Dolly, il dinosauro con la tosse

Prima evidenza di infezione respiratoria simile a quelle dei dinosauri aviani ritrovata in un non aviano

I dinosauri, come qualsiasi altro animale al giorno d’oggi, si ammalavano.
Quest’affermazione per certi versi può apparire banale, ma lo studio delle malattie dei dinosauri, che quindi coinvolgono pazienti estinti diversi milioni di anni fa e di cui rimangono pochi resti mineralizzati, non è per niente semplice. Le complicazioni possono sembrare insormontabili e vanno dalla scarsità dei tessuti molli a disposizione all’impossibilità di fare qualsiasi test medico.

Al giorno d’oggi infatti conosciamo diversi esempi di fossili di dinosauri in cui sono state riscontrate patologie ossee facilmente riconoscibili quali tumori, fratture o artriti. Per quanto riguarda le malattie che non affliggono principalmente lo scheletro invece come le infezioni respiratorie il record rimane abbastanza scarso. Fortunatamente la paleontologia è una scienza in rapida espansione in tutte le sue sfumature.

La “nuova” patologia scoperta 

A febbraio infatti un articolo ha permesso per la prima volta di diagnosticare ad un dinosauro un’infezione diffusa al giorno d’oggi in alcuni dinosauri aviani, ovvero quelli che comunemente chiamiamo uccelli.

La scoperta sorprendente, oltre ad aggiungersi alla lista di prove che determinano il comprovato collegamento tra dinosauri aviani e non-aviani dal punto di vista filogenetico, ci permette di fare un grosso passo avanti in quella che potrebbe essere un nuovo livello di studio storico delle malattie.
Potremo capire meglio infatti come si siano modificate ed evolute nel corso del tempo, e aiutarci a combatterle meglio. 

Studiare le malattie che colpivano non solo i dinosauri, ma tutte le specie estinte infatti, oltre a permettere una migliore comprensione della vita sulla terra di questi animali, è essenziale per capire l’evoluzione dei patogeni e di conseguenza come poter mettere in atto strategie per curare queste patologie o evitare la loro diffusione.

La patologia di Dolly 

Dolly, come viene chiamato MOR7029 dagli scienziati che lo hanno studiato, è l’insieme di resti fossili di un diplodocide, un dinosauro erbivoro dal collo lungo come i famosi brontosauri, datato circa 150 milioni di anni, ritrovato nel sud-ovest del Montana nel 1990.

Il team, capitanato dalla dottoressa Woodruff, ha scansionato tramite TAC e studiato le vertebre cervicali del fossile per comprendere l’origine di alcune anomalie ossee che erano visibili anche ad occhio nudo, ma di cui non era possibile definire la causa. Le lesioni erano in corrispondenza dell’inserzione con i sacchi aeriferi, parte del complesso sistema respiratorio dell’animale, presenti in maniera molto simile negli uccelli. Questo complesso apparato infatti permette di ventilare meglio i polmoni e rendere più efficiente la respirazione.

Gli scienziati hanno formulato varie ipotesi diagnostiche, ispirandosi a quelle conosciute al giorno d’oggi che negli uccelli potrebbero riprodurre lo stesso tipo di anomalie. Tra le patologie possibili hanno escluso la neoplasia dei sacchi aeriferi e dei polmoni, e la pneumoconiosi, l’insieme di malattie polmonari che sorgono in seguito all’inalazione di polveri, come ad esempio l’asbestosi.

La diagnosi

Data la forma, la composizione, la posizione sulle vertebre e la ripetizione delle lesioni, secondo Woodruff e il suo team la diagnosi appare chiara.
Nel caso di Dolly, un’infezione batterica o fungina ha determinato un’infezione di questi sacchi, malattia che spesso è associata a polmonite, rinite, sinusite o malattie dei bronchi, con sintomi che probabilmente comprendevano tosse, febbre, secrezioni nasali, difficoltà respiratorie e conseguente perdita di peso. Negli uccelli infatti queste sono le patologie che hanno più frequenza e che meglio coincidono con le lesioni.

È troppo complesso al momento invece cercare di definire le cause dell’infezione, i cui più comuni e conosciuti responsabili al giorno d’oggi sono Chlamydia AspergillusLa formulazione di una diagnosi medica precisa nel record fossile è purtroppo molto rara.
Nonostante l’impossibilità per il momento di una risposta assoluta, la scoperta rimane comunque rivoluzionaria all’interno della paleontologia. Questo studio aprirà la strada ad una comprensione diversa e più estesa delle patologie dei dinosauri non aviani.
Dolly infatti è il primo fossile a cui sia stata diagnosticata un’infezione del sistema respiratorio simile a quella dei dinosauri aviani e che con tutta probabilità è stata causata dagli stessi patogeni.

Data la gravità di queste malattie negli uccelli, per gli scienziati non è da escludere che l’infezione si sia rivelata letale anche per Dolly, tuttavia la sorte del povero dinosauro per ora rimane un’incognita. A sentire le parole di Woodruff, probabilmente per chi si è occupato di studiare questo fossile la speranza è l’ultima a morire:

Avendo tra le mani queste ossa infette, non si può non provare pietà per Dolly” afferma Woodruff “Abbiamo tutti sperimentato questi sintomi, e ora c’è un dinosauro di 150 milioni di anni che probabilmente si sentiva miserabile come tutti noi quando ci ammaliamo”. 

Ricostruzione dei sintomi di Dolly
Figura 1- Ipotetica ricostruzione di MOR 7029. L’infezione respiratoria non sarebbe risultata visibile dall’esterno, ma sarebbero stati evidenti i probabili sintomi tra cui febbre, tosse, difficoltà respiratorie e secrezioni nasali. 

Fonti

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Beatrice Vuillermoz

Laureata in Scienze dei Sistemi Naturali, aspirante Guida Naturalistica e collaboratrice per analisi ambientali, adoro imparare e condividere cose nuove sulla vita, l'universo e tutto quanto.

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