Tracce di creme solari nei ghiacciai artici

I prodotti per la cura personale contengono sostanze chimiche potenzialmente inquinanti. Ad oggi, l’accumulo di questi composti è un problema emergente anche per il Polo Nord. Una recente ricerca evidenzia la presenza di tracce di creme solari nei ghiacciai artici. I veri protagonisti sono i ghiacciai delle isole Svalbard (Norvegia). In particolare, l’area di indagine si estende dal villaggio di Ny-Ålesund a circa 40 km di distanza. Nato come un villaggio minerario negli anni ’60, oggi è un insediamento permanente di ricerca scientifica internazionale. Infatti, ospita istituti di ricerca di oltre 13 Paesi e possiede perfino un porto e un aeroporto propri.

Tracce di creme solari e altri prodotti per la cura personale nei ghiacciai artici. Localizzazione delle isole Svalbard (in alto) e del villaggio di Ny-Ålesund (in basso) indicato con un puntatore rosso

Figura 1 – Tracce di creme solari e altri prodotti per la cura personale nei ghiacciai artici. Localizzazione delle isole Svalbard (in alto) e del villaggio di Ny-Ålesund (in basso) indicato con un puntatore rosso [Fonte: googlemaps.com]

Lo studio, pubblicato su Science of the Total Environment, analizza 13 sostanze chimiche presenti nei prodotti per la cura personale e anche nei ghiacciai artici. Tra queste ci sono ingredienti profumati, filtri UV, butilidrossitoluene (BHT) e bisfenolo A (BPA).

Per evitare contaminazioni, il campionamento si è svolto in aree indisturbate. Inoltre, i ricercatori hanno evitato quelle precedentemente frequentate da colleghi.

L’obiettivo della ricerca è quello di fornire indicazioni iniziali sulla presenza di questi composti anche in ambienti considerati lontani dall’inquinamento antropico.

L’Artico non è poi così incontaminato

I programmi di monitoraggio dell’inquinamento nella regione artica suggeriscono che questo luogo non è poi così incontaminato, conclusione opposta rispetto a quella dell’inizio del secolo scorso.  Molti contaminanti sono arrivati in questa area già in passato. Ne sono un esempio gli idrocarburi policiclici aromatici -IPA-, i bifenili policlorurati -PCB- e gli eteri di difenile polibromurato – PBDE. Tuttavia, le maggiori preoccupazioni sono date dall’arrivo degli inquinanti emergenti, ovvero di nuova produzione. Questi sono chiamati inquinanti emergenti dell’ Artico (Chemicals of Emerging Arctic Concern – CEAC). Infatti, non sono ben documentati i loro effetti sugli organismi viventi, la distribuzione e il comportamento nell’ambiente.

Inoltre, molte di queste sostanze chimiche non sono soggette ad una regolamentazione internazionale. Per comprenderne il destino è importante conoscerne la distribuzione. Successivamente è possibile analizzare le potenziali fonti di contaminazione, i modelli di trasporto e i processi di deposizione.

I principali inquinanti emergenti dell’Artico (CEAC) sono filtri UV e sostanze profumate

Tra gli inquinanti emergenti dell’area artica ci sono anche i filtri solari UV, sostanze profumate e altre sostanze chimiche. Tra queste ultime ci sono il butilidrossitoluene (BHT) e il bisfenolo A (BPA).

Tracce di creme solari nei ghiacciai artici: i prodotti chimici analizzati e trovati nei ghiacciai artici

Figura 2 – Tracce di creme solari nei ghiacciai artici: i prodotti chimici analizzati e trovati nei ghiacciai artici [Fonte: Immagine realizzata da Elisabetta Cretella con Canva].

Perché? Sono sostanze stabili chimicamente e, ad oggi, prodotte in grandi quantità.

Inoltre si trovano sia in ambienti urbani che remoti e hanno potenziali effetti sul sistema endocrino degli esseri umani e dei ratti.

Come si diffondono nell’ambiente

Tutte queste sostanze chimiche possono entrare nell’ambiente in modi diversi a seconda delle loro proprietà fisico-chimiche, dell’uso e dei metodi di smaltimento. Ne sono un esempio le acque reflue. Tuttavia possono giungere sia nelle acque dolci che in quelle marine attraverso le aree destinate ad attività ricreative (come le piscine e lidi balneari). Questo sarebbe il motivo più intuitivo per giustificare la presenza di tracce di creme solari nei ghiacciai artici. Inoltre, possono essere emessi anche direttamente in atmosfera durante il loro utilizzo, ad esempio mediante spray.

