Caratteristiche
L’Ascosphaera apis è un ascomicete che causa la più comune micosi nell’Apis millifera: la covata calcificata o ascosferosi. Questo fungo causa la morte delle larve dopo due giorni dall’operacolatura. Infatti, insieme alla più temuta peste americana, può colpire la covata e causare gravi perdite. In particolare l’ascosferosi, colpendo le larve nel periodo primaverile, riduce la popolazione della colonia, ma raramente uccide tutta la colonia.
È un patogeno ubiquitario molto comune che colpisce prevalentemente apiari in condizioni stressanti. Però, questo agente fungino non colpisce solamente l’ape domestica, ma anche “api selvatiche”. Infatti, nel 2015, sono state rinvenute in Sud America delle larve del genere Xylocopata augusti infette da questo fungo e nello stesso anno è stato osservato lo stesso fenomeno anche in tre specie di bombi domestici (Bombus griseocollis, B. nevadensis e B. vosnesenskii). Per questo motivo è molto importante effettuare ulteriori studi epidemiologici per verificare la sua presenza negli impollinatori selvatici e nella possibile relazione con la diminuzione di essi.
Filogenesi
Regno | Funghi |
Divisione | Ascomycota |
Classe | Eurotiomycetes |
Ordine | Onygenales |
Famiglia | Ascosphaeraceae |
Genere | Ascosphera |
Specie | Ascosphera apis |
Genoma e metabolismo
La capacità del fungo di infettare l’ospite dipende dalla coordinazione di enzimi degradanti e fattori di virulenza. Infatti, queste attività coordinate possono inibire le difese immunitarie dell’ape e consentire al patogeno di penetrarne le barriere protettive. In particolare, gli enzimi prodotti sono: glucoamilasi, chitinasi, amidasi, esterasi, proteasi e lipasi.
L’Ascosphera apis ha una funzione metabolica molto particolare sull’intestino delle larve infette. In particolare sugli enzimi antiossidanti: nelle larve infette si possono trovare elevati valori di 5-oxo-ETE (marcatore di stress ossidativi) e una riduzione dei metaboliti utili come antiossidativi (come taurina, acido docosaesaenoico e la L-carnitina).
Un altro fattore molto importante a livello molecolare sono i locus che controllano l’accoppiamento eterotallico. Infatti, il locus del tipo di accoppiamento (MAT) è rappresentato da due diversi alleli: MAT1-1 e MAT1-2. Ciascuno di questi geni codifica per un fattore di trascrizione funzionale: MAT1-1 codifica per una proteina contenente un dominio alfa box e la MAT1-2 codifica per una proteina contenente un dominino di gruppo ad alta mobilità (HMG-box). Entrambi questi fattori di trascrizione controllano l’espressione di geni e feromoni coinvolti sia nell’accoppiamento che nella fecondazione, ma soprattutto nello sviluppo del fungo.
Immagini al microscopio
Al microscopio è possibile osservare gli ascomati (Fig. 2), che sono le strutture riproduttive sessuali prodotte dall’A. apis. Hanno una forma rotonda, simili a cisti, di colore che varia da marrone a nero di 50–60 µm di diametro. All’interno sono ben visibili una decina di aschi (8–16 µm) che contengono le ascospore (2 × 1,2 µm). Quest’ultime sono la fonte primaria di infezione ed hanno una spessa parete, simile ad una membrana con molte depressioni e sporoplasma contenente numerosi ribosomi e mitocondri.
Inoltre, con un’analisi ultrastrutturale è possibile vedere che nelle spore mature sono presenti due nuclei con dimensioni nettamente diverse: uno il quinto dell’altro.
Morfologia delle colonie
È un fungo filamentoso che può crescere su diversi terreni di coltura, seppure comunemente è utilizzato l’agar lievito-glucosio-amido (YGPSA). Le colonie crescono come un denso micelio bianco contenente ife aeree, superficiali e subsuperficiali (Fig. 3). Tale struttura è ben visibile anche sulle larve.
Le ife sono settate, 2.5-8 μm di diametro e mostrano una pronunciata ramificazione dicotomica. Inoltre, è stato osservato che se un’ifa si rompe, il setto si irrigidisce e limita la perdita di citoplasma. Ogni setto ha un poro che consente il movimento del citoplasma e dei piccoli nuclei tra le cellule vegetative. Nel citoplasma del micelio, utilizzando il microscopio SEM, è possibile rilevare mitocondri e numerosi ribosomi.
