Qual è la relazione che lega lo ZIKA virus e la microcefalia? La risposta arriva da un gruppo di studiosi torinesi!
“Non è mai accaduto nella storia che una puntura di zanzara determinasse una malformazione così devastante”, ha commentato Thomas Frieden, direttore dei Cdc statunitensi.
Sono passati pochi mesi dall’allarme di emergenza sanitaria internazionale lanciato dall’OMS, ed i nuovi dati scientifici non lasciano più alcun dubbio: il virus ZIKA, se contratto da una donna in stato di gravidanza, è in grado di trasmettersi al feto determinando la formazione di microcefalia (New England Journal of Medicine).
Ma cos’è la microcefalia?
La formazione del cervello è il processo più complesso e delicato a cui va incontro il nostro organismo durante i nove mesi di gestazione: è sufficiente una qualsiasi alterazione, seppure lieve, per provocare effetti disastrosi sia in termini di numero di neuroni che di connessioni (pari a 86 miliardi circa in un soggetto normale).
Queste alterazioni portano ad una patologia detta microcefalia che può avere diversi gradi di severità ed è caratterizzata da una riduzione del volume cerebrale accompagnata, nei casi più severi, da paralisi motoria, epilessia e disabilità intellettuale
Non esiste, in realtà, una sola patologia ascrivibile al termine microcefalia, oltre a diversi gradi di severità la microcefalia può avere infatti differenti origini: nell’1% dei casi ha origine da fattori ambientali (disturbi della circolazione placentare, esposizione a sostanze tossiche come l’alcool ed infezioni batteriche e virali), mentre solo in un caso su 250.000 ha origine genetiche (dati provenienti dallo studio di un gruppo olandese riportato sul quotidiano online Bergamo Salute).
Una importante svolta negli studi di questa rara patologia è arrivata circa un anno fa, quando, allo scoppiare dello ZIKA virus in Sudamerica, si è registrato un aumento consistente dei casi di microcefalia, aprendo la porta all’ipotesi di una correlazione, che non era però ancora stata provata.
Lo ZIKA virus, trasmesso da una zanzara, ha fatto la sua comparsa nel 2015 in Brasile, diffondendosi poi a macchia d’olio in Sudamerica, spaventando tanto da far dichiarare l’allerta internazionale da parte dell’OMS e collezionare, fino ad oggi, 100’000 casi accertati e fino a 400’000 casi sospetti.
Questo micidiale virus non è temuto solo per la potenziale pandemia che potrebbe scatenare ma anche per l’entità delle lesioni: i dati allarmanti arrivano da uno studio condotto in Brasile e pubblicato solo qualche settimana fa sul British Medical Journal, dal quale è emerso che questo virus ha una particolare predizione per le cellule staminali cerebrali e che i danni neurologici di cui è responsabile sono più gravi di quelli che si osservano nelle altre forme di microcefalia legate ad agenti infettivi o ad anomalie genetiche. Questo studio verte sulle analisi eseguite su 23 bambini affetti da microcefalia provenienti dall’epicentro dell’emergenza (Pernambuco), nati tra il luglio ed l’agosto del 2015. I risultati, ottenuti tramite risonanze magnetiche, mostrano:
- volume del cervello ridotto
- depositi di calcio conseguenti alla morte di neuroni in diversi punti della corteccia cerebrale
- malformazioni in zone responsabili dell’integrazione dei segnali nervosi e del ragionamento
- anomalie del cervelletto e del tronco encefalico (organi cruciali per il controllo dei movimenti)
- danni ai nervi tali da pregiudicare la trasmissione degli impulsi
Ma non finisce qui: un altro problema che la sanità dovrà affrontare è la difficoltà di fare stime sui nascituri microcefalici, poiché questo virus si manifesta negli adulti soltanto una volta su tre, rendendo impossibile prevedere in tutti i casi la nascita di neonati affetti da questa patologia.
