Biografia
Tutto ciò che utilizziamo in laboratorio, tutto ciò che leggiamo sui libri è frutto di idee ed intuizioni effettuate da qualcuno che, probabilmente alla nostra età, al suo tempo, stava svolgendo le nostre stesse attività, negli stessi laboratori, magari con strumentazioni meno avanzate e protocolli più rudimentali di cui tendeva a lamentarsi.
Accade spesso di dare per scontato il nostro punto di partenza, quell’arco temporale in cui noi entriamo a contatto con la scienza. Diamo per scontato che un gel serva per separare molecole di DNA, che un anticorpo primario si leghi ad un antigene, che la PCR serva ad amplificare la nostra sequenza di acido nucleico. Così facendo dimentichiamo che tutto ciò che tendiamo a manipolare tra le nostre mani ha una storia, fallimenti e vittorie alle sue spalle, ma soprattutto persone.
Ciò che abbiamo di fronte, sono creature lasciate in affido da scienziati geniali, che con le loro idee ci hanno permesso di fare passi da gigante. Scienziati che molto spesso tendiamo a visualizzare con lo stereotipo del tipico topo di laboratorio, asociale, dedito alla scienza e niente più, ma “non è questo il giorno“.
Oggi parliamo di Kary Mullis (Fig.1), un vulcano attivo tutt’altro che stereotipato.
Ore 17.53 del 28 dicembre 1944, una donna in un ospedale di Lenoir, Carolina del sud, da alla luce il suo figlio maschio: Kary. Kary cresce negli anni di pari passo assieme alla sua vivacità e curiosità verso il mondo esterno. Nella sua autobiografia infatti lo scienziato descrive come fin da bambino amava osservare gli insetti e fare piccoli esperimenti su di loro, come crescendo imparò a costruire razzi per far volare rane nel cortile di casa e come appena diplomato, nel garage di Al, suo fedele amico, fosse in grado di sintetizzare sostanze chimiche autonomamente, non senza qualche inghippo.
I primi passi nel mondo scientifico
In quegli anni, nel dopoguerra, la ricerca scientifica godeva di un buonissimo slancio, “era un buon momento per essere giovani ed innamorati della scienza” scrive lui medesimo. Infatti nel 1966 si laureò in chimica al Georgia Institute of Technology di Atlanta.
Il laboratorio per il dott. Mullis rappresentava “solo un altro posto in cui giocare” ed effettivamente lui ci giocava parecchio. Nel 1972 ottenne un dottorato di ricerca in biochimica presso l’Università della California a Berkeley trattando della sintesi e la struttura delle proteine. Successivamente vinse un post-dottorato in cardiologia pediatrica presso la scuola medica dell’Università del Kansas, completando due anni in Chimica farmaceutica presso l’Università della California a San Francisco.
Alla sua brillante ed impegnativa carriera riuscì sorprendentemente ad associare (ve l’avevamo detto che era tutto fuorchè stereotipato) una ricca vita privata: 4 matrimoni, vizi e soprattutto hobbies, come il surf. Il surf che spesso fungeva da detonatore in quei periodi dove lo stress ticchettava nel cervello come una bomba ad orologeria.
Kary non nascondeva i suoi vizi, come le donne o come la droga, anzi soprattutto da quest’ultima era estremamente attirato. La sua attenzione virava sulle sostanze psicotrope come l’LSD. Più volte pubblicamente ammise di averne fatto uso, incuriosito soprattutto dal comprendere come pochi microgrammi di sostanza potessero avere un’azione così devastante sulla percezione del nostro cervello. Arrivò addirittura ad ipotizzare se fosse mai riuscito a scoprire quella che fu l’innovazione che svoltò la sua vita, senza avere provato quelle sostanze.
Successivamente al post-doc lavorò come chimico del DNA per sette anni con la società di biotecnologie Cetus Corporation di Emeryville, California, dove nel 1983 mise a punto la sua intuizione più grande che lo portò al Nobel.
Dopo aver lasciato la Cetus nel 1986, è stato per due anni direttore del settore di biologia molecolare della Xytronyx, Inc. di San Diego. Nel frattempo è stato consulente per diverse aziende operanti nel settore della chimica degli acidi nucleici. Lo scienziato, tassello dopo tassello diventò una vera e propria pietra miliare della scienza moderna, fu invitato ad importanti convegni e simposi. Divenne un volto noto in tutto il mondo scientifico.
A differenza di molti altri però, Mullis era un vero e proprio fiume in piena, eccentrico, sfrontato e provocatore, spesso odiato dai suoi colleghi. Come narra nella sua autobiografia, in chiave ironica, non sono mancate occasioni in cui, a causa del suo essere, per evitare disagi, qualcuno evitava di chiamarlo a fare interventi.
Mullis morì di polmonite, il 7 agosto del 2019, lasciando dietro di sé infinite orme, a cui dobbiamo infinita gratitudine.
