Il virus dell’Aviaria che minaccia non solo gli allevamenti avicoli

Il virus dell’influenza Aviaria

I mass media negli ultimi anni hanno dovuto tenere il passo coi report periodici di casi di influenza aviaria nel mondo. Tra il 2021 e il 2022 l’Europa ha vissuto una delle epidemie più atroci causate da questo ortomixovirus che tanto somiglia a quello dell’influenza stagionale “umana”. Alla famiglia degli ortomixovirus appartengono quattro generi, distinti da lettere latine.

Quelli di maggiore interesse per l’uomo sono il genere B, specie specifico, e il genere A che raggruppa virus con un ampio spettro di ospiti, tra cui uomo, suini, cavalli, volpi, uccelli ecc. L’influenza di tipo A è la causa principale di epidemie di influenza nel globo e la sua pericolosità è dovuta proprio alla sua capacità di adattarsi a molte specie ospite. I generi A e B hanno qualche piccola distinzione molecolare ma le due principali glicoproteine di membrana sono analoghe: emoagglutinina e neuraminidasi. Ad oggi sono stati riconosciuti 18 sottotipi di emoagglutinina H e 11 sottotipi di neuraminidasi N. Questa varietà può generare un vasto numero di combinazioni e ad oggi più di 130 influenze di genere A sono state identificate in natura.  

Il ruolo degli uccelli nella trasmissione del virus dell’Aviaria

L’influenza aviaria circola da milioni di anni nell’ordine degli anseriformi, tra cui anatre, oche, cigni e caradriformi come gabbiani. Normalmente, l’influenza aviaria non provoca un decorso sintomatico e in questi casi viene nominata influenza a bassa patogenicità (LPAI). I virus poco patogenici possono essere “trasportati” dagli uccelli migratori reservoir sopra citati e giungere in svariate regioni del mondo. È molto comune che gli uccelli selvatici migratori abbiano contatto con gli uccelli domestici, soprattutto negli allevamenti avicoli in quanto attirati dalle riserve di cibo. La trasmissione al pollame può indurre malattie respiratorie, congiuntiviti, sinusiti, diarrea e riduzione nella deposizione di uova. Questa trasmissione, soprattutto se avviene in allevamenti intensivi, porta alla replicazione del virus un numero considerevole di volte, con alto rischio di mutazioni.

Le mutazioni

Le mutazioni sono molto frequenti e le cause sono diverse. Il virus dell’influenza è un virus a RNA e, come dimostrato da molti studi, la capacità di riassortimento genetico è più alta in confronto ai virus a DNA. Essendo inoltre a singolo filamento manca di un riferimento molecolare che gli permetta la correzione di possibili errori durante il processo replicativo. L’influenza è anche caratterizzata da un genoma segmentato, dunque il rimescolamento di segmenti provenienti da diversi virus è molto comune, soprattutto in condizioni in cui l’organismo ospite ha più infezioni in atto. In alcune occasioni, dunque, durante il processo infettivo può emergere un nuovo virus caratterizzato da alta patogenicità (HPAI). Polli, tacchini e simili sono particolarmente suscettibili ad HPAI e durante le epidemie la mortalità è quasi del 100%. I sintomi comprendono perdita di appetito e capacità di movimento, sanguinamento e mancata deposizione di uova. 

Focolai diffusi

I report nel mondo di influenza aviaria, fanno riferimento ad epidemie di HPAI e non di LPAI, la quale spesso passa inosservata. L’epidemia iniziata nell’ottobre 2021 e che ha continuato per tutto il 2022 è stata la più grande di influenza mai vista in Europa. I casi non sono scemati nemmeno tra giugno e agosto, un evento del tutto inusuale visti i precedenti storici. L’HPAI identificato e tuttora predominante è H5N1 ma nello scenario epidemiologico si sono inseriti anche altri virus tra cui H5N8 e H5N5. Ad esserne minacciata non è solo l’Europa.

Le rotte migratorie che connettono il nord Europa e Canada hanno indotto nel 2022 lo sviluppo di una delle più grandi epidemie di aviaria in nord America. Anche i paesi in via di sviluppo hanno riportato molti focolai, incentivati dalle condizioni poco igieniche mantenute negli allevamenti e la frequenza di contatti diretti degli avicoli coi volatili selvatici. Africa occidentale e sud est asiatico, infatti, soffrono periodicamente le conseguenze di questo virus essendo zone favorite per la migrazione aviaria. Perdipiù nell’ultimo anno HPAI è giunta per la prima volta in sud America e ad oggi ci si chiede quali altri confini verranno varcati nel 2023. 

