La nanocellulosa è un materiale eccezionale derivato dalla cellulosa, il polisaccaride organico più abbondante sulla Terra, comunemente trovato nelle pareti cellulari delle piante. Si distingue per le sue impressionanti proprietà fisiche e chimiche, che includono una grande resistenza meccanica, una leggerezza notevole, e una notevole superficie specifica. Queste caratteristiche rendono la nanocellulosa un candidato promettente per numerose applicazioni in diversi settori, dalla medicina ai materiali avanzati.

Come sono formati i biofilm
Questi biofilm sono formati da una rete intrecciata di fibre cellulosiche con porosità fine e composta da fibrille aventi diametri di poche decine di nanometri, molto più sottili perciò della comune cellulosa vegetale.
Rispetto a quest’ultima, inoltre, essi sono caratterizzati da un grado più elevato di purezza chimica, maggiore resistenza a trazione (derivata da un più ampio grado di polimerizzazione) ed eccellente cristallinità.
Un particolare vantaggio è che la generazione di questi compositi può essere regolata direttamente in situ durante la biosintesi del polimero: in altre parole, i compositi possono essere coltivati e costruiti passo passo durante la loro sintesi ed infine raccolti (Fig.2).

Il Dottor Campoy-Quiles
Il Dottor Campoy-Quiles nella sua ricerca spiega che “i batteri, dispersi in un mezzo di coltura acquoso contenente zucchero e nanotubi di carbonio, producono le fibre di nanocellulosa che finiscono per formare il dispositivo in cui i nanotubi di carbonio sono incorporati”.
La nanocellulosa batterica costituisce cioè la matrice in cui vengono incorporati i nanotubuli già mano a mano che essa è sintetizzata dai batteri.
L’intero processo di produzione avviene ovviamente in ambiente acquoso ed a bassa temperatura: un ulteriore vantaggio rispetto a quanto normalmente richiesto per la produzione delle componenti elettroniche, che prevede di solito l’uso di solventi chimici difficili da trattare e smaltire.
La vera e propria “carta” termoelettrica che si ottiene alla fine è completamente pieghevole e facilmente lavorabile, può avvolgere le fonti di calore in modo conforme a sfruttarle per produrre elettricità ed è stabile anche oltre i 250 gradi Celsius, molto di più perciò rispetto ai polimeri conduttori e ai compositi tipici finora utilizzati e conosciuti.
Ultimo ma non meno importante vantaggio, essa può essere decomposta enzimaticamente, permettendo di recuperare così completamente i nanotubuli incorporati.
Si tratta pertanto sia di un materiale che di un processo di produzione dello stesso del tutto ecocompatibile.
L’applicazione pratica di questa tecnologia prevede la costruzione (per ora ancora sperimentale, ma che potrebbe un giorno diffondersi su larga scala fino ad entrare nelle nostre case) di fogli “isolanti” incorporati nei dispositivi elettronici di tutti i giorni, capaci di sfruttarne il calore residuo per generare elettricità in grado di far funzionare piccoli dispositivi quali sensori medici o sportivi.
Sitografia di riferimento
L’articolo originale pubblicato dai ricercatori dell’Istituto di Scienza dei Materiali di Barcellona è consultabile a questo link:
https://pubs.rsc.org/en/content/articlelanding/2019/ee/c8ee03112f#!divAbstract
Crediti per le immagini
Per l’immagine in evidenza: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/31/elettricita-generata-dal-calore-grazie-a-una-speciale-carta-prodotta-dai-batteri/4938268/?fbclid=IwAR1-EgjWk1p3alvzEhESFwpie1Yyg4i0TejLgoMd07CThHQl66IfWyADV6w
Figura 1: https://www.imagenesmi.com/im%C3%A1genes/bacterial-cellulose-production-6d.html