Aflatossine nei prodotti alimentari: quali problemi possono causare?

Cosa sono le aflatossine

Le aflatossine sono prodotte dal metabolismo secondario (vale a dire il metabolismo indotto in un organismo vegetale da fattori esterni) di alcune specie di microfunghi filamentosi quali, ad esempio, l’Aspergillus flavus e l’Aspergillus parasiticus. Le aflatossine nei prodotti alimentari possono svilupparsi durante la coltivazione, il raccolto e l’immagazzinamento su numerosi prodotti di origine vegetale come i cereali (con particolare riferimento al mais), i semi oleosi (come le arachidi), le spezie, le granaglie, la frutta secca ed essiccata.

Fra i 17 tipi di aflatossine, finora individuati, solo cinque sono considerati importanti per la loro diffusione e tossicità: le aflatossine B1, B2, G1, G2 e la aflatossina M1.

La distribuzione geografica delle specie di funghi che producono le aflatossine mostra il loro adattamento a condizioni metereologiche caldo/umide e molto secche. Le colture provenienti da aree tropicali e/o subtropicali sono, infatti, contaminate più frequentemente e gravemente. A causa del cambiamento climatico anche le colture presenti in aree che attualmente hanno un clima temperato, o freddo, in futuro potrebbero esserne colpite.

Il caso che ha portato alla ribalta l’importanza dei controlli nelle colture di cereali e in particolare del mais e degli arachidi, è l’epidemia scoppiata negli anni ’60 in Gran Bretagna. Migliaia di polli e tacchini morirono perché una partita di farina di arachidi, forse proveniente dal sud America, era stata contaminata da questa micotossina.

Nei prossimi paragrafi andremo a vedere nel dettaglio le aflatossine nei prodotti alimentari.

Le aflatossine sono prodotte dal metabolismo secondario (vale a dire il metabolismo indotto in un organismo vegetale da fattori esterni) di alcune specie di microfunghi filamentosi quali, ad esempio, l’Aspergillus flavus e l’Aspergillus parasiticus.
Figura 1 – Muffe

Aflatossine nei prodotti alimentari

La presenza di aflatossine nei prodotti alimentari può essere molto pericolosa, a causa della loro tossicità e degli effetti che hanno sull’organismo. La gamma di sostanze indesiderate presenti nei cibi risulta piuttosto varia, ed è sbagliato pensare che i componenti di origine naturale siano necessariamente meno nocivi rispetto agli additivi chimici aggiunti artificialmente.

Soltanto alcune delle oltre trecento micotossine finora isolate costituiscono un rischio per la salute umana, minacciata da queste sostanze soprattutto in passato, quando a essere contaminati erano diversi prodotti alla base dell’alimentazione. Le principali micotossine sono appunto le aflatossine, le prime a essere state identificate, nel 1961, in Inghilterra, quando una partita di mangime causò la morte di migliaia di tacchini.

In generale, queste micotossine e i funghi che le generano possono svilupparsi in fase di coltivazione, se le piante subiscono stress dovuti all’umidità, a temperature elevate o a siccità prolungata. Anche nelle fasi di raccolto e immagazzinamento, comunque, si possono creare le condizioni per la produzione di queste tossine.

La persistenza delle aflatossine nei prodotti alimentari può essere molto tenace. Infatti anche trattamenti impattanti come la pastorizzazione e la sterilizzazione riescono a neutralizzarle solo parzialmente. Bisogna precisare che queste sostanze non si vedono, è impossibile riconoscerne il sapore e l’eventuale presenza di muffe sui cibi non è necessariamente indicativa. Tra i cibi che possono contenere aflatossine citiamo: cereali, legumi, semi e derivati, latte e carne. Il mais è in assoluto tra le coltivazioni maggiormente soggette alla contaminazione.

Tra i cibi che possono contenere aflatossine citiamo: cereali, legumi, semi e derivati, latte e carne. Il mais è in assoluto tra le coltivazioni maggiormente soggette alla contaminazione.
Figura 2 – aflatossine nel mais

Aflatossine del latte

Il latte è un alimento prodotto in tutta Italia da piccole e grandi aziende. Subisce ogni giorno una serie di controlli molto accurati in ogni fase di produzione, a partire dai mangimi e foraggi con cui sono nutrite le mucche, sino alla produzione in azienda, all’imbottigliamento e alla trasformazione in formaggi e latticini di vario genere.

Tutti i rigidi controlli che il latte subisce in fase di produzione sono finalizzati ad offrire un prodotto di altissima qualità, senza difetti che ne possano compromettere la qualità e quindi di conseguenza la salute del consumatore finale.