Il BHT, invece, vi arriva attraverso l’evaporazione dalle superfici trattate. Il BPA potrebbe essere emesso attraverso la combustione della plastica o lo smaltimento e la combustione di rifiuti elettronici.

Anche l’evaporazione da matrici ambientali precedentemente contaminate contribuisce alla loro diffusione e trasporto nell’atmosfera.

Come arrivano al Polo nord?

Una volta in atmosfera potrebbero essere trasportate dalle correnti e poi ricadere a terra mediante piogge e neve. Questo fenomeno prende il nome di trasporto atmosferico a lungo raggio. È compatibile con la variazione delle concentrazioni di alcuni composti a seconda delle altitudini.

Successivamente, in seguito allo scioglimento di neve e ghiaccio sono rilasciate nell’ambiente.

I cambiamenti climatici inducono un maggiore scioglimento dei ghiacciai, considerati serbatoi temporanei di molte sostanze chimiche, che così sono reimmesse nell’ambiente.

Tracce di creme solari nei ghiacciai artici: 13 le sostanze chimiche analizzate

Per ogni campione sono state ricercate, mediante gas cromatografia, 13 sostanze presenti nei prodotti per la cura della persona.

Sostanze profumate e filtri solari

Le fragranze studiate sono considerate potenziali interferenti endocrini per l’uomo. I salicilati sono le fragranze rilevate più frequentemente (circa 9 campioni su 10). Tra questi, in particolare, si trovano l’esil salicilato (37%), l’amil salicilato (25%) e l’isoamil salicilato (20%). Questo dato è in accordo con l’ampio utilizzo di queste sostanze nei prodotti per la cura personale perché poco costosi.

Tuttavia, le concentrazioni massime dei salicilati riscontrate in questo studio sono inferiori ai livelli potenzialmente tossici per le acque salmastre e per gli invertebrati marini

I filtri UV organici (UVF) sono principalmente usati nelle creme solari.

Anche queste sostanze, in grado di assorbire le radiazioni UV a diverse bande di assorbimento, possono interferire con il corretto funzionamento del sistema endocrino. Inoltre sono fototossici. Ciò significa che, reagendo con la radiazione solare, possono produrre sostanze chimiche tossiche per le membrane cellulari e il DNA. Qualora avvenisse questa reazione si scatenerebbe una risposta infiammatoria. Si tratta di una reazione non immune che si manifesta con un rash cutaneo simile alla scottatura.

Nel 2021, il Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori della Commissione europea ha deciso di ridurre le concentrazioni di alcuni filtri UV nei prodotti cosmetici. Inoltre, le isole Hawaii, le isole Vergini e Palau hanno messo al bando tre filtri UV perché dannosi per i coralli (BP3, OCR e EHMC).

Gli UVF trovati maggiormente nei campioni sono il 2-etilesil salicilato (64%) e il Benzofenone 3 (18%). Questi dati sono coerenti con la loro elevata produzione e/o importazione. Tra le 1.000 e 10.000 tonnellate all’anno per il primo e tra 100 e 1.000 tonnellate all’anno per il secondo. I risultati ottenuti non fanno che confermare la presenza di tracce di creme solari nei ghiacciai artici.

Butilidrossitoluene e Bisfenolo A

Il butilidrossitoluene (BHT) e il bisfenolo A (BPA) sono presenti nei prodotti per la cura personale e/o nelle loro confezioni. Il Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori dell’Unione europea ha considerato sicuro per la salute umana l’uso di BHT nei prodotti cosmetici. Tuttavia, non ha affrontato i possibili danni ambientali. Questa sostanza, usata come antiossidante, si trova sia nei polimeri che negli alimenti nei quali svolge la funzione di conservante. In etichetta è indicato anche come E321.

Il BHT, essendo un interferente endocrino, può influenzare la normale organogenesi degli embrioni di pesce zebra e alterare la loro espressione genica.

Il BPA è una sostanza plastificante ampiamente utilizzata nella produzione di imballaggi in plastica e resine epossidiche. Uno dei suoi impieghi è nella produzione di carta termica, ovvero quella usata per gli scontrini fiscali. Può avere effetti cancerogeni su un gran numero di animali ed è anche considerato un interferente estrogenico ed endocrino. Inoltre, può influenzare il biota marino.

