Una Prospettiva Decisiva sui Biomarcatori Precoce nell’Alzheimer

L’Alzheimer devasta in modo silenzioso il cervello molto prima che compaiano i sintomi. Quando i pazienti vengono sottoposti a test cognitivi per arrivare a una diagnosi, molto spesso la malattia ha già eroso la memoria e il pensiero. Gli scienziati non sanno esattamente come si forma l’Alzheimer, ma uno dei segni distintivi è l’accumulo di proteina beta-amiloide nel cervello. Tuttavia l’amiloide, da sola, non è sempre sufficiente a danneggiare la memoria. Molti pazienti, pur con placche di amiloide nel cervello, non presentano problemi nei ricordi. Altre proteine, come la tau, concorrono nel danneggiare i neuroni. Adesso uno studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine offre una cronologia su come si susseguono nel tempo i cambiamenti cerebrali. In questo articolo di Microbiologia Italia discuteremo di nuovi biomarcatori molto importanti per riconoscere l’Alzheimer.

I Marcatori Precoci dell’Alzheimer: Una Visione a Lungo Termine

Un ampio studio condotto in Cina ha monitorato per venti anni adulti di mezza età e anziani con scansioni cerebrali, prelievi spinali e test cognitivi. Rispetto a coloro che sono rimasti cognitivamente sani, le persone che alla fine hanno sviluppato la malattia avevano livelli più alti di diverse proteine caratteristiche della malattia di Alzheimer. I ricercatori del Centro di innovazione per i disturbi neurologici di Pechino hanno analizzato 648 persone con diagnosi di Alzheimer. Le hanno confrontate con un numero uguale di persone rimaste sane. Nei futuri pazienti di Alzheimer sono stati trovati livelli di tossici di beta amiloide nel liquido cerebrospinale, (che determina le alterazioni neuropatologiche). Sono state ritrovate addirittura tra i 18 e i 14 anni prima della diagnosi.

Successivamente, con 11 anni di anticipo, sono stati rilevati livelli anomali di proteina tau fosfolidata. Nove anni prima della diagnosi è comparso il danno neuronale aspecifico (neurofilamento). Pochi anni dopo sono diventati evidenti nei due gruppi le differenze nella dimensione del cervello e nei punteggi dei test cognitivi. Man mano che il deterioramento cognitivo progrediva i cambiamenti dei livelli di biomarcatori nel liquido cerebrospinale nel gruppo con malattia di Alzheimer inizialmente acceleravano, per poi rallentare.

La Comparsa Graduale dei Biomarcatori

Monitorare i cambiamenti silenziosi del cervello è fondamentale per la ricerca. Era già noto che nelle forme rare ed ereditarie di Alzheimer che colpiscono i giovani, una forma tossica di amiloide inizia ad accumularsi due decenni prima della manifestazione dei sintomi e in un secondo momento entra in azione la proteina tau. Il nuovo lavoro, con il pregio di aver seguito i partecipanti per due decenni, mostra che l’ordine temporale dei cambiamenti di questi particolari biomarcatori riguarda anche la forma più comune del morbo di Alzheimer.

Alessandro Padovani, presidente della Società Italiana di Neurologia (Sin) e direttore della Clinica neurologica agli Spedali Civili di Brescia, commenta che “il dato forte del lavoro è il mettere in fila quei marcatori oggi ritenuti chiaramente correlati al decorso della malattia: prima l’accumulo della beta amiloide, che è il primo step verso la malattia; dopo vediamo la progressiva alterazione della proteina tau e poi la degenerazione misurata con neurofilamenti. E tutte queste alterazioni, a livello liquorale, si identificano molto prima della comparsa dei sintomi clinici”.

Implicazioni sui Farmaci Anti-Alzheimer

Secondo il parere di molti scienziati i risultati di questo studio, unito ad altri lavori, potrebbero giustificare il fatto che i farmaci monoclonali anti Alzheimer (per ora utilizzati solo negli Stati Uniti) non siano così efficaci a livello clinico come ci si potrebbe aspettare. I pazienti spesso non si rendono conto dei benefici, nonostante a livello biologico si registrino miglioramenti (gli accumuli di beta amiloide nel cervello calano). Questi farmaci sono offerti a chi manifesta sintomi iniziali della malattia. Se si considera il punto di vista biologico (ovvero l’inizio di accumulo di proteina tossiche), è ipotizzabile che la terapia inizi probabilmente in «ritardo», in una fase in cui la malattia ha già accumulato molto danno neuropatologico, e questo renderebbe difficile una reversibilità tangibile.

Il Ruolo dei Biomarcatori dell’Alzheimer Plasmatici

Lo studio cinese è particolarmente eccezionale e difficilmente potrà essere replicato sul nostro territorio per motivi etici. Padovani sottolinea che “oggi abbiamo biomarcatori a livello plasmatico (in fase di validazione a livello clinico) che performano in modo simile al livello liquorale con costi più contenuti e decisamente meno invasivi. Non è impossibile allora cominciare a studiare coorti per un certo numero di anni per capire come evolvono non solo i marcatori, ma anche il rischio di andare incontro a una demenza”.

Identificare i Profili di Rischio

Padovani chiarisce che “il biomarcatore, che sia liquorale o plasmatico, permette comunque di costruire un quadro neuropatologico, identificando pazienti con alterazioni dell’amiloide, o della proteina tau o entrambe, un po’ come se fosse una biopsia liquida che viene eseguita per altre condizioni”. Tutto questo permetterebbe di configurare un profilo di rischio. Sarebbe importante anche per selezionare i pazienti anche per verificare se i farmaci funzionano e in quali categorie di pazienti funzionano meglio.

In conclusione, questa ricerca rappresenta un passo significativo verso una migliore comprensione e diagnosi precoce dell’Alzheimer. Ciò apre la strada a strategie preventive più efficaci e a terapie mirate.

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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