Emofilia di tipo A: il lascito della Regina Vittoria

Emofilia: affezione congenita ed ereditaria caratterizzata da un difetto della coagulazione del sangue, rallentandone il processo. Questo è dovuto alla mancanza di un fattore indispensabile per la formazione di tromboplastina attiva. In questo articolo tratteremo l’emofilia di tipo A che ha colpito la Regina Vittoria, segnando il destino dell’intera età Vittoriana.

Generalità dell’emofilia A

L’emofilia si classifica tra le malattie genetiche causate da mutazioni di geni localizzati sul cromosoma X. Più precisamente si tratta di una mutazione F8 (Xq28) che codifica per il FVIII (fattore di coagulazione VIII). Chiaramente l’emofilia rientra nelle malattie monogeniche dovute alla mutazione di un singolo gene che, in questo caso, si trova sul cromosoma X. La maggior parte delle malattie genetiche causate da questo genere di mutazioni, sono di tipo recessivo. Ne consegue che negli alberi genealogici di famiglie in cui segrega una malattia, questa colpisce in prevalenza il sesso maschile; e si trasmette, inoltre, per via ereditaria attraverso il sesso femminile che ne è portatrice. Ci sono diversi tipi di emofilia, di cui considerevolmente:

  • emofilia di tipo A: colpisce 1 su 10.000 persone
  • emofilia di tipo B: colpisce 1 su 50.000 persone

Un po’ di storia…

Pur essendo conosciuta in tutti i raggruppamenti etnici, l’emofilia di tipo A, è piuttosto rara. Fintanto che le statistiche indicano una maggiore prevalenza nelle popolazioni anglosassoni e dell’Europa Settentrionale. Si fa riferimento ad un classico esempio di albero genealogico in cui è stata diagnosticata emofilia di tipo A. L’albero che illustra la trasmissione dell’emofilia è quello della Regina Vittoria (1819 – 1901) di Gran Bretagna e dei suoi discendenti.

Albero genealogico della regina Vittoria. Illustrazione della trasmissione della malattia
Figura 1 – Albero genealogico della regina Vittoria. Illustrazione della trasmissione della malattia
[Fonte: https://www.amazon.it/Campbell-Biologia-genetica-mylab-espansione/dp/8865189320]

Trattandosi di una malattia ereditaria, l’emofilia in questione può essere rintracciata negli antenati (Figura1). Pare però che nella Regina Vittoria sia avvenuta, invece, una mutazione di tipo spontaneo. Ci si è avvalsi di questa ipotesi perché il padre della Regina, il Duca Edoardo, non era emofiliaco; altrettanto sua madre. Cosa ha permesso di validare questa ipotesi? Il fatto che da un punto di vista genetico, nell’emofilia, il tasso di mutazione spontaneo aumenta con l’età, e il Duca aveva 51 anni alla nascita della figlia.

Sintomi

La forma di emofilia più frequente è quella di tipo A, o chiamata anche emofilia classica. Questo tipo di emofilia è caratterizzato dalla mancanza di globulina antiemofilica o fattore VIII. I sintomi fondamentali sono rappresentati da manifestazioni emorragiche che compaiono talvolta già nei primi giorni di vita. Nello specifico, parliamo in questo caso di emorragie dal cordone ombelicale oppure emorragie intracraniche. Oppure ci riferiamo ai costanti traumi (lividi) a cui è esposto un bambino quando si approccia alla prima deambulazione. Si pensi ancora a graffi, piccole ferite o contusioni di una certa entità che possono provocare emorragie, talvolta anche gravi. Le parti del corpo più soggette ad emorragie sono articolazioni, muscoli, talvolta tessuti molli. Possono incidere nella manifestazione dei sintomi, interventi chirurgici ed estrazioni dentali.