Il BPA rappresenta anche un rischio per la salute umana poiché si accumula nei tessuti e negli organi, interferendo con il normale funzionamento del fegato e della tiroide. Proprio per questi motivi, negli ultimi anni, l’UE e alcuni stati degli Stati Uniti hanno regolamentato l’uso del BPA.

Le concentrazioni di entrambe le sostanze sono molto variabili tra i diversi campioni.

Tracce di creme solari nei ghiacciai artici: dove e come si è svolto lo studio

I cinque ghiacciai analizzati fanno parte della penisola di Brøggerhalvøya, nel nord-ovest delle Isole Svalbard.

Tre sono vicini alla costa e al villaggio Ny-Ålesund (Edithbreen – EDB, Midtre Lovénbreen – MLB, Austre Brøggerbreen -ABG). Gli altri due sono nell’entroterra, più isolati (Kongsvegen – KNG e Holtedahlfonna – HDF).

Differiscono per lunghezza, altitudine, pendenza e topografia circostante. I punti di campionamento scelti ricoprono una vasta ed eterogenea area. Questo per comprendere meglio come avviene il trasporto a distanze e altitudini diverse.

Per ogni ghiacciaio sono stati raccolti tre campioni, rappresentativi delle diverse fasi della stagione nevosa del 2020/2021 (periodo di svolgimento della ricerca):

  1. un campione di neve superficiale corrispondente al periodo primaverile
  2. un campione di neve basale (la parte inferiore, vicina al suolo) corrispondente al periodo autunnale
  3. un campione di neve intermedio ai due rappresentativo della deposizione tardo autunnale e invernale.

Nel periodo invernale si raggiunge la concentrazione massima

Le maggiori concentrazioni di tutte queste sostanze sono riscontrate nella stagione invernale. Questi dati sono in accordo con il fenomeno chiamato Foschia Artica (Arctic Haze). Si tratta di una sorta di pulviscolo contenente vari contaminanti atmosferici e che origina dall’Eurasia industriale, in particolare dal Nord Europa e dalla Siberia. 

La Foschia artica influenza il trasporto a lungo raggio degli inquinanti dalle aree industrializzate alla regione artica

Figura 3 – La Foschia artica influenza il trasporto a lungo raggio degli inquinanti dalle aree industrializzate alla regione artica [Fonte: Immagine creata da Elisabetta Cretella con Canva].

Inoltre, questi dati evidenziano che il villaggio di Ny-Ålesund non influenza in modo sostanziale l’inquinamento locale (almeno per queste sostanze). Infatti, gli UVF sono utilizzati localmente solo durante il giorno polare (cioè in tarda primavera ed estate). Al contrario, le concentrazioni più elevate si trovano nei campioni di neve corrispondenti alle deposizioni invernali.

La presenza di tracce di creme solari nei ghiacciai artici è un segnale di allarme. L’analisi e il continuo monitoraggio di queste sostanze chimiche è necessaria per comprenderne e valutarne l’impatto sull’ecosistema artico.

Bibliografia:

  • D’Amico M, Kallenborn R, Scoto F, Gambaro A, Gallet JC, Spolaor A, Vecchiato M. Chemicals of Emerging Arctic Concern in north-western Spitsbergen snow: Distribution and sources. Sci Total Environ. 2024 Jan 15;908:168401. doi: 10.1016/j.scitotenv.2023.168401. Epub 2023 Nov 7. PMID: 37939944

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: www.pixabay.com/it/photos/svalbard-norvegia-paesaggio-2347322/
  • Figura 1: www.google.com/maps/place/Isole+Svalbard,+Svalbard+e+Jan+Mayen
  • Figura 2: Immagine realizzata da Elisabetta Cretella con Canva
  • Figura 3: Immagine realizzata da Elisabetta Cretella con Canva
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Elisabetta Cretella

Elisabetta Cretella Dopo la laurea magistrale in Genetica e Biologia molecolare conseguita presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza e l'abilitazione alla professione di biologo, si appassiona alla divulgazione scientifica. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza presso l'Università degli studi di Ferrara e inizia a scrivere per il webmagazine 'Agenda17' del Laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara. Intanto intraprende la strada dell'insegnamento. Ad oggi è docente di Matematica e Scienze presso le Scuole Secondarie di primo grado e di Scienze naturali alle Scuole Secondarie di secondo grado. Nel suo curriculum c'è anche un tirocinio svolto in un laboratorio di ricerca dell'Istituto di Biologia e Patologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBPM-CNR) e due pubblicazioni su riviste scientifiche peer reviewed.

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