara, è quello dell’insorgenza di fibrillazione ventricolare.
Fonti
- Katzung & Trevor’s Pharmacology Examination and Board Review, 12 edizione, McGraw-Hill Education, ISBN 978-1259641022
- Goodman & Gilman, Le basi farmacologiche della terapia, 12 edizione, Zanichelli, ISBN 978-8808261304