Le dinofite

Generalità

Le divisione delle dinofite comprende 1000 specie di cui circa la metà sono autotrofe e l’altra metà eterotrofe. Si tratta di organismi eucariotici unicellulari marini in possesso di due lunghi flagelli cigliati. Se ne conoscono solo poche forme coccali e tricali.

Presentano una colorazione piuttosto variegata (da giallo-bruna a rossastra) dovuta a pigmenti accessori come beta-carotene e svariate xantofille (es. peridinina). Accumulano, sottoforma di granuli, generalmente amido come sostanza di riserva.

La parete cellulare, nella maggior parte delle specie, possiede pori sottili che terminano con tricocisti a forma di sacculo che, se stimolati, espellono filamenti proteici. In molte dinofite, la parete cellulare è costituita da caratteristiche placche di cellulosa poligonali che formano una teca resistente provvista di un solco trasversale e di uno longitudinale. Le squame della teca sono poste in cavità piatte all’interno del plasmalemma e la membrana plasmatica si mantiene esternamente alla teca.

Nell’incrocio tra il solco trasversale e quello longitudinale si originano i flagelli (Fig. 1), ognuno dei quali si sviluppa in un proprio solco. In particolare, il flagello trasversale possiede una serie di ciglia poco più lunghe di quelle del flagello longitudinale che, al contrario, presenta due serie di ciglia più brevi. In particolare, il flagello che ondeggia nel solco trasversale provoca un movimento rotatorio attorno all’asse longitudinale mentre il flagello che si muove nel solco longitudinale determina l’avanzamento della cellula.

Immagine illustrativa della struttura anatomica delle Dinofite. L’endoscheletro (scheletro interno) è formato da vescicole appiattite dove può esserci un deposito di cellulosa. Sono inoltre organismi dotati di due flagelli: uno orizzontale (movimento rotatorio) e uno longitudinale (spinta).
Figura 1 – Immagine illustrativa della struttura anatomica delle Dinofite. L’endoscheletro (scheletro interno) è formato da vescicole appiattite situate vicino alla superficie interna della membrana plasmatica. All’interno di queste vescicole può esserci un deposito di cellulosa. Questi organismi di solito presentano due flagelli: uno orizzontale (movimento rotatorio) e uno longitudinale (spinta).[Fonte: ALGAS: Dinophyta (mundociano.blogspot.com)].

La riproduzione nelle dinofite

Riproduzione vegetativa

Nelle dinofite, la riproduzione asessuata, avviene tramite divisione longitudinale lungo una linea obliqua. In particolare, nelle forme provviste di teca resistente, come le alghe appartenenti al genere Ceratium, l’involucro si spezza secondo una linea obliqua rispetto al solco trasversale e viene completata di volta in volta la metà della teca mancante.

In altri specie (come accade, per esempio, per il genere Peridinium) viene, invece, demolita l’intera teca prima della divisione così da permettere alle cellule figlie la formazione completa di una nuova teca. Dopo numerose divisioni, all’interno della teca, si sviluppano due cellule flagellate inizialmente nude che abbandonano l’involucro materno e si rivestono nuovamente di una teca. In condizioni sfavorevoli, sempre all’interno della teca, si formano cisti durevoli munite di spesse pareti.

Riproduzione sessuata

L’esistenza della riproduzione sessuata è stata trovata in poche dinofite. Le specie del genere Ceratium, ad esempio, effettuano una meiosi zigotica in cui due organismi aploidi si accoppiano in corrispondenza dei rispettivi solchi longitudinali generando uno zigote diploide che viene poi rilasciato.

Distribuzione ed habitat delle dinofite

La maggior parte delle specie vive in mare dove costituisce, insieme alle diatomee, la porzione principale del fitoplancton. Esse raggiungono la massima ricchezza in termini di numeri e forme nei mari più caldi mentre, in acque dolci, vivono solo poche specie appartenenti all’ordine delle Peridiniales, talvolta anche in grandi quantità. Nei laghi di montagna, ad esempio, esse possono costituire fino al 50% della biomassa.

Le zooxantelle simbionti

Le zooxantelle, appartenenti al phylum delle dinofite, sono una particolare tipologia di alghe unicellulari che vivono in simbiosi con altri organismi. Tale rapporto mutualistico permette, ad entrambe le specie, di trarre vantaggio. In particolare le zooxantelle, oltre a donare suggestive colorazioni ai coralli dei mari tropicali, forniscono loro ossigeno e nutrimento (glucosio, glicerolo e amminoacidi) ed un ausilio nella rimozione delle sostanze di scarto (come la CO₂). I coralli, dall’altra parte, forniscono alle microalghe simbionti riparo dai predatori e il diossido di carbonio necessario al processo fotosintetico (Fig. 3).

Immagine illustrativa delle dinofite (zooxantelle) simbionti in coralli tropicali. Tali alghe microscopiche catturano la luce solare e la convertono in energia per fornire i nutrienti essenziali ai coralli. In cambio, questi ultimi, forniscono loro riparo ed anidride carbonica.
Figura 2 – Immagine illustrativa delle dinofite (zooxantelle) simbionti in coralli tropicali. Tali alghe microscopiche catturano la luce solare e la convertono in energia per fornire i nutrienti essenziali ai coralli. In cambio, questi ultimi, forniscono loro riparo ed anidride carbonica. [Fonte: Zooxanthellae and Coral Bleaching | Smithsonian Ocean (si.edu)].