Le emorragie articolari, tipici sintomi dell’emofilia, insorgono dopo il primo decennio di vita e piano piano portano ad artrite. Se non si agisce tempestivamente si danneggiano gravemente cartilagine ed ossa, con rischio certo di anchilosi. Le zone colpite sono le articolazioni del ginocchio, del gomito, del piede, dell’anca e della spalla. Le emorragie muscolari interessano polpaccio, avambraccio, ileo-psoas. Ma anche gola e testa. Le emorragie che interessano altre parti del corpo, vedono coinvolti intestino, cervello ed altri tessuti molli. Questo genere di emorragie mette a rischio la vita delle dei pazienti che necessitano nell’immediato di un trattamento. Evidenti sintomi sono forti dolori addominali, sangue nelle feci, dolore alle articolazioni e ai nervi di braccia e gambe.

Fattore VIII – ruolo chiave nell’emofilia di tipo A

Dagli esami del sangue a stomaco vuoto, si evince un rallentamento del processo che governa l’emofilia, nonché un aumento del tempo di coagulazione del sangue. Questo è dovuto alla mancanza della globulina antiemofilica, mentre tutti gli altri fattori di coagulazione risultano essere nella norma. Quando parliamo perciò di globulina antiemofilica ci riferiamo al Fattore VIII che viene codificato dal gene F8 localizzato sul cromosoma X. In caso di emofilia, deduciamo che il gene ha subito modificazioni o mutazioni.

Struttura proteica del Fattore di coagulazione VIII
Figura 2 – Struttura proteica del Fattore di coagulazione VIII
[Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Fattore_VIII#/media/File:Protein_F8_PDB_1d7p.png]

Da un punto di vista fisiologico, il fattore di coagulazione viene rilasciato nel flusso sanguigno e una volta attivato dalla trombina, interviene nel processo di coagulazione. Il processo di coagulazione è fondamentale per rimarginare lesioni cutanee o ferite più profonde, a seconda della zona del corpo colpita. Altrimenti porterebbe ad infezione, fino a sepsi.

Il decorso della malattia è variabile perché esistono casi in cui i tempi di coagulazione è normale nonostante esista un grave deficit di fattore VIII. In queste forme lievi di emofilia di tipo A, le manifestazioni emorragiche sono di minore entità e si presentano con minore frequenza. Nelle forme più gravi vengono adottate normalmente misure profilattiche e terapeutiche adeguate; le stesse che nelle forme di media gravità permettono ai pazienti di raggiungere un’età adulta serena.

Terapie

Le terapie indicate per emofilia di tipo A sono di tipo “sostitutivo”, presso centri di cura specifici per l’emofilia. Per terapia sostitutiva si intende la trasfusione di sangue che, in caso di gravi emorragie, è in grado di correggere il difetto di coagulazione sia lo stato anemico del paziente. L’approccio terapeutico più semplice perciò è la somministrazione di concentrati di fattore VIII derivato dal plasma o ricombinante. Lo stato anemico è dovuto all’emorragia stessa. In assenza di anemia, viene usato il plasma fresco che possiede le proprietà antiemofiliche. Dalle ultime ricerche è emerso che il fattore VIII ricombinante è stato creato per eliminare il rischio di trasmissione di patologie infettive (AIDS, epatite B,C) in seguito a trasfusione.

Inoltre si rivela di grande utilità, la somministrazione anche di preparati a base di trombina e fibrina. Sono sostanze che hanno un ruolo significativo in caso di emorragie nasali, gengivali e più generalmente cutanee. In caso invece di emorragie gravi ai tessuti molli, come quelle gastrointestinali, si usano preparati a cui vengono aggiunti sostanze che proteggono la trombina dall’azione dei succhi gastrici.

Conclusione

Nei discendenti della famiglia reale non sono più apparse manifestazioni dell’emofilia di cui era portatrice Vittoria (Figura 1). Il gene dell’emofilia però può rimanere celato nelle femmine. Resta quindi quella piccola percentuale secondo la quale la malattia possa tornare a manifestarsi tra i discendenti nel corso degli anni a venire. In conclusione abbiamo preso in esame l’esempio della dinastia della regina Vittoria, per affermare che seppur una malattia smetta di manifestarsi, ciò non toglie che la mutazione del gene responsabile, possa tornare a colpire i discendenti futuri.

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Francesca Di Ciaula Articolista

Laureanda in Biologia presso Università degli Studi di Bari. intuitiva e creativa. Amante della Genetica che non sbaglia mai, come dice mio padre. Appassionata alla scrittura divulgativa e saggistica.

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