Focus: la scoperta della PCR
L’opera nata dall’ingegno di questo scienziato e che ci permette oggi di scrivere di lui è la PCR. La reazione a catena della polimerasi è una tecnica di biologia molecolare che permette di amplificare frammenti di DNA, di rendere visibile all’uomo ciò che al suo occhio risulta invisibile. Caratterizzata da tre fasi:
- Denaturazione: 90-95°C. A causa della T elevate la doppia elica del DNA viene completamente scissa ed i due filamenti di cui essa è composta sono liberi.
- Annealing: 40-55 °C. Fase in cui si permette l’appaiamento dei primers, piccole sequenze di DNA di circa 18-20 basi che fungono da innesco per la fase successiva.
- Estensione: 65-72°C. Fase in cui si determina l’attivazione della Taq polimerasi che utilizzando i desossiribonucleosidi trifosfati posti nella mix, è in grado di determinare un allungamento dei primer legati, utilizzando come stampo il filamento singolo di DNA.
Queste tre fasi possono essere ripetute per 35-40 volte ottenendo quindi un elevato numero di copie della sequenza di interesse. LA PCR nacque come un fulmine a ciel sereno. K. Mullis racconta come in una calda sera di maggio, mentre era in macchina per trascorrere un week-end fuori porta, enzimi e filamenti di DNA aleggiavano nella sua mente fino a quando trovò la chiave per mettere ordine in quel caos. Dopo mesi e mesi di studi, confronti e sperimentazioni, nel 1983 effettuò il primo esperimento con esito positivo.
Contributo scientifico
Una volta messa a punto e validata la sua azione, questa tecnica fu in grado di rivoluzionare molti campi della scienza. Kary mullis era conscio della preziosità della sua scoperta, utile per:
- Diagnosi di malattie genetiche
- Scoprire malattie infettive
- Identificare geni di agenti patogeni difficili da coltivare in vitro
- Studiare il DNA fossile e comprendere i processi evolutivi
- Risolvere ad esempio casi di omicidio tramite il DNA derivante dai fluidi biologici riscontrati sulla scena del crimine.
Ad oggi non esiste nessun ricercatore o tecnico che non abbia mai effettuato una PCR nei suoi progetti, ricerche o diagnosi. Grazie alle innovazioni della scienza, in questi anni, sono state apportate delle migliorie che ci hanno permesso di affinare i dettagli ed ampliare i campi di azione (qPCR, Real-time PCR, ecc.) ma il nocciolo della tecnica è sempre lo stesso, un’eredità scientifica semplice e grandiosa che questo scienziato ha voluto condividere con tutti noi.
Riconoscimenti nazionali ed internazionali
Arrivati a questo punto è facile dedurre come Kary mullis, grazie a questo importante apporto scientifico, abbia ricevuto numerosi premi e riconoscimenti.
- 1990: Premio Nazionale Biotecnologie | Premio Gairdner | R & S Scientist of the Year
- 1991: ha ricevuto anche il Premio John Scott, conferitogli dal Comune Trust di Philadelphia ad altri tra cui Thomas Edison ei fratelli Wright.
- 1992: California Scientist of the Year Award
- 1992: Premio Robert Koch
Per poi arrivare all’apice della sua carriera con la vincita nel 1993 del Premio nobel per la chimica (Fig.2), riconoscimento, come dice lui stesso, in grado di fornire il pass per molte porte.
- 1993: vinse anche il Premio del Giappone ed il Thomas A. Edison Award
- 1994: Laurea honoris causa di Dottore in Scienze presso l’Università della Carolina del Sud
- 1998: venne introdotto nella Nazionale Inventori Hall of Fame e vinse il Ronald H. Brown Innovator Award americano
- 2004: Laurea honoris causa in Biotecnologie Farmaceutiche presso l’Università di Bologna, Italia
Curiosità
Nel 1968, all’età di soli 24 anni, Kary mullis scrisse un articolo basato sulla descrizione, secondo la sua immaginazione ed esperienza, dell’intero universo intitolato: “l’importanza cosmologica dell’inversione del tempo”. Un’ipotesi sperimentale senza dati veri e propri. Senza molte speranze, propose l’articolo ad una delle riviste scientifiche più influenti, “Nature”, che sorprendentemente lo accettò.
Quando scoprì la PCR, conscio del suo valore e delle sua molteplici applicazioni, Mullis era convinto di poter pubblicare di nuovo su riviste del genere ed invece il suo articolo venne respinto. Dopo un bel po’ di tempo, superato il suo disgusto verso il mondo delle riviste scientifiche, accettò un’offerta di pubblicare su un volume intitolato “Methods in enzymology”,
il resto poi, lo sappiamo già.
Ilaria Bellini
Fonti
- “Ballando nudi nel campo della mente” K. Mullis, 2018. Baldini+CastoldiPlus
- https://it.wikipedia.org/wiki/Kary_Mullis
- https://it.wikipedia.org/wiki/Reazione_a_catena_della_polimerasi