Le maree rosse

Con il termine marea rossa viene indicata la caratteristica colorazione assunta dalle acque marino-costiere determinata dalla proliferazione di microalghe rappresentate generalmente dalle dinofite e dalle diatomee. Il colore, tuttavia, può essere estremamente diversificato e varia in funzione dei pigmenti accessori presenti in tali microalghe.

Le maree rosse possono verificarsi sia in modo naturale, quando le condizioni ambientali sono ottimali per la crescita delle dinofite (es. intensità luminosa, disponibilità di nutrienti e rimescolamento delle acque), oppure a causa dell’inquinamento derivato dalle attività antropiche. Tuttavia, tale incremento della biomassa vegetale causa conseguenze ecologiche importanti che coinvolgono sia gli organismi marini che la salute umana.

In particolare, l’esposizione diretta a tossine prodotte da alcune specie micro-algali possono determinare un avvelenamento delle acque causando moria diffusa nei pesci e negli organismi bentonici. In alcuni casi, il massiccio sviluppo di fitoplancton può determinare un danno indiretto generato dalla carenza di ossigeno dovuta alla decomposizione della biomassa algale. Si crea così un fenomeno degenerativo per l’ecosistema causato della diminuzione dell’ossigeno disciolto e la conseguente instaurazione di condizioni ipossiche e anossiche incompatibili con la vita acquatica.

Per di più, le tossine possono essere presenti in concentrazione variabile nell’aerosol marino sospinto dal vento verso l’entroterra, provocando sintomi più o meno gravi sulla salute umana come irritazione respiratoria e oculare. Inoltre, durante la fioritura, i filtratori sessili come i molluschi, ingeriscono inavvertitamente la tossina dato che, per cibarsi, filtrano dell’acqua. Ciò determina un accumulo della tossina stessa all’interno dei loro tessuti, la quale, trovandosi ad una concentrazione infinitamente più alta, può provocare nell’uomo anche conseguenze gravi come ad esempio, la paralisi.

Curiosità: la dinofita Noctiluca scintillans

Noctiluca, è un genere appartenente alla divisione delle dinofite ed è costituito da un’unica specie: la Noctiluca scintillans (o N. miliaris), uno degli organismi bioluminescenti più comunemente presenti nelle regioni costiere del mondo. L’effetto della bioluminescenza, più evidente di notte durante la fioritura, era storicamente un fenomeno misterioso e veniva chiamato “scintillio del mare” dai marinai e dagli abitanti costieri. Oggi, tali fioriture, che formano una spessa schiuma sulla superficie del mare, sono note per essere pericolose per molte specie marine (Fig. 4).

Figura 3 – Fotografia notturna di una fioritura di Noctiluca Scintillans. Tale dinofita è in grado di sopravvivere in una grande varietà di ecosistemi, diventando meno abbondante lontano dalla superficie dell’acqua. Nonostante il fenomeno risulti molto suggestivo durante la notte, l’eccessiva proliferazione, dovuta all’afflusso di acque povere di ossigeno, causa una massiccia moria delle specie planctoniche e ittiche. [Fonte: la bioluminescenza (dellabellezza.altervista.org)].

Dal punto di vista anatomico-cellulare, Noctiluca scintillans è una microalga eterotrofa sprovvista di teca con diametro di 200-2000 μm. Ha un solo flagello trasversale, un tentacolo striato che si estende posteriormente ed una rete di filamenti citoplasmatici che si ramificano dal centro della cellula alla sua periferia in corrispondenza dei quali sono presenti granuli che contengono la luciferina e la luciferasi ovvero le sostanze che effettuano la reazione di bioluminescenza.

In natura esistono due forme di N. scintillans: una “rossa” ed una “verde”. La forma rossa si nutre comunemente di diatomee, ciliati, detriti e uova di pesce che vengono fagocitati all’interno dei suoi vacuoli. La forma “verde” è chiamata così per la presenza di un organismo simbionte foto-sinteticamente attivo: Pedinomonas noctilucae, che ne fornisce il nutrimento. Tuttavia, è anche in grado di alimentarsi autonomamente di plancton in caso di abbondanza di quest’ultimo.

La bioluminescenza

La dinofita Noctiluca, genera bioluminescenza quando le sue cellule sono sottoposte ad uno stimolo meccanico esterno (come l’agitazione dell’acqua mediante l’azione delle onde). In particolare, il meccanismo si esplica attraverso l’azione dell’enzima luciferasi che catalizza la seguente reazione di ossidoriduzione:

luciferina (substrato ridotto) + 2 H+ + O2 → luciferina (substrato ossidato) + H2O + luce

Tale reazione avviene all’interno di specifici organelli cellulari chiamati scintilloni.

La maggior parte delle specie di dinofite esplica la propria tossicità attraverso la produzione di tossine. Diversamente, N. scintillans provoca una condizione di avvelenamento delle acque. La proliferazione eccessiva della biomassa algale e l’escrezione ammoniacale, determina il consumo di ossigeno e, quindi, una condizione di asfissia per gli organismi marini.

Fonti

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Adriana Colucci

Ciao a tutti! sono Adriana Colucci laureata in Biologia Ambientale. Attualmente lavoro a Bari presso L'istituto agronomico mediterraneo (CIHEAM Bari). Effettuo analisi chimiche su alimenti a scopo scientifico/ricerca. Sono appassionata di tutto ciò che concerne la biologia e spero di riuscire a trasmettere la mia passione attraverso la pubblicazione dei miei articoli

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