Metodi di identificazione
L’identificazione è molto semplice quando l’infezione è maggiore del 12%, quando inferiore è fraintendibile con altre malattie della covata. Infatti, se è oltre a questa percentuale, sono visibili i resti induriti delle larve con un colore che varia da bianco-grigio a nero. Inoltre è possibile osservare le larve “mummificate” nelle celle e intorno alle tavole inferiori a causa del distacco dei resti o della pulizia da parte delle api “igieniche” (Fig. 4).
In generale i sintomi sono una covata irregolare, larve calcificate che hanno un aspetto duro e compatto tipo il gesso e dal colore dal bianco al nero e con un caratteristico puntino nero sopra la testa.
Ecologia
È stato osservato che la covata calcificata negli alveari ha inizio quando sono presenti determinati fattori. Ad esempio, le colonie di api deboli o indebolite da stress dovuti ad acari, infezioni batteriche e virali, nonché malnutrizione rendono le api più soggette ad infettarsi. In aggiunta anche il background genetico delle api può influenzare l’incidenza e la gravità della malattia.
Però, ciò che incide maggiormente è quando le api non sono in grado di ventilare adeguatamente la colonia. Questo farebbe aumentare l’umidità all’interno dell’alveare e renderebbe l’ambiente perfetto per la riproduzione del fungo. Il quale necessita un’elevata attività dell’acqua (aw) che varia da 0.80-0.90 a 25 °C/ 30°C e a 0.90-0.95 a 35°C. Inoltre, con un umidità relativa sotto l’80% non avviene la germinazione delle spore e con 6 % di CO2 è, invece, stimolato il loro sviluppo.
Queste condizioni ambientali, come la bassa temperatura e l’elevata umidità relativa, si verificano nel periodo primaverile ed in alcuni casi possono prolungarsi fino ad inizio estate.
Oltre ad essere un momento propizio per la crescita del fungo è anche il periodo dell’accumulo della covata. Infatti, in questa stagione, la popolazione della covata è maggiore della popolazione delle api lavoratrici. Un’infezione delle larve porterebbe di conseguenza la riduzione della colonia.
Di conseguenza, si registra una limitazione notevole dell’incidenza dell’infezione e della trasmissione delle spore, nel caso in cui l’alveare è costituito da api sane che mantengono l’area interna della covata calda e asciutta.
Influenza delle larve
È stato registrato che le larve di 1-2 giorni sono altamente sensibili. Mentre quelle di 3-4 giorni, e che dopo 2 giorni dall’ingerimento delle spore subiscono un raffreddamento, si mostrano più sensibili all’infezione. Ovviamente dopo che sono state impupate all’interno delle celle.
Questo potrebbe essere correlato al fatto che la temperatura e il pH nell’intestino larvale possono avere un effetto importante sulla vitalità e sulla germinazione delle spore fungine. In aggiunta, in laboratorio, è stato osservato che le spore germinano meglio a 35°C in un ambiente quasi anaerobico. Al contrario, i miceli richiedono un ambiente aerobico per la crescita e una temperatura ottimale di circa 30°C.
Patogenesi
L’infezione (Fig.5) avviene attraverso l’ingestione delle ascospore da parte delle larve di qualunque casata. La trasmissione delle spore può avvenire in due diverse vie.
La prima è attraverso le api adulte, che non sono sensibili a questo patogeno, ma sono vettori della malattia all’interno e tra gli alveari. Quindi all’interno della colonia avviene attraverso la condivisione del cibo: vengono trasportate dalle api bottinatrici e poi trasmesse alle larve dalle api nutrici che nutrono con il cibo contaminato.
La seconda, e la più comune per le colonie gestite, è causata in maniera accidentale dall’apicoltore che utilizza materiali contaminati come telai e materiali da costruzione dell’alveare provenienti da vecchie colonie malate. Infatti, le spore possono accumularsi su tutte le pareti dell’alveare e nei prodotti dell’alveare (cera, polline immagazzinato e miele) e sono tutte fonti di inoculo a lunga durata dato che le spore possono rimanere vitali per anche 15 anni, grazie anche alla loro resistenza a temperature estreme.
Infezione
Una volta ingerite le spore dalla larva, queste germineranno nell’intestino medio-posteriore attivate dalla CO2. Però, la crescita miceliale vegetativa viene interrotta fino a quando la larva non sarà completamente sigillata nella cella e nel mentre la larva infetta riduce il consumo di cibo per poi smettere di mangiare del tutto.