La correlazione tra la microcefalia ed il virus ZIKA è ancora oggetto di interesse internazionale, ma un importante contributo è stato dato da un gruppo di ricerca torinese guidato da Ferdinando Di Cunto, professore e ricercatore presso il Centro di Biotecnologie Molecolari dell’Università di Torino ed afferente all’Istituto di Neuroscienze di Torino (NIT), che da anni ormai studia le cause ed i meccanismi delle microcefalie genetiche.
Il progetto, finanziato dall’ente Telethon e che ha già visto la pubblicazione di 9 papers, nasce dalla scoperta di un gene chiamato CITK o CRIK, seguita dalla creazione di un modello murino sperimentale in cui la mutazione di questo player porta ad una grave riduzione del volume cerebrale e ad una severa forma di epilessia.
Lo studio, pubblicato a fine ottobre sulla rivista EMBO Reports, ha stabilito la stretta correlazione che intercorre tra il gene CITK ed il gene ASPM, responsabile della forma più diffusa di microcefalia genetica.
Quando sono scoppiati i primi casi di microcefalia causati dall’infezione dello ZIKA virus il gruppo di ricerca, convinto di poter comprendere di più delle microcefalie genetiche grazie allo studio di questa forma virale, si è concentrato sullo studio dei meccanismi comuni mettendo a confronto i profili molecolari di tre diverse microcefalie genetiche (tra cui la quella CITK) con il profilo della microcefalia virale da ZIKA (riprodotta in vitro in cellule staminali umane infettate dal virus); questa analisi molecolare ha evidenziato l’attivazione di alcuni geni comuni appartenenti al pathway di segnalazione intracellulare della proteina P53.
Questa proteina (nota anche come “il guardiano del genoma” in quanto sensibile ai danni al DNA e responsabile della riparazione o, in caso di mancata riparazione, della morte della cellula per apoptosi) è stata scoperta essere una delle protagoniste nello sviluppo della microcefalia, sia in quella di origine genetica che in quella provocata dallo ZIKA virus, essendo responsabile della forte diminuzione della popolazione di cellule staminali cerebrali.
“I risultati dei nostri test – spiega Di Cunto – suggeriscono che ZIKV e le mutazioni genetiche potrebbero ridurre il numero di neuroni mediante un’attivazione selettiva di P53, che determinerebbe una forte contrazione nella popolazione di cellule staminali cerebrali. Questa ipotesi, derivata inizialmente da analisi bioinformatiche, è stata validata in collaborazione con ricercatori dell’INSERM e dell’Istituto Pasteur di Parigi, che hanno studiato direttamente l’attivazione di P53 in cellule staminali neurali infettate dal virus. I risultati di questo studio, pubblicati sulla rivista “Cell Death and Disease” rappresentano un importante passo avanti, sia per la comprensione dei meccanismi mediante i quali ZIKV determina selettivamente la microcefalia, sia per la comprensione delle microcefalie genetiche, necessaria per lo sviluppo di eventuali approcci terapeutici.”
Fonti:
EMBO Reports: ASPM and CITK regulate spindle orientation by affecting the dynamics of astral microtubules; Gai M, Bianchi FT, Vagnoni C, Vernì F, Bonaccorsi S, Pasquero S, Berto GE, Sgrò F, Chiotto AM, Annaratone L, Sapino A, Bergo A, Landsberger N, Bond J, Huttner WB, Di Cunto F.
The American Journal of Human Genetics: Mutations in Citron Kinase Cause Recessive Microlissencephaly with Multinucleated Neurons; Harding BN, Moccia A, Drunat S, Soukarieh O, Tubeuf H, Chitty LS, Verloes A, Gressens P, El Ghouzzi V, Joriot S, Di Cunto F, Martins A, Passemard S, Bielas SL
Cell Death and Disease: ZIKA virus elicits P53 activation and genotoxic stress in human neural progenitors similar to mutations involved in severe forms of genetic microcephaly and p53; El Ghouzzi V, Bianchi FT, Molineris I, Mounce BC, Berto G, Rak M, Lebon S, Aubry L, Tocco C, Gai M, Chiotto AMA, Sgrò F, Pallavicini G, Simon-Loriere E, Passemard S, Vignuzzi M, Gressens P, Di Cunto F.
Laura Tasca