Le conseguenze sugli uccelli selvatici

Oltre gli “outbreaks” di aviaria che colpiscono gli allevamenti, quello che preoccupa sempre di più sono le conseguenze del virus sulle popolazioni di uccelli selvatici. Quest’ultima epidemia ha portato mai come prima ad un altissimo numero di casi di HPAI in varie specie di volatili causando il decesso di interi stormi. L’influenza aviaria ad alta patogenicità, infatti, è fatale anche per altre specie non avicole, le quali possono infettarsi attraverso il contatto con gli esemplari reservoir. È un fenomeno molto preoccupante che intacca la biodiversità aviaria di alcune zone del mondo.

L’ultima epidemia ha portato alla morte di migliaia di volatili selvatici in Europa, soprattutto in Regno Unito e Germania, nelle zone in cui gli uccelli migratori fanno “stopover” prima di procedere a sud o a ovest. Considerando che il sud America è la patria della più estesa biodiversità aviaria al mondo si prevede che nei prossimi anni il danno ecologico possa essere incontrollabile e irreversibile.

Il ruolo della sorveglianza

Sono necessari sistemi di sorveglianza coordinati e aggiornati in tempo reale, le specie più a rischio devono essere monitorate. Operare a livello delle comunità volatili selvatiche è complesso, per questo risulta necessario agire dove i virus HPAI sorgono: gli allevamenti. Le strutture devono sottostare a degli standard, di modo da ridurre il rischio di infezione ad un minimo standardizzato. Investire nella prevenzione, nel mantenimento di buone strutture e ottime condizioni igieniche è la chiave per salvare non solo l’economia di migliaia di allevatori ma anche la preziosa biodiversità che caratterizza il nostro pianeta

Lo spillover del virus dell’aviaria

Un dubbio da chiarire è: questo virus è pericoloso per l’uomo? Pochi sono i casi di “salto di specie” del virus dell’aviaria; eppure, vengono riportati sempre più di frequente. La sintomatologia è lieve e ricorda l’influenza stagionale, pochi sono stati i decessi e le complicanze possono sorgere da vari fattori. Quello che è certo è che risulta necessario evitare contatti a rischio. Entrare in relazione col virus dell’aviaria può portare, con una bassa ma effettiva probabilità, all’adattamento del patogeno al nuovo organismo ospite, un processo potenzialmente pericoloso, già visto con SARS-COV-2.

L’unica soluzione è un approccio One Health

È necessario dunque investire nella battaglia contro l’influenza aviaria, un patogeno che, per quanto ad oggi nuoce la specie umana solo dal punto di vista produttivo, minaccia la conservazione di altre svariate specie animali. La “One Health” è una teoria secondo cui la salute è da considerare unica e planetaria. Si tratta di un modello perfettamente applicabile al fenomeno della aviaria; infatti, secondo questa visione il benestare umano è strettamente collegato al benestare animale e ambientale. Diventa dunque necessario prendersi cura di tutto ciò che ci circonda abbandonando la tipica visione puramente antropocentrica.

Fonti

  • EFSA – European food safety authority
  • CDC – Center for Disease Control and Prevention
  • Alexander, Dennis J. 2000. «A Review of Avian Influenza in Different Bird Species». Veterinary Microbiology 74(1):3–13. doi: 10.1016/S0378-1135(00)00160-7.
  • Couch, Robert B. 1996. «Orthomyxoviruses». in Medical Microbiology, a cura di S. Baron. Galveston (TX): University of Texas Medical Branch at Galveston.
  • Domingo, E., E. Baranowski, C. M. Ruiz-Jarabo, A. M. Martín-Hernández, J. C. Sáiz, e C. Escarmís. 1998. «Quasispecies structure and persistence of RNA viruses.» Emerging Infectious Diseases 4(4):521–27.
  • Munster, Vincent J., Chantal Baas, Pascal Lexmond, Jonas Waldenström, Anders Wallensten, Thord Fransson, Guus F. Rimmelzwaan, Walter E. P. Beyer, Martin Schutten, Björn Olsen, Albert D. M. E. Osterhaus, e Ron A. M. Fouchier. 2007. «Spatial, Temporal, and Species Variation in Prevalence of Influenza A Viruses in Wild Migratory Birds». PLoS Pathogens 3(5):e61. doi: 10.1371/journal.ppat.0030061.
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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