Halobacterium

Caratteristiche

Il genere Halobacterium include diverse specie di archeobatteri noti come alobatteri. Il nome di alobatteri, dal greco “batteri del sale”, indica, infatti, la loro capacità di vivere in ambienti ricchi di cloruro di sodio, come i laghi o mari salati e le saline.

In particolare, nella membrana cellulare di Halobacterium Salinarium (HsBR) è presente la batteriodopsina a pompa protonica. Questa rodopsina microbica, scoperta per la prima volta nel 1971, è una proteina a sette α-elicoidali, che comprende una molecola retinica come cofattore. Il meccanismo della pompa protonica consente agli alobatteri di mantenere una elevata concentrazione di potassio, nonostante il loro citoplasma mantenga un equilibrio osmotico con l’ambiente ipersalino.

Tutte le specie di Halobacterium sono degli archea aerobi obbligati a forma di bastoncello. In aggiunta a questo, essi sono dotati di una singola membrana a doppio strato lipidico e circondati da uno strato S costituito da glicoproteine. Nonostante ciò, possono vivere anche in ambiente anaerobico sotto le giuste condizioni.

Foto di un lago ipersalino in Namibia. Lo zoom mostrato nel cerchio è una fotografia scattata con il microscopio ottico di alobatteri che prosperano in questo ambiente. La tipica colorazione rosa-rossastra dell'acqua è dovuta ai pigmenti delle cellule degli alobatteri e alla batterioberina carotenoide membranosa. Quest'ultimo è un antiossidante che li protegge dai raggi UV.
Figura 1 – Foto di un lago ipersalino in Namibia. Lo zoom mostrato nel cerchio è una fotografia scattata con il microscopio ottico di alobatteri che prosperano in questo ambiente. La tipica colorazione rosa-rossastra dell’acqua è dovuta ai pigmenti delle cellule degli alobatteri e alla batterioberina carotenoide membranosa. Quest’ultimo è un antiossidante che li protegge dai raggi UV. [Fonte: D. Bollschweiler, 2015]

Filogenesi

DominioArchaea
PhylumEuryarchaeota
ClasseHalobacteria
OrdineHalobacteriales
FamigliaHalobacteriaceae
GenereHalobacterium
Tabella 1 – Filogenesi di Halobacterium

Genoma e metabolismo

Halobacterium salinarium (in particoalre Halobacterium halobium, Halobacterium cutirubrum e Halobacterium sp. NRC-1) può generare energia in una diversa varietà di modi. Il primo modo è la respirazione, per mezzo della quale può crescere in condizione sia aerobiche che anaerobiche. Quest’ultima modalità è resa disponibile grazie alla fotorespirazione attraverso la fermentazione dell’arginina. Come tutti gli archea generici, anche gli alobatteri non hanno alcun meccanismo per l’assemblaggio di acidi grassi a catena lunga. Pertanto, essi non tendono a formare i doppi strati lipidici. Al contrario, usano molecole isoprenoidi come blocchi di costruzione. Inoltre, la betteriodopsina che producono è attualmente l’unica fonte conosciuta per la fotosintesi non clorofilliana.

La ricostruzione in scala genomica della rete metabolica di questo alofilo estremofilo conta 557 metaboliti, 600 conversioni biochimiche associate con 417 geni e 111 reazioni di trasporto regolate a causa di 73 geni.

Figura 3 - In figura la configurazione completa del flussoma previsto. Leucina e isoleucina hanno tra i tassi di utilizzo più alti osservati. Di conseguenza, il sistema è votato alla massimizzazione della produzione di energia. Lo schema mostra anche la treonina che viene convertita in glicina e quest'ultima viene scissa in NH3 e CO2, fungendo da donatore di metile per le reazioni biosintetiche. [Fonte: Gonzalez, O. et. al., 2007]
Figura 2 – In figura la configurazione completa del flussoma previsto. Leucina e isoleucina hanno tra i tassi di utilizzo più alti osservati. Di conseguenza, il sistema è votato alla massimizzazione della produzione di energia. Lo schema mostra anche la treonina che viene convertita in glicina e quest’ultima viene scissa in NH3 e CO2, fungendo da donatore di metile per le reazioni biosintetiche. [Fonte: Gonzalez, O. et. al., 2007]

Il genoma di Halobacterium salinarium comprende un singolo cromosoma principale di 2Mb con un contenuto di GC (bande chiare) molto alto del 68% e quattro megaplasmidi che hanno un totale di 667.884 bp.

Immagini al microscopio

Due micrografie in contrasto di fase tra Halobacterium marismortui e Halobacterium vallismortis
Figura 3 – Due micrografie in contrasto di fase tra Halobacterium marismortui e Halobacterium vallismortis [Fonte: Oren, A., et. al., 1988]

Nel complesso, le cellule in coltura sono state osservate ruotare attivamente attorno al proprio asse. A causa di questo movimento gli alobatteri raggiungono la tipica forma di bastoncello pleomorfo.

Ecologia

Inoltre, gli alobatteri possono essere trovati sulle pelli salate e sui pesci. Perciò, diverse varianti chemiotassonomiche e fenotipiche possono ancora essere scoperte. Un esempio sono gli ultimi generi ad essere stati individuati, Natronobacterium e Natronococcus a forma coccoidi.

Gli studi effettuati su serie di ceppi prelevati dal Mar Morto hanno mostrato che l’habitat naturale di Halobacterium è una salamoia ad alta concentrazione di Mg2+. Inoltre, in condizioni microaerofile, si può misurare la fissazione della CO2 da parte di queste unità batteriche. Si nota che la percentuale di fissazione resta di uno o due ordini inferiori rispetto a quella di specie contigue come la microalga Dunaliella ceils. Questo suggerisce che probabilmente gli alobatteri non crescono principalmente come fotolitotrofi. Quindi il meccanismo anaerobico è ancora da indagare. Di conseguenza, è ancora possibile l’ipotesi per cui questi archeobatteri si sarebbero sviluppati prima della diffusione dell’ossigeno sull’atmosfera terrestre.

Metodi di identificazione

Esistono due metodi per identificare Halobacterium in modo affidabile. Entrambi prendono di mira il terminale amminico (N) delle proteine basato sul concetto di cromatografia a fase inversa diagonale. La prima tecnica si chiama cromatografia diagonale frazionaria combinata (COFRADIC) e può essere usata in combinazione con la seconda, la cromatografia a scambio cationico forte (SCX). Tramite quest’ultima si arricchiscono i peptidi N-terminali bloccati con amminoacidi digeriti con tripsina proteica. Per mezzo della prima tecnica, invece, l’intero proteoma viene separato in frazioni. In tal modo, per ogni frazione due o più gruppi di peptidi modificati con amminoacidi sono paragonati di volta in volta. Considerando entrambe le tecniche, in ogni modo circa il 60 % delle proteine subiscono la scissione della metionina, e che la NR-acetilazione ha a che fare con il 13-18 % delle proteine degli archea.

Fonti

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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