Tossicodipendenza: una partita di vita giocata male o un retrovirus ancestrale?

“L’abuso della droga non è una malattia, ma una decisione, come quella di andare incontro ad una macchina che si muove. Questo non si chiama malattia, ma mancanza di giudizio.” (Philip Kindred Dick

, Un oscuro scrutare, 1977). Ma se aldilà di un’assoluta alienazione dall’essere, si aggiungesse la colpevole presenza di un retrovirus ancestrale “pericoloso” all’interno del genoma?

Evidentemente parlare di tossicodipendenza come malattia è spesso fonte di discussione e dibattito. Infatti, se da un lato la società e l’opinione pubblica siano molto meno indulgenti e comprensivi, la comunità scientifica rimane avida di soluzioni efficaci e di valide spiegazioni biologiche sul meccanismo che ne è alla base. I più penserebbero ad una semplicistica giustificazione scientifica per un fenomeno ben più complesso. E’ vero. La scienza ci aiuta ad individuare e comprendere il marchingegno difettoso in un sistema biologico compromesso, ma evidentemente diversi fattori culturali, sociali e personali devono essere presi in considerazione per trovare le ragioni del comportamento sucida di un tossicodipendente.

Un recente studio scientifico, pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences, ha infatti proposto un potenziale fattore scatenante della tossico-dipendenza: la presenza di un retrovirus ancestrale nel genoma di alcuni individui regolerebbe la trascrizione di geni coinvolti nella generazione di un meccanismo di dipendenza a livello cerebrale.

Il genoma umano è disseminato di sequenze retrovirali stabilmente conservate ed evolutivamente ereditate. La maggior parte di queste sequenze non sono attive a livello trascrizionale, sebbene il loro ruolo di controllore della trascrizione genica sia stato già largamente dimostrato e associato all’insorgenza di diverse patologie.

Immagine 1: Rappresentazione schematica del ciclo di replicazione del DNA virale

Lo studio che è stato appena pubblicato è il risultato di due ricerche indipendenti condotte l’una nell’Università di Atene, l’altra nell’Università di Oxford. Entrambi i gruppi di ricerca sono partiti dall’ipotesi di associazione di un raro fenotipo del retrovirus ancestrale HK2 con la dipendenza dalle droghe.

Le popolazioni scelte per confermare questa associazione sono state: una popolazione greca composta da 202 individui affetti da immunodeficienza da HIV ed una popolazione inglese di individui affetti da epatite C, a causa del virus HCV. In entrambe, gli individui-controllo erano rappresentati da individui non tossico-dipendenti.

I risultati hanno indipendentemente dimostrato che la probabilità di possedere l’incriminato fenotipo del retrovirus ancestrale è significativamente più alta tra gli individui affetti da tossicodipendenza. In numeri, infatti, la frequenza di osservazione di HK2 negli individui dipendenti rispetto agli individui-controllo sembra essere 2 volte maggiore nelle popolazione greca e 3.5 volte maggiore nella popolazione inglese.

Ai risultati ottenuti dagli studi osservazionali, si aggiungono gli esperimenti in vitro per l’approfondimento del meccanismo biologico alla base dell’associazione individuate.

I ricercatori, hanno infatti valutato l’attività di modulazione genica da parte del retrovirus ancestrale all’interno del genoma, attraverso esperimenti condotti in linee murine. Sorprendentemente, è stato dimostrato il ruolo modulatore dell’inserzione dell’HK2 a livello delle sequenze esoniche del gene RASGRF2, un gene coinvolto, a livello cerebrale, con il sistema dopaminergico della gratificazione e ricompensa.

L’inserzione della sequenza retrovirale nella linea cellulare umana HEK293, conosciuta per avere un trascrittoma neuronale, ha definitivamente dimostrato il ruolo regolatore dell’integrazione retrovirale nella trasmissione del segnale neuronale.

I ricercatori concludono, quindi, che la presenza di un determinato fenotipo del retrovirus ancestrale HK2 in determinati individui, potrebbe attivare una modulazione genica tale da indurre un meccanismo patogenico, come il meccanismo di dipendenza.

Uno studio abbastanza importante soprattutto in relazione ad un possibile target terapeutico per quegli individui in cui è stata rilevata questa associazione. Tuttavia molte domande rimangono ancora senza risposta ed ulteriori studi sono necessari per una migliore comprensione biologica di questo complesso fenomeno.

Infatti, come abbiamo commentato all’inizio, e come ci ricorda anche il filosofo Umberto Galimberti, nel libro L’ospite inquietante“Alla base dell’assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche del tabacco e dell’alcol, c’è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere. Se questo senso non si dà, se non c’è neppure la prospettiva di poterlo reperire, se i giorni si succedono solo per distribuire insensatezza e dosi massicce di insignificanza, allora si va alla ricerca di qualche anestetico capace di renderci insensibili alla vita.”

 

Serena Galiè

Fonti

:

  • Human Endogenous Retrovirus-K HML-2 integration within RASGRF2 is associated with intravenous drug abuse and modulates transcription in a cell-line model (Karamitros et al., 2018);

  • https://www.livescience.com/63669-ancient-retrovirus-addiction.html

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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