Il fuoco dell’Ebola virus si sta lentamente spegnendo, gli ultimi bollettini dell’OMS lo confermano: un paese dopo l’altro si sta liberando dalla piaga che ha causato in pochissimo tempo quasi 30’000 casi, meno della metà dei quali conclusi con la morte del soggetto.
Con il passare del tempo, svanito il fumo, iniziano ad apparire le macerie che l’epidemia si è lasciata alle spalle e, tra queste, emergono i sopravvissuti: una schiera di quasi 17’000 persone che, all’apparenza guarite, potrebbero secondo recentissimi studi celare le tracce più subdole di questa malattia, tracce che potrebbero rivelarsi ben più gravi di quanto non si potesse pensare.
Il protagonista di questa inquietante vicenda è il virus Ebola, un agente patogeno zoonotico, cioè un virus che si trasmette dagli animali all’uomo. In particolare questo virus viene veicolato dai pipistrelli della frutta (tipici delle regioni dell’Africa centrale e sub-sahariana) negli ospiti finali, gli uomini e le grandi scimmie, attraverso i fluidi corporei.
Questo virus è caratterizzato da un’alta letalità ed è il responsabile dell’EVD, l’ebola virus disease, una patologia caratterizzata da forti febbre emorragiche che, nelle forme più acute, causa sintomi neurologici correlabili con patologie come meningiti ed encefalopatie.
Quest’ultimo aspetto, molto grave, dimostra che il virus è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, una speciale barriera fisica formata dalle cellule cerebrali, che ha il compito di isolare e proteggere il sistema nervoso centrale da tutto ciò che scorre nel flusso sanguigno.
Proprio nel cervello si anniderebbe, secondo gli ultimi studi, quello che è stato ribattezzato come il fantasma dell’ebola, una sorta di (sgradita) eredità che la malattia avrebbe lasciato nei sopravvissuti, un marchio, che consisterebbe in una serie di sintomi neurologici anche molto gravi che si manifesterebbero diversi mesi dopo la guarigione.
Il panorama che emerge dallo studio dell’American Academy of Neurology, presentato nel 68esimo Congresso Annuale a Vancouver in Canada svoltosi a metà aprile di quest’anno, è inquietante: degli 82 soggetti trattati, uomini sui 35 anni sopravvissuti all’EVD, la maggior parte risulta soffrire di patologie cerebrali più di sei mesi dopo l’infezione.
Le anomalie neurologiche a cui lo studio fa riferimento sono diverse, si annoverano debolezza e dolori muscolari, mal di testa, perdita di memoria, fino ad arrivare ad allucinazioni e, in due casi, al suicidio. Sono presenti anche diversi sintomi minori, ancora più comuni nei soggetti, come il movimento anomalo degli occhi, tremori o riflessi anormali, che per quanto siano meno invalidanti non destano meno preoccupazioni.
Il quadro clinico dei soggetti studiati sembrerebbe denunciare un danno neurologico consistente e, forse ancora più preoccupante, a scoppio ritardato.
Il motivo ed i meccanismi dietro a queste manifestazioni non sono ancora conosciuti, così come non c’è ancora una certezza assoluta che questi sintomi siano da addebitare esclusivamente all’EVD, ciononostante l’interesse nel comprendere come funzionino e quale sia, se non l’Ebola, l’agente eziologico, è stato ribadito dalla ricercatrice Lauren Bowen.
Fonti:
Organizzazione Mondiale della Sanità e Centers for Disease Control and Prevention, American Academy of Neurology
http://ecdc.europa.eu/en/publications/Publications/Ebola-west-africa-13th-update.pdf
https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/474473/EVD_Epidemiological_Update_6_November_2015_v5.pdf
Laura Tasca