Nel 2016 grazie al sistema di controllo, è stata scoperta la presenza di alcune tossine in certe partite di latte prodotto in Lombardia e Veneto e in generale nella Pianura Padana, con le quali si sarebbero dovute produrre delle forme di Grana Padano. Infatti l’estate del 2015 era stata una stagione molto calda, con elevati picchi di siccità, che portò a intensificare i controlli sui mangimi dati alle vacche di allevamento. Questi controlli hanno individuato la presenza di micotossine all’interno dei mangimi. Il tipo di mangime era mais ed era stato contaminato a causa dello stress idrico dovuto al forte caldo e alla siccità. Infatti questa tossina si sviluppa in condizioni di caldo costante, variabile dai 25° ai 32°C.
L’aflatossina può essere presente normalmente negli alimenti, ma ha un limite massimo regolato dalla legge italiana e dalle regole comunitarie europee.

Gli effetti sulla salute delle micotossine come le Aflatossine sono molto gravi: se si verifica un’aflatossicosi acuta, può manifestarsi un’alterazione dell’integrità intestinale, che potrebbe portare a un ritardo nella crescita dei bambini, o a un effetto immunosoppressivo. Nell’adulto invece, solo se queste tossine vengono assunte in quantità decisamente elevata, possono causare emorragie, danni epatici gravi e persino la morte.

Aflatossine nei prodotti alimentari: legame tra aflatossine e cancro

Le aflatossine di maggiore interesse da un punto di vista della sicurezza alimentare sono quattro: B1,B2,G1 e G2. Le lettere indicano il colore che assume il composto quando è esaminato in lastre cromatografiche esposte alla luce dell’ultravioletto, blu per le B1 e B2, verde (green) per le G1 e le G2. L’aflatossina B1 è la micotossina più rilevata nei generi alimentari e la cosa che preoccupa di più è che la tossina in questione si caratterizza per la sua alta tossicità.

Le aflatossine nei prodotti alimentari si ritrovano, come già detto, soprattutto in alimenti vegetali (cereali, legumi, frutta secca eccetera). È importante citare anche l’aflatossina M1, che deriva dall’aflatossina B1. Si può ritrovare nel latte di animali nutriti con cibo contaminato da aflatossine B. L’aflatossina B1 è genotossica, cioè danneggia il DNA e la produzione delle proteine nella cellula, provocando il cancro del fegato. Alcuni studi hanno messo in relazione l’intossicazione da aflatossina con la mutazione del gene p53. Questo gene è un importante oncosoppressore che, se mutato, priva la cellula di una protezione importante contro il cancro.

Nei pazienti con tumore del fegato che vivono in aree dove l’esposizione alle aflatossine è particolarmente elevata, fino al 50 per cento dei casi presenta una specifica mutazione puntiforme in questo gene. Se assunta in grandi quantità, come avviene nel caso di una intossicazione acuta (per fortuna rara), l’aflatossina B1 può provocare anche emorragie del tratto gastrointestinale e dei reni. Epidemie di intossicazioni da aflatossine si sono verificate soprattutto in Africa. Infatti sono zone dove non esistono sistemi di controllo della coltivazione e dello stoccaggio dei cereali.

Oltre alle intossicazioni acute, le aflatossine possono “avvelenare” lentamente se assunte in basse dosi e per lunghi periodi. Inoltre sono particolarmente pericolose per le persone che già soffrono di malattie croniche del fegato.

Aflatossine nei prodotti alimentari: come si può sapere se un cibo è contaminato

Le aflatossine non si vedono e non hanno sapore. Se sui cibi sono visibili muffe, ciò non è indicativo di una loro eventuale presenza. Solo seri controlli della filiera di coltivazione, produzione e stoccaggio consentono di raggiungere la sicurezza richiesta per legge, che consente di offrire ai consumatori, prodotti non a rischio di contaminazione da aflatossine.

L’Unione Europea ha introdotto diverse norme per ridurre al minimo la presenza di aflatossine negli alimenti. Esiste infatti il regolamento 1881/2006 che stabilisce le concentrazioni massime accettabili. In genere non più di semplici tracce, perché non esiste un limite al di sotto del quale la tossicità non si manifesta. Tutte le indicazioni su come svolgere i controlli, dalla raccolta dei campioni alla loro analisi, sono invece descritte nel regolamento europeo 401/2006.

Un documento dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), datato 2004 e aggiornato nel 2006, definisce “non desiderabile” la presenza di aflatossina B nel mangime destinato agli animali.

Se tutto ciò ancora non bastasse, in Europa vengono messi in atto numerosi controlli sui prodotti che vengono importati ed esportati. Particolare attenzione ai prodotti che provengono da Paesi in cui è reputato più probabile si verifichi una contaminazione da aflatossine.

Fonti

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