L’mRNA, una molecola da Premio Nobel

Katalin Karikò e Drew Weissman, Premio Nobel 2023
Figura 1 – Katalin Karikò e Drew Weissman, Premio Nobel 2023. [Fonte: https://www.scienzainrete.it/]

Ottobre è iniziato con la notizia dell’assegnazione del Premio Nobel 2023 per la Fisiologia e la Medicina a Katalin Karikò e Drew Weissman. I due ricercatori si sono distinti per una importante scoperta sull’utilizzo dell’mRNA, riportata in una pubblicazione avvenuta nel 2005. La scoperta ha visto per la prima volta la sua applicazione pratica nello sviluppo dei vaccini a mRNA contro il Covid-19 nel 2020. 

Karikò, ricercatrice ungherese, e Weissman, medico scienziato statunitense, dapprima con i loro studi individuali e in seguito collaborando, hanno lavorato intensamente su mRNA, immunologia e vaccini. L’obiettivo: ottenere una molecola che potesse fungere da substrato per la preparazione dei vaccini stessi e la somministrazione di proteine in vivo a scopo preventivo e terapeutico contro svariate malattie. 

Ma che cos’è l’mRNA?

L’RNA messaggero è un acido ribonucleico costituito da quattro basi principali (adenina, guanina, citosina e uridina) e prodotto a partire dal DNA. Durante il processo di trascrizione del DNA, l’mRNA codifica e porta informazioni ai siti della sintesi proteica per la traduzione e formazione di proteine nel citoplasma. Per queste sue caratteristiche, l’mRNA si è rivelato molto versatile e di elevato utilizzo nel campo della biologia molecolare. 

Chi sono Katalin Karikò e Drew Weissman?

Katalin Karikò, biochimica ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’Università di Seghedino dove ha iniziato a lavorare sulla modifica dell’RNA e un post-dottorato presso l’Istituto di Biochimica del Centro di Ricerca Biologica ungherese. La sua però, non è stata una strada facile da percorrere, le sue ambizioni e intuizioni nel campo della ricerca non erano ben considerate. Così, insieme alla sua famiglia, ha dovuto lasciare il suo Paese d’origine durante gli anni della Cortina di ferro per inseguire il suo sogno e continuare a lavorare su quello che lei riteneva potesse essere la svolta nel campo delle terapie mediche: l’RNA. E’ riuscita a sbarcare negli Stati Uniti con suo marito e sua figlia, grazie ad un piccola somma di denaro ricavata dalla vendita della loro auto e cucita all’interno dell’orsetto della sua bambina.

Negli Stati Uniti ha prima lavorato presso il Dipartimento di Biochimica della Temple University di Philadelphia. Qui ha partecipato ad uno studio clinico in cui pazienti con HIV e malattie ematologiche sono stati trattati con dsRNA (un RNA a doppio filamento). Successivamente è diventata professoressa presso l’Università della Pennsylvania dove con tenacia, ha perseguito i suoi studi sull’utilizzo dell’RNA a scopi terapeutici.

Qui ha conosciuto Drew Weissman, medico e immunologo. Weissman ha conseguito un dottorato alla Boston University. Si è trasferito all’Università della Pennsylvania per organizzare il suo laboratorio con lo scopo di dedicarlo allo studio dell’RNA e del sistema immunitario.

Galeotta fu la fotocopiatrice

Curioso è stato scoprire come Karikò e Weissman hanno dato vita alla loro collaborazione che ha poi portato all’ottenimento del Premio Nobel. Semplicemente durante una chiacchierata davanti ad una fotocopiatrice. Da lì i due hanno ritenuto opportuno unire le proprie conoscenze per un obiettivo comune: studiare l’RNA e la sua applicazione nei vaccini per la lotta contro i tumori.

Lo scetticismo da parte delle varie comunità scientifiche non è mancato. Una problematica dell’utilizzo dell’RNA è che può provocare reazioni infiammatorie indesiderate poiché riconosciuto come estraneo dal nostro sistema immunitario. É proprio qui che i due scienziati si sono battuti per cercare un modo che eludesse questa problematica. Nel 2005 ci sono riusciti scoprendo che con la sostituzione di un nucleotide con uno artificiale, la risposta immunitaria poteva essere raggirata. 

Lo studio

Le prime dimostrazioni che le vaccinazioni con gli acidi nucleici come base potessero funzionare risalgono agli anni ’90, con le prime sperimentazioni di vaccini a DNA e mRNA effettuate sui topi. Le potenzialità dell’utilizzo dell’mRNA dimostrate da questi esperimenti iniziali spinsero Karikò ad insistere sullo studio e sull’osservazione dell’mRNA in vitro con l’intento di ottimizzare l’espressione di proteine terapeutiche. Contemporaneamente, Weissman continuava i suoi studi sui vaccini e nell’ambito dell’immunologia. 

Grazie alla condivisione delle rispettive esperienze in campo biochimico e immunologico, la collaborazione tra Karikò e Weismann ha dimostrato che modificando alcune basi nucleotidiche dell’mRNA, ovvero sostituendo l’uridina con la pseudouridina (una uridina modificata artificialmente), questa sopprimeva l’attivazione delle risposte immunitarie. Inoltre, si scoprì che queste modificazioni contribuiscono alla stabilità dell’mRNA, alla specificità dell’appaiamento delle basi e ad altre proprietà funzionali. 

mRNA non moficato contenente uridina ed mRNA modificato contenente pseudouridina
Figura 2 – mRNA non modificato e modificato, Premio Nobel 2023. [Fonte: https://www.nobelprize.org/]

In questo modo, i vaccini a mRNA modificato risultano più efficaci. Questi andranno a portare nell’organismo del vaccinato solo l’informazione per produrre gli anticorpi specifici e subito dopo saranno degradati dall’organismo stesso. Queste parti genetiche modificate, sono inserite in piccole vescicole lipidiche (importante scoperta da parte di Weissman) che permetteranno al vaccino di veicolarsi all’interno delle cellule. Sulla base di questa grandiosa scoperta, dopo vent’anni, sono stati sviluppati e utilizzati i vaccini contro il Covid-19 che hanno contribuito alla risoluzione della pandemia salvando milioni di vite umane. 

Conclusione sul Premio Nobel 2023

Gli studi di Karikò e Weissman hanno quindi dimostrato la necessità di sfruttare le potenzialità dell’mRNA. In particolare nelle applicazioni mediche e nella ricerca di vaccini che possano in futuro prevenire malattie come il cancro. Grazie all’applicazione pratica del vaccino contro il Covid-19 e al proseguire delle ricerche, la scoperta dei due ricercatori ha ripreso consistenza. La possibilità che questi vaccini a mRNA possano cominciare ad essere utilizzati come terapia per altre patologie è sempre più vicina.

L’utilizzo dell’mRNA prodotto con basi modificate elude il riconoscimento immunitario, migliora l’espressione delle proteine e rende più facile la somministrazione in quanto agisce nel citoplasma senza il rischio che vada ad integrarsi nel genoma dell’ospite, quindi rendendo i vaccini più sicuri. Una scoperta da Premio Nobel!

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