In questa fase la larva ha 6-7 giorni e il micelio riprende la sua crescita. Infatti, grazie a diversi enzimi prodotti e la pressione ifale, le ife penetrano la membrana peritrofica dell’intestino. Dopo essere penetrato nella parete intestinale, il micelio cresce all’interno della cavità corporea, fuoriuscendo dall’estremità posteriore della larva e si estende nella parte anteriore coprendola interamente.
Questo processo dura all’incirca 2-3 giorni ed al termine di esso la larva, ormai morta, è ricoperta da una peluria bianca dall’aspetto soffice dovuto alle ife aere ed il corpo color gesso. La morte è ovviamente causata da danni meccanici ed enzimatici, che causano l’interruzione della circolazione dell’emolinfa e tossicosi generali.
Essendo un fungo sessualmente dimorfico (eterotallico), in questa fase avviene la riproduzione sessuale del fungo con l’incontro dei due diversi ceppi aploidi e morfologicamente identici, distinti solo dal locus di accoppiamento (MAT). Avviene la genesi dell’ascogonio con formazione tricogino (ifa femminile) e nutriocyte (simile all’anteridio maschile). Non c’è un vero e proprio anteridio. Il nutrocyte ha al suo interno un insieme di aschi e ascospore che si formano in sfere strettamente impacchettate chiamate sfere di spore. Ogni asco contiene circa una decina di ascospore. Le sfere di spore sono racchiuse in sporocisti ed appaiono come macchie nere sui corpi delle larve “mummificate”.
Propagazione
I cadaveri delle api allo stadio larvale sono solitamente distesi nelle celle ed essendo gonfi occupano tutta la dimensione della cellula. Con lo scorrere del tempo le larve mummificate possono variare di colore: bianco gesso, grigio e nero. Oltretutto, possono assumere anche colorazioni screziate bruno-nere, in particolare sui lati ventrali.
Queste colorazioni scure sono date dalla presenza o meno dei corpi fruttiferi del fungo. Infatti, se i resti calcificati rimangono a lungo e in condizioni ottimali, possono diventare totalmente neri per via della maturazione degli aschi (contenenti dalle 108 alle 109 ascospore).
Le ascospore sono resistenti alle temperature estreme e possono sopravvivere per anni nell’ambiente, diventando così una possibile fonte di inoculo a lungo termine.
Terapia
Non esistono momentaneamente delle cure con farmaci. Le soluzioni principali sono la prevenzione e la limitazione della propagazione dell’infezione.
Le strategie per evitare l’infezione sono il rafforzamento della colonia evitandone stress, facilitare l’aerazione, il riscaldamento dell’alveare e rimuovere i possibili favi contaminati. Inoltre, è fondamentale rimuovere i resti “mummificati” dai pannelli inferiori ed intorno all’ingresso (possibile fonte di inoculo), distruggere i favi con un gran numero di infetti, aggiungere giovani api adulte agli alveari e nutrire correttamente con materiale non infetto le api. Fondamentale è mantenere gli alveari forti mediante regolari re-queening, ridurre il più possibile lo scambio di materiali dall’alveare infetto e cambiare sito dell’apiario ogni anno.
Nel caso di colonie infette è fondamentale disinfettare i materiali utilizzati nell’alveare colpito. La prassi da utilizzare è la stessa per le altre malattie delle covate: lavaggi con soda, fiamma o raggi gamma. In aggiunta, cambiare i vestiti dell’apicoltore e la disinfettazione dei fumatori, degli stivali e degli strumenti dell’alveare con candeggina al cloro è una buona pratica igienica che aiuterà a non far avvenire la diffusione.
Ricerca di nuove terapie
Ovviamente la ricerca per trovare soluzioni prosegue per migliorare sia la selezione delle api allevate per indurre una resistenza alla malattia nelle larve, ma anche in possibili controlli fisico-chimici del patogeno.
In particolare si stanno studiando le risposte immunitarie degli insetti ai funghi per dei possibili miglioramenti genetici delle api domestiche. In questo ambito sono state osservate come l’immunità umorale di diversi insetti possa avere attività fungicida contro A. apis. Questo tipo di reazione risponde all’infezione mediante l’induzione di un ampio spettro di fattori umorali, tra cui un gran numero di peptidi antimicrobici inducibili (AMP). Inoltre, nell’Apis millifera è stata osservata un’attività antimicotica mirata con la produzione delle chitinasi antimicotiche (AgChi-1, Cht8 and AmelCht).
Si stanno svolgendo anche ricerche con l’utilizzo di batteri per migliorare la microflora intestinale simbiotica.
Fonti
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