I nostri nemici del mondo microscopico si sono susseguiti e si susseguono, formando un numero impossibile da contare; alcuni però sono diventati tristemente famosi, tanto da rimanere scolpiti nell’immaginario collettivo, ed oggi parliamo proprio di uno dei più famigerati: l’HIV.
Il suo meccanismo geniale e (quasi) infallibile, unito all’altissima mortalità lo rendono uno tra i primi della lista contro cui si stanno focalizzando gli sforzi della ricerca.
Eppure, nonostante non si sia fatta certo economia in questa battaglia, e nonostante gli innumerevoli studi e ricerche, ad oggi non esiste ancora una terapia commercializzata in grado di piegare e sconfiggere questo nemico.
Ad oggi è proprio la parola chiave di questo articolo.
La notizia infatti è freschissima, proprio di questo ottobre, e sebbene sia ancora lontana dall’atterrare sugli scaffali delle farmacie o in ospedale ci fa già assaporare il dolce sapore della vittoria, che sembra proprio a portata di mano.
Ci troviamo a Milano, e per la precisione nell’ospedale San Raffaele, dove si trova il centro di ricerca dell’IRCCS, e la ricerca, pubblicata sul prestigioso giornale Science Immunology, vanta tra le firme quella del dottor Matteo Iannacone (a capo dell’unità di ricerca in Dinamica delle Risposte Immunitarie nella Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive del San Raffaele), e tra i finanziamenti quelli dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e del Ministero della Salute.
I protagonisti sono i virus, ed in particolare il virus dell’HIV ed i virus dell’epatite B e C, che per anni sono stati quasi imbattibili nel mettere a KO il nostro sistema immunitario; la sindrome dell’AIDS (o sindrome da immunodeficienza acquisita) data dall’HIV si basa proprio sulla compromissione del nostro naturale sistema di difesa, che, per qualche ragione, non solo NON riconosce e NON combatte efficacemente l’HIV, ma fa la guerra a se stesso, disarmandosi da solo.
Il nostro corpo funziona così: quando un virus, o qualsiasi microrganismo sconosciuto, entra nel nostro organismo, il sistema immunitario salta sull’attenti e mette in atto due diverse difese: la prima, generica ed innata, è capeggiata dai monociti macrofagi, dei veri e propri panzer che prima sparano e poi chiedono chi è. La seconda, specifica e adattativa, riconosce in modo selettivo un virus o batterio (o polline, nei fortunati casi di allergie) che ha già incontrato e combattuto, SOLO QUEL VIRUS O BATTERIO. Questa immunità acquisita è capeggiata dai linfociti T e B, killer selettivi, che quando registrano la presenza di un invasore proliferano, uccidono il nemico e se lo ricordano nel caso dovesse tornare. Nello specifico i linfociti B, in caso di allerta, si radunano nei linfonodi dove producono anticorpi specifici contro quel nemico, delle specie di cartelli biologici che vengono “appesi” sui microrganismi bersaglio per segnalare a tutte le altre cellule del sistema immunitario che non sono in grado di riconoscerli che quelli sono i nemici.
I burattini di HIV sono i monociti, che vengono ingannati dal virus a credere che il nemico siano i linfociti B e non il virus stesso. Questi violenti soldati aspecifici dirigono la loro furia verso i linfociti B che si trovano nei linfonodi, impedendo loro di fabbricare quei cartelli che dovrebbero aiutarci a capire chi è il vero nemico, in questo modo il virus riesce a proliferare indisturbato e le nostre difese si annientano da sole.
Per la prima volta un team di ricercatori è riuscito a vedere questo meccanismo “in vivo”, spiando l’inganno dei virus e l’azione dei monociti all’interno dei linfonodi:”Siamo andati a osservare le dinamiche virus-sistema immunitario con la microscopia intravitale, – tecnica all’avanguardia che consente di osservare, dall’interno dell’organismo e in tempo reale, come si comportano le cellule – cosa accade nei linfonodi, dove normalmente i linfociti B si attivano per produrre gli anticorpi” spiega Matteo Iannacone, “ed abbiamo visto che erano proprio i monociti ad attaccare i linfociti B, rendendoli incapaci di attivare la risposta immunitaria”.
Il team di ricercatori ha quindi provato a sabotare l’inganno dei virus, intervenendo direttamente sui monociti “confusi”, ed hanno scoperto che eliminandoli o disattivandone la funzione, i linfociti B non venivano più attaccati e tornavano ad essere in grado di produrre anticorpi contro il virus.
Lo studio è stato condotto in vivo su modelli murini (vale a dire sui topi); per creare una patologia il più simile possibile alle infezioni virali umane (da HIV, da epatite C o B) si è utilizzato il virus LCMV, che nei topi mima in modo molto fedele ciò che succede nel nostro organismo.
Grazie all’osservazione in vivo di come riescono a fregarci, e soprattutto grazie alla scoperta di come riusciamo a fregare loro, questi ricercatori hanno aperto la strada per la formulazione di un vaccino efficace che, speriamo, non tarderà ad arrivare.
Fonti: (cellule del sistema immunitario) Le Scienze (Scientific American), Science Immunology
Laura Tasca
bravissimi; non confondere la semplicità con il semplicismo. La prima è sinonimo di inteligenza e cultura
tutto bello e bravi ma i risultati concreti,sono passati 4 anni ,ma c’e’un silenzio assordante nei risultati.