La colistina: il ritorno di un vecchio antibiotico

La comparsa e la diffusione di batteri resistenti a quasi tutti gli antibiotici disponibili rappresenta una minaccia per la salute pubblica globale.

La scarsa disponibilità di nuove molecole efficaci contro questi superbugs ha portato negli ultimi anni a un rinnovato interesse per vecchi antibiotici ritenuti troppo tossici per uso clinico, in particolare per le polimixine.

In questo contesto è riemerso l’utilizzo terapeutico della colistina contro le infezioni causate da batteri Gram-negativi multiresistenti.

Un insolito destino per un antibiotico

La colistina (chiamata anche polimixina E) è un antibiotico battericida, a spettro ristretto, attivo contro la maggior parte dei batteri aerobi Gram-negativi. È inefficace invece contro i batteri Gram-positivi, anaerobi e micoplasmi.

Venne scoperta nel 1947 dal giapponese Y. Koyama dalle colture di un batterio Gram-positivo del suolo, il Paenibacillus polymyxa sottospecie colistinus.

Quando nel 1952 venne introdotta in commercio in formulazione endovenosa, la colistina era considerata un antibiotico “miracoloso”, grazie alla sua efficacia nel trattamento di vari tipi di infezioni, inclusa la diarrea infettiva e le infezioni del tratto urinario. Inoltre mostrava un basso livello di resistenza antibiotica.

Tuttavia, verso la metà degli anni Settanta, a causa della sua nefrotossicità e neurotossicità e grazie alla scoperta di nuovi antibiotici efficaci, l’uso clinico della colistina venne progressivamente abbandonato.

Fino agli anni Duemila. La colistina riguadagnò la prima linea nel trattamento delle infezioni da batteri Gram-negativi multiresistenti, per merito della sua efficacia verso microrganismi resistenti ai carbapenemi, come Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter baumannii, Klebsiella pneumoniae, Escherichia coli e altre Enterobacteriaceae.

Quindi oggi la colistina ha un ruolo fondamentale nella terapia di infezioni potenzialmente mortali, rappresentando talvolta l’unico antibiotico che il medico può utilizzare con successo.

Per questo motivo nel 2016, la World Health Organization ha classificato le polimixine nel gruppo Highest Priority Critically Important Antimicrobials per la medicina umana.

Paenibacillus polymyxa
Figura 1 – This photomicrograph of a Gram-stained specimen, revealed numerous Gram-positive, rod-shaped, Paenibacillus polymyxa bacteria, also known as, Bacillus polymyxa. An endospore forming organism, you are able to see a number of spore phase bacteria in the center of this image. [Fonte: Public Health Image Library (PHIL). Centers for Disease Control and Prevention. CDC/ Dr. W.A. Clark. 1977].

Il gene mcr e la resistenza mediata dai plasmidi

Fino a pochi anni fa, la resistenza alla colistina era attribuita esclusivamente a numerose mutazioni cromosomiche identificate nei geni batterici.

Nel 2015 è stato identificato per la prima volta, su isolati di E. coli raccolti da animali da allevamento, carne cruda e campioni clinici umani, un gene di resistenza alla colistina mediato da un plasmide, denominato mcr-1 (mobile colistin resistance-1).

Studi successivi hanno permesso di individuare il gene mcr-1 in varie Enterobacteriaceae. Ad oggi sono stati descritti 10 omologhi del gene mcr (da mcr-1 a mcr-10) in diverse specie batteriche isolate da animali, esseri umani, cibo e ambiente nei cinque continenti del mondo.

I geni mcr trasmessi da plasmidi possono essere trasferiti orizzontalmente tra diverse specie batteriche e possono diffondersi rapidamente nell’interfaccia uomo-animale-ambiente.

Quindi questa situazione rappresenta una potenziale minaccia verso l’efficacia della colistina, opzione terapeutica di ultima istanza contro le infezioni causate dai batteri Gram-negativi multiresistenti.

Colistina
Figura 2 – Struttura della colistina [Fonte: Wikimedia Commons].

L’uso della colistina in ambito veterinario

Nonostante l’abbandono della colistina per uso umano negli anni Settanta, il suo impiego in medicina veterinaria a scopo profilattico e terapeutico è continuato per decenni.

Diversi studi hanno ipotizzato che l’uso della colistina negli allevamenti abbia accelerato la diffusione globale dei geni mcr, aumentando i problemi di resistenza antibiotica con ripercussioni per la salute umana e animale e per l’ambiente.

A causa dell’elevato tasso di microrganismi portatori del gene mcr-1 isolati dagli animali rispetto agli esseri umani, la produzione animale è stata individuata come reservoir di batteri che ospitano i geni mcr.

Per questo dal 2016 sono state implementate nuove normative a livello internazionale e nazionale per regolare e limitare l’uso della colistina in ambito veterinario e per vietarne l’impiego come promotori della crescita nei mangimi.

In conseguenza di questi provvedimenti, in diversi paesi è stata osservata una significativa diminuzione della prevalenza di E. coli mcr-1-positivo e di E. coli resistente alla colistina in campioni di origine umana, animale e ambientale.

L’approccio One Health: una soluzione al problema della resistenza alla colistina

Questi risultati sono incoraggianti. Infatti evidenziano come l’approccio One Health nel contrasto alla diffusione della resistenza alla colistina sia una strada vincente.

Nuove e analoghe strategie potrebbero essere implementate per ridurre l’uso in medicina veterinaria di altri antibiotici importanti dal punto di vista medico.

Allo stesso tempo però è anche necessario attuare a livello globale il monitoraggio dell’uso della colistina negli esseri umani per il trattamento delle infezioni causate da batteri multiresistenti.

Ciò per garantire un uso appropriato di questo antibiotico, evitando di spostare la selezione della resistenza batterica alla colistina dal settore animale al settore umano, dove la diffusione di ceppi resistenti è estremamente preoccupante.

In conclusione, l’approccio One Health, basato su soluzioni multisettoriali e collaborative, ha permesso progressi significativi nella gestione della resistenza alla colistina e potrebbe essere facilmente applicato ad altri antibiotici di importanza medica.

Fonti

Crediti immagini

Figura in evidenza e Figura 1 – This photomicrograph of a Gram-stained specimen, revealed numerous Gram-positive, rod-shaped, Paenibacillus polymyxa bacteria, also known as, Bacillus polymyxa. An endospore forming organism, you are able to see a number of spore phase bacteria in the center of this image. Fonte: Public Health Image Library (PHIL). Centers for Disease Control and Prevention. CDC/ Dr. W.A. Clark. 1977. https://phil.cdc.gov/Details.aspx?pid=19240.

Figura 2 – Struttura della colistina. Fonte: Wikimedia Commons. https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Colistin.svg.

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Francesco M. Labricciosa

Sono laureato in Medicina e Chirurgia, specialista in Igiene e Medicina Preventiva. Dal 2016 partecipo ai progetti di ricerca promossi dalla Global Alliance for Infections in Surgery e come medical writer collaboro con diverse agenzie di comunicazione scientifica del settore healthcare. Per Microbiologia Italia scrivo articoli e conduco interviste nell'ambito delle mie principali aree di interesse: non solo antimicrobial resistance e uso dei farmaci antimicrobici, ma anche storia della microbiologia. linkedin.com/in/francescomarialabricciosa/

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